MONTEPRANDONE – I Turin Brakes hanno toccato nei scorsi giorni anche l’Italia nell’ambito del loro tour promozionale per il nuovo disco “Invisible Storm”, uscito lo scorso mese di gennaio. Quattro le date nel nostro paese: Torino, Bologna, Monteprandone e Roma.
Suoni volutamente scarni, semplici, quasi più pop e vintage del solito, che strizzano l’occhio in maniera mirata all’easy – listening: “Invisible Storm” è tutto questo e mostra un ennesimo volto dei Turin Brakes capaci di rimanere fedeli al loro modo di fare musica, ma anche di cercare strade diverse e più “facili” all’ascolto in questi undici brani. Trovare un riferimento nel loro sound risulta difficile: i Turin Brakes sono stati capaci di differenziarsi da tutto ciò che ha proposto la scena inglese negli ultimi venti anni creando nel tempo un loro stile che man mano si è evoluto mantenendo intatta la classe.
Serata assolutamente magica quella di Monteprandone: palco senza scenografia, spazio solo alla musica con i Turin Brakes in grandissima forma. Il concerto è stato incentrato sulle canzoni di “Invisible Storm” accolte con grande calore dal pubblico, senza però tralasciare uno sguardo al passato con altre tratte dai precedenti lavori. Particolarmente gradite “Future Boy” e “State of Things” tratte dal celeberrimo “The Optimist Lp”, “Rain City” e “Painkiller (Summer Rain)” da “Ether Song”.
Abbiamo intervistato in esclusiva la band proprio nell’ambito della data di Monteprandone, tenutasi nella splendida ed intima cornice dell’Auditorium Centro Pacetti ed organizzata magistralmente dall’Associazione Pink Rabbits insieme a Massimo Bonfigli.
Ci piace iniziare questa nostra intervista chiedendovi quale sia il significato del vostro nome “Turin Brakes”.
“È una cosa divertente perché noi non eravamo in realtà mai stati a Torino quando scegliemmo il nome della band, ma quello era per noi solo un nome di una località di fantasia. Turin Brakes suonava esotico, caldo e differente da tutto: una combinazione di qualcosa di selvaggio e volante. Se Turin Brakes fosse un luogo reale probabilmente sarebbe come quello della copertina del nostro disco “Ether Song”: per noi è un paesaggio che combina, come detto il volo e la natura selvaggia”.
In tour in Italia per promozionare il vostro nuovo album “Invisible Storm”: come nasce questo lavoro discografico?
“Abbiamo fatto una prima versione del disco in casa (quella del cantante Olly Knights), in giardino per la precisione, abbiamo uno studio di registrazione: è nata una versione che ci piaceva e dunque abbiamo deciso di andare in uno studio più grande per tirarne fuori la veste definitiva. È stata un’esperienza eccezionale lavorare in questo modo. Abbiamo inciso i nostri ultimi tre dischi in questa stessa maniera e quindi è diventato un sistema di lavoro ben consolidato: prima il tutto nasce a casa e poi si sviluppa in uno studio di registrazione più grande, è un processo che ci permette di conoscere al meglio l’evoluzione delle canzoni del nostro disco e fa bene alla nostra musica. Lavorare insieme è per noi importante: lo fai una volta, dopo pensi sempre di poter fare meglio e dunque ripeti questo tipo di lavoro ancora per ottenere ciò che vuoi dalla tua musica. In qualcosa “Invisible Storm” ricorda un po’ i nostri primi lavori: ci sono un paio di canzoni che ci piacciono molto perché riportano alle atmosfere di “The Optimist”. Nel pazzo mondo nel quale viviamo oggi puoi saltare da una cosa all’altra e la gente non ci pensa perché con la mente viaggia velocemente”.
Quali sono le vostre sensazioni ed emozioni quando venite a suonare in Italia?
“Amiamo suonare live in Italia: è fra i paesi europei nei quali facciamo più date. Per noi è come venire in vacanza quando siamo qui. Quando eravamo ragazzi venivamo veramente in vacanza in Italia dunque abbiamo la stessa sensazione anche ora. Nel vostro paese tutto è bellissimo: anche se stiamo lavorando non ci sembra di farlo realmente. È un vero piacere venire da voi a fare concerti”.
Come è cambiata la vostra musica dai vostri esordi ad oggi?
“È come la stessa persona che però indossa una nuova giacca, la persona è invecchiata e ha più esperienza, solo che indossa vestiti differenti: questa è la nostra musica oggi”.
Si ringrazia la Pink Rabbits e Massimo Bonfigli che, insieme al management dei Turin Brakes, hanno reso possibile la realizzazione dell’intervista.
Foto di Filippo Schiavi
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