“Maradona è il dio che aleggia in tutta la canzone, simulacro di una libertà a tutti i costi, sorretta da polpacci muscolosi e piedi fatati, una libertà che ha come facce della stessa medaglia notti magiche e autodistruzione”
Venerdì 11 giugno 2021 è uscito il singolo di debutto di Doriah (fuori per Freak&Chic e in distribuzione Artist First), autore e produttore siciliano di stanza a Bologna. La canzone ha come pretesto una fantasmatica storia d’amore che si dispiega tra la coscienza di essere capace di tutte la disperazione che deriva da questa forma di libertà, metafora di un mondo stravagante e surreale.
Doriah ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Maradona” è il tuo brano d’esordio, di che cosa si tratta?
Maradona nella cultura popolare rappresenta, per certi versi, una divinità pagana. Ho voluto quindi erigere Maradona a simbolo della “libertà a tutti i costi”, una libertà dove bene e male perdono il loro valore ontologico e si compenetrano fino a sfumare totalmente i loro confini. Mi piaceva insomma l’idea che la figura di Maradona aleggiasse in una mia canzone come un’entità né buona né cattiva ma vera, autentica, un po’ come l’antica figura del trickster.
Cosa vuoi trasmettere con questo lavoro?
Non possiamo ignorare l’inquietudine e l’ambivalenza delle relazioni umani, non possiamo ignorare che i valori emergenti della nostra società ci mettono in una condizione di incertezza in cui nessuna relazione è “data”, “scontata”, ma è una costante tensione dialettica “tra il senso del possesso che fu pre-alessandrino” e la continua rinegoziazione della fluidità della nostra solitudine ancestrale. Ecco, con questo brano volevo dirvi che non siete soli.
Come vivi questo tuo esordio discografico?
Benissimo, sto cercando di iniziare un percorso psicoterapico.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Ho iniziato a studiare tromba e flicorno soprano a 10 anni, a 12 anni suonavo nella banda del paese e mi divertivo un sacco. A 14 anni sono andato ad aiutare un mio zio in pizzeria e con la paghetta e le mance ho comprato la prima chitarra elettrica e ho iniziato a suonare con degli amici. È la banalissima storia di un ragazzino cresciuto alle case popolari di un paesino siciliano, potevo iniziare a spacciare ma ho preferito fare musica. Devo ringraziare molto mio padre che già a 14 anni mi insegnava come scrivere i testi delle canzoni, mio padre era il paroliere della band dei miei zii, si chiamavano S.U.D. e tutti pensavano significasse sempre uniti Doria ma non era così. I testi erano stranissimi, non capivi mai quanto fossero seri o quanto ci fosse la volontà di trollare.