Osservare il mondo circostante, comprenderne le sottili manifestazioni attraverso il proprio sguardo emotivo e la propria individuale sensibilità è l’imperativo sostanziale degli artisti contemporanei, i quali tendono a trasformare gli stili dei secoli precedenti adeguandoli e adattandoli alla propria modalità espressiva; poi esiste un altro tipo di approccio, quello più personale, quasi simbolico, che induce l’autore di una tela a narrare per immagini i suoi percorsi, i suoi ricordi, il suo mondo interiore filtrato dalla riflessione su se stesso. La protagonista di oggi appartiene a questa seconda categoria di artisti e mostra la singolare capacità di trasportare l’osservatore in una dimensione differente da quella contingente, quasi a metà tra immaginario e reale.
Nella seconda metà del Diciannovesimo secolo si andò affermando, inizialmente in Francia ma poi anche nel resto d’Europa, un movimento pittorico che intendeva distaccarsi dalla rigida attinenza alla realtà oggettiva, alla fedeltà assoluta all’immagine osservata che invece erano tratti distintivi del Realismo; il Simbolismo, questo il nome della corrente contrapposta alle tematiche realiste, sottolineava l’importanza di interpretare e filtrare attraverso il sentire interiore una realtà che tendeva a nascondere le verità più sottili, quelle appunto in grado di essere percepite con il sesto senso, quello collegato all’emotività. In quel periodo storico non era stato compiuto il percorso di conoscenza dell’io e di presa di coscienza della propria singola spiritualità, dunque tutto ciò che non poteva avere una spiegazione razionale era spesso ricondotto alla religione, o alla mitologia oppure al sogno e fu per questo che la maggior parte delle opere dei maestri del Simbolismo sono intrise di atmosfere misteriose, emozionalmente coinvolgenti ma enigmatiche. L’imperativo era far sentire la propria voce contro una società che si stava avviando verso l’egemonia della scienza, della tecnica, tutto era votato alla logica e alla razionalità, dimenticando così di osservare l’essenza delle cose, degli oggetti, dei paesaggi, e di cercarne il senso nascosto invisibile agli occhi. Le tele di Odilon Redon raccontano di luoghi sospesi in cui tutto ciò che sembrerebbe reale assume le connotazioni della visione, di un immaginario proveniente dal mondo onirico e non riscontrabile nella contingenza, anticipando proprio in virtù di quest’irrealtà e decontestualizzazione di oggetti e persone le tematiche, approfondite e ampliate, che furono la base e l’essenza del Surrealismo, tanto quanto le opere di Arnold Böcklin descrivono il mistero che avvolgeva paesaggi apparentemente reali quanto realmente improbabili e avvolti da atmosfere cupe, quasi inquietanti ma in grado di affascinare proprio in virtù dell’arcano che sembrano nascondere. Le sensazioni legate al soprannaturale, a tutto ciò che affiora alla mente ma non riesce a essere governato da essa si sono trasformate nell’era contemporanea, anche a seguito dei successivi approcci filosofici dell’Esistenzialismo e dell’imperativo moderno che sposta l’attenzione sull’individualismo, inteso nel senso più ampio e meno negativo del termine, in uno sguardo introspettivo verso le profondità interiori, per svelare e lasciar affiorare memorie, sensazioni, atmosfere emotive che hanno bisogno di essere vissute e comprese.
È su questa linea che si basa la pittura di Hannelore Diaw-Roth, in arte Diro, la quale attinge a quell’irrealtà tanto cara ai simbolisti per effettuare un percorso all’interno di sé, delle sue profondità e di un mondo in cui tutto sembra essere velato, sovrapposto attraverso strati di sentimenti, di emozioni che affiorano alla coscienza proprio attraverso l’atto pittorico.
Lo sguardo dell’artista va oltre il visibile e si affida a quel sesto senso essenziale a entrare in contatto con le energie sottili, quei lievi sussurri che l’anima ascolta e che la mente tende a mettere a tacere; nelle opere di Diro invece quelle voci sono ascoltate, sono materializzate sotto forma di immagini chimeriche e sognanti che inducono a spostare l’attenzione a un livello superiore rispetto a quello contingente, a entrare in contatto con tutto ciò che non si può vedere se non chiudendo gli occhi e mettersi in posizione di profondo ascolto. L’immaginato assume così connotazioni reali, fuoriesce dalle atmosfere soffici della memoria, del silenzio, della calma che Hannelore Diaw-Roth rappresenta con tonalità pastello, delicate, sfumate, come se solo attraverso quel mondo sovrapposto fosse possibile intravedere ciò che con la piena luce resterebbe nascosto.
