La metamorfosi della materia tra idea e concetto nel Minimalismo di Mattia Urso

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mass grave mattia urso

L’arte contemporanea più concettuale sperimenta e si avvale per la sua realizzazione dei metodi di riproduzione delle immagini più innovativi, creando un forte legame con l’osservatore che ne diventa spesso protagonista perché coinvolto a trecentosessanta gradi dalla stessa installazione. Tuttavia alcuni artisti, pur esplorando la sfera intellettuale e mentale del loro impulso creativo, si orientano verso un approccio più tradizionale; il protagonista di oggi trae ispirazione proprio dagli esordi di un grande movimento del passato per realizzare la sua idea artistica.

Il trasformismo degli oggetti di uso comune è stato ampiamente esplorato e portato alla luce dall’Informale Materico intorno agli anni Quaranta del Novecento. Furono Alberto Burri e Antoni Tapìes a introdurre iuta, metalli, colle, plastica, nelle loro tele per esprimere emozioni e sensazioni nella loro concretezza, solidità, consistenza, aprendo di fatto la strada alla successiva esplorazione della materia intesa come espressione sublime del concetto astratto da qualsiasi forma estetica, come ricerca di una purezza artistica orientata all’approccio intellettuale, alla trasformazione dell’oggetto comune in forma d’arte e alla sua interazione con lo spazio circostante. Il movimento che più di tutti diede il via alla ricerca di un equilibrio tra arte e mente, escludendo l’irrazionalità e l’emozione per dare voce alla fisicità ragionata dell’opera, fu il Minimalismo che aprì anche la strada a tutto il percorso successivo del Concettualismo e della Performance Art; fu proprio quella inclinazione scientifica, mentale e di ricerca intellettuale, a far emergere l’esigenza di orientarsi verso l’essenzialità di forme e di colori, e a indurre i minimalisti a privilegiare forme basiche, come il cubo e il rettangolo, e tonalità neutre come il bianco, il nero, il grigio. Gli statunitensi Carl Andre, Donald Judd, Sol LeWitt, ma anche l’italiano Enrico Castellani e il francese Yves Klein, furono tra i maggiori rappresentanti di un movimento rivoluzionario in cui l’iperrazionalità e la logica dovevano prevalere sull’istinto del gesto pittorico incontrollato e completamente emotivo tipico invece dell’Action Painting del coevo Espressionismo Astratto. Materiali edili di ogni tipo, dai pannelli di legno alle lastre di metallo, dai mattoni alle travi, dal plexiglas alla formica costituivano gli elementi fondamentali per realizzare sculture e installazioni degli artisti che, per indole e ideologia artistica, scelsero di aderire al Minimalismo. L’impulso creativo di Mattia Urso, architetto romano dunque con una solida formazione basata sulla concretezza di codici formali e regole tecniche che per lungo tempo lo hanno allontanato dalla sua inclinazione artistica, si manifesta proprio in quell’equilibrio tra idea e concetto, avvicinandosi alle sculture site specific di Carl Andre in cui i materiali geometrici industriali ed edilizi divenivano protagonisti assoluti di ogni opera.

cross mattia urso
1 Cross

L’idea di Urso è quella di utilizzare ed elevare a forma artistica un tipo di pietra tipica dell’Italia centrale, il tufo, friabile e poroso eppure in qualche modo solido e resistente, quasi in quell’ambivalenza fosse evidente la caratteristica dell’uomo contemporaneo, quel dover restare in piedi con forza davanti a cambiamenti ed evoluzioni rapide nonostante una fragilità interiore che proprio da quelle continue destabilizzazioni deriva.

crack mattia urso
2 Crack
super forma mattia urso
3 Super Forma

La forma rettangolare è esattamente quella che viene utilizzata per le costruzioni dunque in qualche modo diviene simbolo, e contenitore, di sensazioni e di espressioni interiori ermetiche, nascoste per necessità di tenerle protette e al sicuro dall’esterno, e che Mattia Urso svela solo attraverso i titoli delle sue opere per suggerire all’osservatore di non dimenticare, né tralasciare di ascoltare, la propria essenza, quella voce emotiva che deve uscire dall’armatura che vi si costruisce intorno. Non installazioni site specific bensì vere e proprie sculture, affascinanti e misteriose quanto lo è il mondo interiore di ciascuno così come l’esistenza moderna, fatta di insicurezze, di rotture, di cadute, di sogni che Urso esplora con uno stile semplice eppure in grado di infondere un bisogno di riflessione, di introspezione su se stessi e sugli altri, le persone che spesso tutti i giorni si incrociano sul proprio cammino senza essere in grado di vederle davvero.

two faces mattia urso
4 Two Faces
in bilico mattia urso
5 In Bilico

L’opera Two Faces narra dell’ambivalenza in cui spesso ci si sente costretti a vivere, quell’incapacità di essere davvero se stessi fino in fondo che induce a indossare maschere a protezione di una personalità che invece potrebbe uscire fuori liberamente ed essere manifestata in tutte le sue sfaccettature, se solo si trovasse il coraggio e la forza di farlo; e ancora In Bilico esplora la sensazione di incertezza, di instabilità, di un’esistenza in cui tutto ciò che è può essere sovvertito e cancellato da ciò che sarà, inducendo l’individuo a riadattarsi costantemente senza riuscire a trovare una saldezza necessaria. È in quella incertezza, suggerisce Mattia Urso, che si nasconde la vera forza dell’individuo nel restare in equilibrio nonostante i conflitti e l’approccio competitivo volto alla prevaricazione dell’altro insito nella società contemporanea.

human 20 mattia urso
6 Uman-20

Nella scultura Human-20, metafora dell’evento pandemico del Covid19, l’artista evidenzia quanto, malgrado la diversità e la molteplicità rappresentate da quelle frastagliature ottenute con piccoli rettangoli in legno, la società attuale intera tenda a essere incurante nei confronti della conservazione e tutela dell’ambiente in cui vive al punto da costituire essa stessa una minaccia, un virus per l’umanità intera che, al contrario, dovrebbe invece sensibilizzarsi e comprendere quanto essenziale quell’ambiente sia per la sopravvivenza delle specie animali ma anche dell’uomo stesso.

fly me to the moon mattia urso
7 Fly Me To The Moon

E infine Mattia Urso non dimentica l’aspetto romantico dell’esistenza nella scultura Fly Me To The Moon, in cui celebra la contrapposizione che è completamento, l’unione tra Yin e Yang che diviene la forza di due parti che scelgono di proseguire insieme il loro cammino e che grazie a quel sentimento solido, fatto di differenze complementari, può raggiungere una forma ideale e superare le più grandi distanze fino a elevare le due parti verso una dimensione di complicità e unione che va oltre. Dal 2018 a oggi Mattia Urso, giunto tardivamente alla consapevolezza della necessità di lasciar emergere il suo lato creativo, ha partecipato a molte mostre collettive sul territorio nazionale, tra cui le biennali internazionali d’arte di Genova e Bari.

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