“La mia generazione”, intervista a Mattia Caroli & I Fiori del Male

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mattia caroli & i fiori del male

La band Mattia Caroli & I Fiori del Male che ha da poco pubblicato il singolo “La mia generazione”. Il brano è prodotto da Leo Pari ed è il primo singolo in italiano della band.

“La mia generazione” racconta di come televisione e social abbiamo appiattito e distorto sentimenti ed emozioni. “Fatte di televisione”, le nuove generazioni dimenticano amore e poesia e da questa “terra desolata” emerge una Roma vissuta e usurata tra ricordi d’amore e sofferenze: gli sguardi spenti volgono al passato, ci si perde in storie di sesso ed amore e nella metropolitana regna l’indifferenza. Chi non si arrende, chi non vuole bruciare sono due amanti che si baciano nel traffico e non ci sono per nessuno.

La band ci ha gentilmente concesso un’intervista.

Lo scorso 2 ottobre è uscito “La mia generazione”, il vostro nuovo singolo. Di che cosa si tratta?

La mia generazione racconta di come televisione e social abbiamo appiattito e distorto sentimenti ed emozioni le quali diventano, appunto, fatte di televisione con la conseguenza che le nuove generazioni dimenticano amore e poesia. Da questa “terra desolata” emerge una Roma vissuta e usurata tra ricordi d’amore e sofferenze: gli sguardi spenti volgono al passato, dove ci si perde in storie di sesso ed amore e nella metropolitana non regna che l’indifferenza. Chi non si arrende, chi non vuole bruciare, sono due amanti che si baciano nel traffico fuggendo dall’individualismo metropolitano.

Il brano anticipa l’EP “Come non fossi qui”, di prossima uscita. Ci potete dare qualche anticipazione?

A quattro anni di distanza dal nostro primo album possiamo dire che il cambiamento nella nostra musica si è costruito col tempo, con i tour all’estero e con la curiosità verso nuovi stili, volevamo un sound forte per descrivere qualcosa di forte, il folk non ci bastava.

L’EP è frutto di una coproduzione internazionale realizzatasi tra le grandi capitali europee Roma, Berlino e Londra.

Il singolo e il videoclip sono dedicati alla memoria di Giacomo Verde, regista del video e pioniere della videoarte italiana. Dunque che valenza assume per voi questo lavoro?

Seguivamo Giacomo da molto e ci affascinavano le sue ricerche e sperimentazioni sulle possibilità della videoarte e il suo attivismo sociale.

Quando eravamo a Berlino in tour ci è piaciuta molto l’immagine di una videoinstallazione: una tv in cui passava un gran quantitativo d’immagini televisive, dagli anni ’60 a oggi. Quest’idea di flusso televisivo ci è sembrata perfetta per La mia generazione. Quando entra il ritornello, invece, c’è una Roma raccontata da sovrapposizioni d’immagini di posti meravigliosi che fanno girare la testa.

Per tutti coloro che non lo conoscessero ancora, Giacomo Verde è stato un pioniere della video arte il quale ha esteso il fare artistico ad un’esplorazione insubordinata e irriverente della tecnologia, ad un attivismo sociale, civile e politico. Se n’è andato il 2 maggio, a Lucca e a lui dedichiamo il pezzo e il video.

Sin dall’inizio della vostra avventura utilizzate sonorità vintage per poi sperimentare e spaziare dal blues al jazz, dal folk al rock, grazie all’utilizzo di strumenti a fiato. Com’è maturata questa scelta?

È stata una scelta naturale in quanto ognuno di noi, singolarmente, portava con sé il proprio background musicale. Da qui nasce l’intreccio e la sintesi di sonorità diverse che ci ha portato a caratterizzarci come band.