Nella tela Die Ahnen (Gli antenati) l’artista conduce l’osservatore nella sfera del passato che però sembra voler entrare nel presente, perché in fondo chi ha costituito una parte importante dell’esistenza di qualcuno, chi ha amato pur avendo dovuto lasciare questa terra, resterà sempre accanto per vegliare. L’elemento soprannaturale, quelle anime che si manifestano e si concretizzano, è un soggetto ricorrente della Diaw-Roth che evidenzia così, allo stesso modo dei maestri del Simbolismo, quanto la società attuale sia orientata al materialismo, al raggiungere obiettivi concreti con freddo pragmatismo, perdendo il contatto con tutto ciò che ci definisce davvero, cioè la spiritualità, la capacità di osservare quanto ruota intorno con sguardo differente, arrendendosi all’evidenza che non tutto può essere controllato.
È proprio questo il tema che emerge osservando l’opera Wir sitzen Alle im gleichen Boot (Siamo tutti sulla stessa barca), dove l’entità indefinita osserva l’uomo, la barca, con distacco quasi disapprovasse le lotte che spesso si mettono in atto per prevaricare l’altro senza ricordare che in fondo il destino degli uomini è sottoposto all’ineluttabilità dell’esistenza stessa, quell’avere un inizio e una fine che non renderà nessuno più eterno solo per aver conquistato maggiori risultati o per aver raggiunto più ricchezza e potere; la barca rappresenta la società, il mare in tempesta è metafora delle difficoltà che chiunque deve affrontare e dunque l’auspicio è di essere solidali ed empatici anziché combattere gli uni contro gli altri.
Nella tela Future for children (Futuro per i bambini) Hannelore Diaw-Roth sogna un mondo in cui non avrà importanza il colore, la religione, il paese di provenienza, ciò che dovrà contare è solo la coscienza di essere parte di un tutto, di costruire un domani in cui sia possibile vivere in armonia, senza contrasti, senza timori di essere rifiutati o esclusi. I volti sono protagonisti della tela tanto quanto lo è la dimensione immaginaria, a suggerire che malgrado oggi non sia ancora possibile raggiungere quello stato auspicato e desiderato, potrà essere comunque realizzabile in un futuro non molto lontano, e dunque quei volti velati appartengono a un sogno che ha bisogno di concretizzarsi, di diventare un progetto su cui tutta la società contemporanea, quella di ogni paese, deve lavorare. In altre opere il Simbolismo lascia spazio all’Espressionismo perché Hannelore Diaw-Roth ha bisogno di esplorare anche altri linguaggi, quelli che forse la fanno sentire più vicina alla realtà osservata, sebbene i personaggi descritti siano sempre avvolti da un’atmosfera incantata, come se appartenessero a una favola raccontata dalla fantasia dell’artista che ne esplora l’interiorità lasciandola emergere dai loro sguardi, dai colori con cui li rappresenta e ne definisce la natura.
In Der Maler (Il pittore) le tonalità sono vivaci, in scala di arancione, i contorni sono più netti e definiti rispetto alle opere più simboliste, eppure non riesce a non trapelare l’anima fanciullesca del protagonista, quell’essere a volte ingenui, a volte fuori dagli schemi e sempre incredibilmente sensibili che contraddistingue gli artisti; l’espressione raccontata è quella di chi sa di aver scelto di fare ciò che ama.
Hannelore Diaw-Roth ha cominciato il suo percorso nell’arte molto presto, vincendo premi di pittura fin da bambina, poi gli impegni familiari e professionali l’hanno allontanata dalla manifestazione artistica a cui si è riavvicinata da qualche anno ritrovando la gioia di esprimersi attraverso la pittura, incontrando l’apprezzamento del pubblico e degli addetti ai lavori.
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The veiled and suffused reality of Hennelore Diaw-Roth’s neo-symbolist artworks
Observing the surrounding world, understanding its subtle manifestations through one’s own emotional gaze and individual sensitivity is the essential imperative of contemporary artists, who tend to transform the styles of previous centuries, adapting them to their own mode of expression; then there is another type of approach, the more personal, almost symbolic one, which leads the author of a canvas to narrate through images his paths, his memories, his inner world filtered through reflection on himself. Today’s protagonist belongs to this second category of artists and shows a singular ability to transport the observer into a dimension different from the contingent one, almost halfway between the imaginary and the real.
In the second half of the nineteenth century, a pictorial movement began to assert itself, initially in France but then also in the rest of Europe, with the intention of breaking away from the rigid adherence to objective reality and absolute fidelity to the observed image that were the distinctive features of Realism; Symbolism, the name of the current opposed to Realist themes, emphasised the importance of interpreting and filtering through the inner feeling of a reality that tended to hide the subtlest truths, those that could be perceived with the sixth sense, the one connected to emotion. In that historical period, the path of knowledge of the ego and awareness of one’s own individual spirituality had not been completed, so everything that could not have a rational explanation was often traced back to religion, mythology or dreams, and it was for this reason that most of the artworks of the masters of Symbolism are imbued with mysterious atmospheres, emotionally involving but enigmatic.
