MILANO – A un anno dalla scomparsa, il libro inedito di un maestro dell’umorismo italiano, uno scanzonato e spietato ritratto dei vizi e delle supposte virtù italiche. “Qui da noi, da sempre, c’è un’abitudine radicata profondamente nella nostra cultura: non si dice mai la verità, soprattutto quando si parla di sé. La frase ‘Vede, io sono un uomo fondamentalmente buono’ va così tradotta: ‘Io sono una carogna, ho subìto troppe umiliazioni nella vita, sono capace di scrivere lettere anonime, delazioni e, spesso, ho pagato degli iettatori professionisti per nuocere ai miei amici più cari’”.
Il libro inedito di un maestro dell’umorismo italiano, uno scanzonato e spietato ritratto dei vizi e delle supposte virtù italiche. Ritrovato dai figli nell’archivio di famiglia e presentato per la prima volta ai lettori, Italiani brava gente… ma non è vero! è il racconto satirico di come siamo e di come vorremmo essere. Una galleria di luoghi comuni – dall’ipocondria alla politica, dal sesso alla cronaca, dalla tv all’ossessione per le nuove tecnologie – in cui fa capolino un tema ricorrente, che è (forse) la nostra condanna: la vanità degli italiani. Tra le pagine di questo libro si ride e si riflette, talvolta con amarezza, ma, come accade con i grandi umoristi, ogni stoccata coglie perfettamente nel segno.
Paolo Villaggio (1932-2017) ha mosso i primi passi nel cabaret degli anni cinquanta e sessanta, periodo in cui collabora con l’amico Fabrizio De André per cui scrive il testo della canzone Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers. Debutta in radio nel 1967 con “Il sabato del Villaggio” e in televisione nel 1968 a “Quelli della domenica”. Qui presenta personaggi indimenticabili come il sadico professor Kranz, il goffo Giandomenico Fracchia e soprattutto il ragionier Ugo Fantozzi, che diventerà la sua maschera più celebre. Nel 1971 esce in libreria Fantozzi, che diventa un successo editoriale da più di un milione di copie, tradotto in diversi paesi, e il primo capitolo di una serie fortunata di sette libri e dieci film.
Nella sua lunga carriera da attore ha lavorato al cinema con Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Nanni Loy, Luciano Salce, Pupi Avati, Federico Fellini, Lina Wertmüller ed Ermanno Olmi. In teatro ha recitato, tra l’altro, nell’Avaro di Molière per la regia di Giorgio Strehler (1997), nel Vizietto di Jean Poiret diretto da Giuseppe Patroni Griffi (1998) e nel monologo Delirio di un povero vecchio (2000). Ha ricevuto il David di Donatello, il Leone d’Oro alla carriera al Festival del Cinema di Venezia (1992), il premio Flaiano per la satira (2008), il premio Chiara alla carriera (2009) e il premio Gogol (2012).