COPENAGHEN ‒ Il parlamento danese vieta ufficialmente i roghi del Corano. La legge appena varata considera meritevole di sanzione penale il “trattamento inappropriato” di testi “di significativa importanza per una comunità religiosa riconosciuta”.
Durante i mesi scorsi in varie città danesi e svedesi erano state bruciate numerose copie del Corano: tra il 21 luglio e il 24 ottobre 2023, in Danimarca sono stati registrati 483 casi di roghi di libri e bandiere, secondo i dati della polizia nazionale.
Di fronte a episodi come questi numerosi Paesi islamici hanno risposto in modo anche violento, manifestando davanti alle ambasciate con toni molto accesi. La nuova legge che vieta la profanazione dei testi sacri è dunque stata varata anche per ragioni di sicurezza.
La violazione del codice comporterà una multa e una pena detentiva di due anni per i trasgressori.
Si era aperto da mesi il dibattito tra chi considera blasfemia il rogo di un testo religioso e chi lo eguaglia invece alla libertà di espressione. Per alcuni questo divieto, soprattutto per una democrazia laica e liberale come la Danimarca, è un grave passo indietro in quanto reintrodurrebbe il reato di blasfemia: nessun danese è stato condannato per blasfemia a partire dal 1946 e il reato stesso è stato definitivamente abrogato nel 2017.
Per altri, al contrario, questa legge è un forte segno di maturità culturale, considerando che i regimi più autoritari e liberticidi praticavano il rogo di libri “non ortodossi” per etichettare gli oppositori come nemici dello Stato, e che quando l’atto di bruciare i libri si sostituisce al dibattito ragionato, costituisce una dichiarazione di guerra anziché uno strumento di protesta.
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