Di seguito l’intervista.
“Una e mezza” è il tuo nuovo singolo, di che cosa si tratta?
Una e mezza, come tutti i nostri singoli precedenti, è la prosecuzione di una storia apertasi con Tritolo. Stiamo cercando di raccontare in una maniera non banale, come interiorizzare che quei momenti di sofferenza che tutti affrontiamo, ma spesso vorremmo evitare, che sono i più formativi e importanti per una persona. Paradossalmente “una e mezza” continua ad insistere sul “valore positivo della negatività”: dopo un incontro e un inizio complicato e ondivago in “Tritolo”, un momento di estasi onirica di “Fast food” e la delusione immediatamente successiva ad una rottura di “Oasi”, “una e mezza” avvia e parla di un nuovo percorso musicale e personale, in cui Elle, come tutti noi, inizia a ricostruire se stesso.
Cosa vuoi trasmettere con questo brano?
Io spero sempre che, a prescindere da tutto, di ogni brano resti sempre la “magia della melodia”. Basterebbe questo. Riuscire a trasmettere anche ad una sola persona quella sensazione di trasporto quasi in un’altra dimensione che alcune canzoni mi hanno fatto provare nel corso della vita sarebbe già un successo. Tralasciando questo desiderio, mi sono reso conto che il brano è anche una critica verso un nemico che la mia generazione conosce bene: l’ansia. Specificatamente l’ansia di dover “vivere la vita”. La protagonista di cui canta Elle ha questa spasmodica e immotivata esigenza di stare in un mondo che neppure le piace e la diverte fino a tarda notte (anche se in realtà ne ha poca voglia), perché questo è quello che ci viene fatto credere essere il “divertimento”. Questo desiderio di “farsi notare” continuamente, di mostrarsi continuamente coinvolti in 1000 cose, di forzarsi quasi perché “se non le faccio a 20 anni queste cose quando le faccio?” credo sia incredibilmente nocivo e tossico. A quasi 30 anni sto imparando a scoprire il valore del “perdere tempo”, dell’“annoiarsi in maniera sana” e del divertimento inteso come lavorare, anche duramente, su qualcosa che mi entusiasma e affascina.
Che tipo di accoglienza ti aspetti?
Come tutti i musicisti, siamo sostanzialmente degli egocentrici, ergo, ovviamente, il nostro più grande desiderio sarebbe ovviamente quello di vedere arrivare la nostra canzone nelle orecchie di più persone possibili. Sarebbe ipocrita dire che non speriamo che il pezzo venga ascoltato da milioni di persone o arrivasse in radio nazionali. Più realisticamente, speriamo che il brano sia “compreso” da chi ci ha ascolta: LeStanzeDischi ha fatto un lavoro di produzione straordinario e il pezzo suona veramente bene, però è pur vero che per chi già ci ha conosciuto e apprezzato in una salsa più “indie” e cantautorale, e anche più solare, il cambiamento di sound e voce può sembrare eccessivo e quasi preoccupante. Credo nel dovere, non nel diritto, di un’artista di evolversi continuamente e cambiare le sue forme di espressione… però è indubbio che sia giusto pensare anche a chi ci ascolta e alla loro soddisfazione quando esce un nuovo brano.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Sono sempre stato immerso nella musica, i miei genitori volevano che tutti a casa imparassimo a suonare uno strumento, inoltre, vengo da una famiglia di musicista: mio padre suonava il basso, suo padre, mio nonno, aveva studiato al conservatorio canto e piano, oltre ad esser follemente innamorato di Puccini e sua madre, la mia bisnonna, era un soprano nel secolo scorso. Sostanzialmente a casa mia da bambini si cantava continuamente. Quello che mi è mancato fino ad una certa età è stata la passione: studiare la chitarra classica da ragazzino era un’imposizione e mi annoiava da morire per questo l’abbandonai. Le cose sono cambiate a 14 anni. Nel 2007 comprai quasi per caso uno dei primi DVD del Live Era 87-93 dei Guns: con Slash fu amore a prima vista. Dopo averlo visto suonare l’assolo di Nightrain tutto quello che volevo nella vita era esser come lui. Comprai una simil Les Paul come prima chitarra elettrica, un cilindro, mi feci crescere i capelli e me lo tatuai sul braccio come una sorta di promessa: ai miei non piacque per nulla, ma non poterono fermarmi. Da allora non ho mai più smesso di suonare e ascoltare tutto quello che mi capitasse a tiro. Ovviamente ci sono state altre fasi, altri artisti hanno segnato la mia crescita musicale e il mio songwriting in maniera probabilmente anche più decisiva (Lou Reed su tutti), ma se ricerchiamo il momento di svolta…è stato sicuramente quel pomeriggio d’estate.
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