“Sono stata insieme professionalmente a Lucio Dalla per 24 meravigliosi anni, pieni di tutto e il contrario di tutto. Un viaggio sconvolgente che sono estremamente felice e fortunata di ave fatto”. A parlare è Iskra Menarini, cantante dalla straordinaria voce che è la trasposizione sonora della sua personalità: non convenzionale, poliedrica, cangiante e fuori da ogni schema.
“Sin dal nostro primo incontro si è capito che il nostro non sarebbe stato un apporto normale. Io avevo già quarant’anni ed un discreto bagaglio di esperienze in ambito musicale. Ci siamo incrociati ad una serata di beneficenza quasi trent’anni fa. Lui mi ha guardata e mi ha detto? ‘Certo che sei proprio strana!’. E gli ho risposto: ‘Perchè, tu no?’. Da lì è nato un sodalizio che è durato sino alla sua prematura scomparsa nel 2014, un viaggio ininterrotto di 24 anni che mi hanno portato a contatto con centinaia di persone di grande valore e a vivere esperienze incredibili in ambito musicale”.
Nasce così, quasi per caso (“Ma io credo che fosse scritto che io e Lucio ci saremmo dovuti incontrare”, sottolinea con decisione Iskra), un sodalizio umano e musicale che resta colpito nell’immaginario collettivo grazie alla melodia di uno dei suoi brani più famosi della seconda parte di carriera di Lucio Dalla, ovvero “Attento al lupo”, con il cantautore circondato da due coriste vestite allo stesso modo. Quella più curvy propria Iskra, la “tipa strana” che Lucio ha incontrato, riconosciuto come anima affine e imbarcato nel suo progetto qualche mese prima. Un viaggio che ha portato a Iskra a vivere un sogno che, però, si è bruscamente, e in modo prematuro, interrotto nel 2014. E che l’ha costretta a reiventarsi una vita, alla soglia del settant’anni.
“Dopo Lucio Dalla – confessa Iskra – la mia vita è cominciata da zero. É stato un mondo talmente pieno di cose, con un personaggio così geniale come Lucio al mio fianco venuto poi a mancare. Anche se prima di incontrare Lucio ho fatto molte cose, ed a quelle che sono ritornata: sono state la mia terraferma. Ho studiato poco, a dire la verità, solo un anno e mezzo di chitarra classica, per poi esplorare diversi generi del rock, al jazz, al soul. Ho cominciato con Lucio che avevo 40 anni e ho subito pensato che fosse matto. E lui lo è stato davvero. Ma da lui ho imparato a fare ricerca musicale, a scoprire la bellezza e anche a dire bugie: le diceva lui, quindi ho pensato che potessi farlo anche io! Per questo ricominciare da capo, alla mia età, è stato meno problematico di quanto non si potesse immaginare”.
Già perché, come dicevamo, Lucio era capace di annusare il genio nei suoi collaboratori e di dargli il giusto valore: Lucio mi dava spazio, mi lasciava cantare i miei brani ai concerti. Non era tanto impressionato solo dalla mia voce, ma dalla capacità di cantare col cuore, qualcosa che viene dalla gavetta che ho fatto io: oggi ci sono i contest, io invece vengo dai concertini nei locali. Poi ci aggiungi il vissuto, che è un aspetto fondamentale dell’espressività di un artista, in ogni ambito: io sono madre, ho visto gioia e dolore, ho le mie imperfezioni che mi rendono unica”.
Così, Iskra ha cominciato a fare la corista a 40 anni, ha debuttato a Sanremo nella sezione “nuove proposte”, con una canzone scritta da Lucio Dalla, ovviamente, a 62 anni ed ha realizzato il suo primo album poco prima di raggiungere la soglia dei 70 anni.
“Il mio album si chiama ‘Ossigeno’. Ed è un titolo che amo molto – continua Iskra – perché la prima cosa che si fa venendo al mondo è respirare, le emozioni passano dal respiro l’ossigeno è una cosa che non si vede ma che è comunque fondamentale. Quando ho fatto il disco ho voluto farlo come volevo io, senza regole, scegliendo io gli arrangiamenti. Ho messo alcuni pezzi miei ma anche, facendo partecipare anche tanti amici di Lucio come Gianni Morandi, Gigi D’Alessio, Renato Zero, Andrea Mingardi, il coro dell’Antoniano, perché Lucio è una persona che è stata anche difficile a volte, ma si è fatta amare da tutti. Nel disco ci sono io, che sono un guerriero. Sempre nel mio ‘lavoro’ c’è un pezzo su due madri che parlano tra loro, una ha fede in Maria e l’altra no. A me dispiace per chi non ha fede perché la fede parla sempre d’amore. Io mi sono cresimata da adulta, perché ho avuto un padre comunista che mi ha precluso la fede. E scoprire quanta dolcezza c’è in Maria che vede suo figlio nascere e poi lo vede non essere accettato, vede la sua lotta e poi vede la sua morte. E l’ho scritta pensando a mio figlio che ha quarant’anni e combatte una malattia. Ho veramente pensato a Maria come madre, non interessandomi all’aspetto religioso”.
A proposito di religione, di morale e di costumi, osiamo chiedere a Iskra Menarini cosa avrebbe pensato Lucio Dalla delle sue unioni civili omosessuali e della possibilità per coppie dello stesso sesso di adottare figli.
“In 24 anni con Lucio ho visto passare molte cose. Nel libro che ho scritto dopo la sua morte non ho trattato l’argomento dell’omosessualità perché lui non ha purtroppo più la possibilità di rispondere. L’omosessualità è sempre esistita ma vorrei che la sua opinione in merito alle unioni civili o all’utero in affitto per gli omosessuali restasse un punto interrogativo perché non se n’è mai parlato .Ma, se devo essere sincera, non credo che avrebbe accettato tranquillamente questa cosa”.
E dopo 24 anni passati accanto ad alcuni maggiori talenti musicali del mondo, cosa ne pensa Iskra Menarini della musica attuale?
“I talent show? Posso dire che Maria De Filippi è un Re Mida: ogni cosa che tocca lo trasforma in oro. Però vedo che i ragazzi a volte si perdono un po’ per strada, e la cosa porta loro anche grande dolore perché vedere svanire la fama è doloroso. I reality sono molto veloci, forse troppo. Magari è giusto che ci siano, ma avere le etichette alle spalle che lavorano sugli artisti come facevano una volta è meglio. La cosa che mi dispiace è che sempre più spesso si canta in inglese. Vorrei riuscissimo a recuperare la nostra lingua che ha più ritmo. Ma la musica italiana è come la nostra natura, come il pomodoro rosso, i castelli, l’antica Roma. Spero che i ragazzi si rendano conto che i reality danno un successo a volte troppo effimero. Si devono ricordare che il successo non è tutto, ma che siamo tutti unici e dei numeri uno”.
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