The imperative was to make one’s voice heard against a society that was moving towards the hegemony of science and technology, everything was devoted to logic and rationality, forgetting to observe the essence of things, objects, landscapes, and to look for the hidden meaning invisible to the eyes. Odilon Redon’s canvases tell of suspended places in which everything that would seem real takes on the connotations of vision, of imagery from the dream world that cannot be found in reality, anticipating precisely because of this unreality and decontextualisation of objects and people the themes, deepened and broadened, that were the basis and essence of Surrealism, just as Arnold Böcklin’s paintings describe the mystery that surrounded landscapes that were apparently real but really improbable and shrouded in dark, almost disturbing atmospheres, but able to fascinate precisely because of the mystery they seem to conceal.
The sensations linked to the supernatural, to everything that comes to mind but cannot be governed by it, have been transformed in the contemporary era, partly as a result of the successive philosophical approaches of Existentialism and the modern imperative that shifts the focus on individualism, understood in the broadest and least negative sense of the term, into an introspective look at inner depths, to reveal and allow to emerge memories, sensations and emotional atmospheres that need to be experienced and understood. This is the line on which the painting of Hannelore Diaw-Roth, aka Diro, is based. She draws on that unreality so dear to the Symbolists in order to make a journey within herself, her depths and a world in which everything seems to be veiled, superimposed through layers of feelings and emotions that surface to consciousness precisely through the act of painting. The artist’s gaze goes beyond the visible and relies on that sixth sense essential to come into contact with subtle energies, those gentle whispers that the soul hears and that the mind tends to silence; in Diro’s artworks, on the other hand, those voices are heard, they are materialised in the form of chimerical, dreamlike images that induce us to shift our attention to a higher level than the contingent one, to come into contact with all that cannot be seen unless we close our eyes and place ourselves in a position of deep listening.
The imagined thus takes on real connotations, emerging from the soft atmospheres of memory, of silence, of calm that Hannelore Diaw-Roth depicts in delicate, nuanced pastel shades, as if only through that superimposed world is it possible to glimpse what would remain hidden in full light. In the painting Die Ahnen (The Ancestors), the artist leads the observer into the sphere of the past which, however, seems to want to enter the present, because after all, those who have been an important part of someone’s existence, those who have loved even though they had to leave this earth, will always remain close by to keep watch. The supernatural element, those souls that manifest themselves and become concrete, is a recurring theme in Diaw-Roth’art who thus highlights, like the masters of Symbolism, the extent to which today’s society is oriented towards materialism, towards achieving concrete objectives with cold pragmatism, losing contact with everything that really defines us, namely spirituality, the ability to observe everything that revolves around us with a different gaze, surrendering to the evidence that not everything can be controlled.
This is precisely the theme that emerges when we look at the painting Wir sitzen Alle im gleichen Boot (We are all in the same boat), where the undefined entity observes man, the boat, with detachment, almost as if it disapproves of the struggles that are often waged to overpower others, without remembering that, in the end, man’s destiny is subject to the inevitability of existence itself, the fact that it has a beginning and an end that will not make anyone more eternal just because they have achieved more or more wealth and power; the boat represents society, the stormy sea is a metaphor for the difficulties that everyone has to face, and so the wish is to be supportive and empathetic rather than fighting against each other. In the canvas Future for children, Hannelore Diaw-Roth dreams of a world in which colour, religion and country of origin have no importance, but only the awareness of being part of a whole, of building a tomorrow in which it is possible to live in harmony, without contrasts, without fear of rejection or exclusion. The faces are as much the protagonists of the canvas as the imaginary dimension, suggesting that although today it is not yet possible to achieve that demanded and desired state, it may be achievable in the not too distant future, and therefore those veiled faces belong to a dream that needs to become concrete, to become a project on which the whole of contemporary society, that of every country, must work.
In other artworks, Symbolism gives way to Expressionism because Hannelore Diaw-Roth needs to explore other languages, those that perhaps make her feel closer to the reality she observes, even though the characters described are always enveloped in an enchanted atmosphere, as if they belonged to a fairy tale told by the artist’s imagination, which explores their interiority, letting it emerge from their gazes, from the colours with which she represents them and defines their nature. In Der Maler (The Painter), the colours are lively, on an orange scale, the outlines are sharper and more defined than in the more symbolist works, yet the childlike soul of the protagonist cannot fail to emerge, that being at times naive, at times unconventional and always incredibly sensitive which distinguishes artists; the expression told is that of someone who knows he has chosen to do what he loves. Hannelore Diaw-Roth began her career in art at a very early age, winning painting prizes as a child, then family and professional commitments took her away from the art scene, to which she returned a few years ago, rediscovering the joy of expressing herself through painting, meeting with the appreciation of the public and professionals.