La piena realizzazione di un intento comporta, al fondo, la sua perdita. Questo è il non detto che riecheggia in tutte le stanze di Kublai, un album diviso in tre respiri o movimenti, e composto di arie, più che di brani in senso stretto
È uscito il primo album di Kublai dall’omonimo titolo Kublai, un nuovo capitolo del progetto solista di Teo Manzo che segue il precedente singolo pubblicato a settembre Orfano e Creatore. Kublai è un disco che non nasce come un monologo, un album dialogico, i cui testi percorrono gli scambi di una conversazione in una sera come tante. I protagonisti sono due amici, forse il Kublai e il Marco Polo che appaiono nel video di Orfano e Creatore, o forse no. Ciò che importa è che, al termine di questa notte, uno dei due sceglierà di negarsi, togliendosi la vita, e lasciando alla musica un’unica voce, un canto solo. Un atipico cantautore, una storia atipica.
Kublai ci ha gentilmente concesso unintervista.
“Kublai” è il tuo primo album, di che cosa si tratta?
Si tratta di una lunga conversazione tra due amici, “Kublai” è questo in estrema sintesi. È un album diviso in tre atti, se così si può dire, ciascuno di composto di tre brani. In altri tempi avremmo detto che “Kublai” è un concept album.
Questo lavoro segue il singolo pubblicato a settembre “Orfano e Creatore”. Com’è stato accolto il singolo?
Molto bene, singolo e album hanno ricevuto ottime critiche fino ad ora. Peccato non si possa farlo conoscere dal vivo, al momento.
Cosa vuoi comunicare con questo album?
Come dico sempre, non faccio musica perché voglio comunicare. La faccio perché voglio esprimere, che è tutt’altra cosa. Non ci sono messaggi o morali unidirezionali in questo disco, c’è una complessa stratificazione di elementi, emotivi e cerebrali. Se potessi dire che cosa questi “comunicano” in una frase, sarebbe un album pessimo. Mi piace pensare che non sia così.
Come nasce il tuo progetto musicale?
È nato lo stesso giorno che ho iniziato a collaborare con Filippo Slaviero, coautore e produttore del disco. Kublai è un progetto che ha senso in quanto collaborativo, da me solo non sarebbe mai sbocciato. Il dialogo presente nell’album si è costituto grazie al dialogo presente al suo esterno, quello tra me e Filippo; questo è il motivo per cui disco e progetto sono omonimi.