I genitori previdenti si erano trasferiti da mesi nella grande villa fuori città. Iola amava il parco, soprattutto d’autunno perché ad ogni foglia caduta sapeva che corrispondeva – a primavera – un bocciolo nuovo.
Quindi fantasticava sui colori dei fiori appena sarebbe giunta la bella stagione. La guerra pareva lontana.
Papà e mamma temevano di non poter proteggere sempre quell’ antica villa padronale ed i suoi abitanti. La governante, il casiere, i vecchi zii: tutti uniti nel casale di famiglia per sfuggire alla Terribile Guerra.
Ma Iola era felice nel parco curato e lussureggiante in ogni clima.
I sempreverdi facevano la propria figura. Un pomeriggio, mentre in solitudine pensava agli amici di scuola che temporaneamente era stata costretta a lasciare, il suo sguardo si soffermò verso il fondo del giardino. Di contro agli alberi era apparso come dal nulla un grande globo luminoso.
La luce scintillava per cento lampadine ma non era un fanale e Iola, avvicinandosi, s’accorse che non faceva rumore era immobile a mezz’altezza e pareva la guardasse.
“Chi sei?” chiese ingenuamente la piccola. D’ altra parte aveva solo dieci anni.
Il globo a modo suo rispose: emise un dolce suono “O oooOO”
Tanti “o” melodiosi e cantati lentamente. Una nenia ondulata, stregata ed ipnotica.
Iola istintivamente mosse le gambe ed i piedi.
Aveva frequentato due anni di danza classica ma le sembrò, nei salti e nei movimenti che faceva sotto quella voce soave, di essere diventata bravissima e molto più leggera. Le braccia seguivano con armonia la danza e il canto.
Lo spettacolo durò molto, fino a che il globo diminuì progressivamente la luce e scomparve del tutto.
“Dove sei dove sei amica luminosa?” chiese correndo Iola qua e là.
Ma il globo non comparve fino al giorno dopo; sempre alla medesima ora nel pomeriggio, quando la bambina fu completamente sola. Iola ne parlò ai genitori, ma come succede spesso presero le sue parole espressione di un desiderio: avere una compagna di giochi; e gli adulti non le dettero molta importanza. Andarono avanti fino all’inverno la danza della bimba e la nenia dolcissima della luce. Iola possedeva senz’altro una vera amica. Con il ballo e la voce della luce si sentiva trasportare lontano.
Sempre più lontano dalla Terribile Guerra.
Già, la Terribile Guerra.
Come temevano i padroni della villa, girarono voci di prossimi rastrellamenti da parte del nemico. Allora i genitori si attivarono per sgombrare:
“Iola, amore, fa’ i bagagli. Domani partiamo di nuovo!”
“No papà non voglio! Mi trovo bene qui e ho una luce amica!”
“Ti farai buoni amici anche là dove andremo”.
E suo malgrado, triste, la bambina preparò i propri vestiti giochi libri. Attese il primo pomeriggio e si precipitò in fondo al giardino per salutare un’ ultima volta la luce amica. Lei comparve più luminosa che mai. Non iniziò la consueta melodia, non fece in tempo.
Un gigantesco razzo infiammato precipitò sul casale e tutto scoppio’. Esplosero il giardino, la villa, il poggio sovrastante. Il razzo aveva scavato un cratere talmente profondo che il fumo per ore sovrastò la zona. Poi restò solo quello, sopra una montagna di detriti.
Il Colonnello dei nemici raggiunse il sito distrutto in breve tempo. Uscì dal carro blindato sorridendo. Operazione compiuta. Convocò i soldati per le istruzioni e salì su uno sgabello per farsi vedere da tutti: “Io sono qui per eseguire il massacro finale. Questo vuol dire che da ora in poi non voglio guardare niente. E per niente intendo che non solo non ci devono essere su questo territorio corpi vivi, ma non voglio vedere nemmeno i morti. Solo cemento, cemento e cemento. Spazzate tutto e ricoprite col cemento. Io odio la vita ed anche la morte. Quindi voglio vedere il nulla. Non “il distrutto”: io voglio vedere il NULLA”
La cementificazione iniziò repentina. In breve sotto e sopra il poggio emerse una montagna di cemento. Non si curarono i militari di seppellire i morti o di segnalare i feriti. Dopo due ore betoniere ruspe e macchinari dell’ Esercito avevano compiuto la missione. Il globo di luce aspettava.
Era là, in alto. Quando non ci furono gli alberi, prese come riferimento il terreno. Quando non ci fu più il terreno, prese come riferimento il fumo. Quando non ci fu più il fumo, si sollevò e si nascose tra le nuvole più basse.
La bambina non compariva. La luce attendeva attendeva. Fino a quando il Colonnello riapparve sopra la scaletta, e tuonò l’ultimo ordine della spedizione: il rastrellamento a terra.
“Ho saputo che alcuni ribelli si sono nascosti sulle montagne vicine. Andate e non lasciate niente uomini donne animali piante. Come se non fosse mai esistita la Natura”, e sogghigno.
I mezzi militari si prepararono per l’offensiva corpo a corpo sulle montagne. La luce si mosse in tondo veloce, sempre più veloce come se prendesse una rincorsa nel cielo; poi si lanciò con una tale rapidità che nessuno dei soldati poté reagire. Il grande globo colpì il carro principale e la tenda da campo. Esplose tutto. Soddisfatta, la luce tornò in alto ad aspettare la bambina.
Foto pubblicata per gentile concessione del Presidente Pietro Marchetti dell’Associazione Gaus
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