L’ascoltatore ed il paio di scarpe, il nuovo racconto di Alice Brunner

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immagineIl giovane volontario Mathias incontra in un Centro diurno il piccolo Valdo. Come tutti gli altri ospiti della struttura, proviene da una situazione di disagio sociale e paura. Solo un amico particolare lo sta sostenendo, ma il volontario dovrà mettere in campo diversi tipi di forze… (Ispirato da una storia vera. Il piccolo Valdo, nome di fantasia, frequenta ancora Il Centro Ricreativo, e con alti e bassi si adatta a sopravvivere, qualche volta anche a vivere).

La prima volta che Mathias incontrò il piccolo Valdo fu per caso. Infatti il giovane volontario si era presentato al Centro Ricreativo per minori come incaricato del Servizio Civile, e quella mattina la segreteria lo fece aspettare a lungo nel corridoio in attesa di pratiche burocratiche.
Mathias cominciò a camminare su e giù per sgranchirsi, e all’altezza di fine corridoio nei pressi di una porta grigia sentì mugugni e lamenti. Non passando alcuno in quel momento, aprì senza indugi la porta.

All’interno dell’ufficio un bimbetto sui dieci anni era accoccolato in terra, e dondolava. Nella luce fioca il piccolo gli parve sofferente.

“Ehi amico hai bisogno di aiuto? Stai male?”

Il bambino alzò la testa: “Non sono amico, sono Valdo”.

“Okay Valdo, come mai sei qui tutto solo? Ho visto gli altri bimbi che giocano nel giardino. Non ti va di raggiungerli?”.

“Non posso: sono in punizione. Ho dato un calcio al mio compagno e alla mensa ho buttato in terra la carne”.

“Ne hai fatte eh. Ma non è giusto che tu sia così isolato ed affamato immagino. Mi chiamo Mathias e da oggi collaboro al Centro Ricreativo. Se vuoi ti accompagno nel cortile…”.

Finalmente Valdo s’ alzò in piedi abbandonando la posizione di difesa: “Mathias? Guarda che non sono solo. C’è sempre l’Ascoltatore con me”.

“Ascoltatore? Un altro amico?”

“Sì, è sempre vicino a me. Lo so che gli altri non lo vedono, ma io sì”.

“Dammi la mano che ti porto fuori da qui. Andiamo a giocare al campetto ti va? E poi, che vi raccontate tu e l’Ascoltatore?”

“Uffa ma non hai capito niente. Io gli parlo gli parlo e lui mi ascolta e basta, no?”

Mathias, considerando come si chiamasse quella presenza, dovette ammettere che il ragionamento di Valdo non faceva una piega.

“Ops che stupido io. Hai ragione. Ecco il campo ed i giocatori. Ti lascio, divertiti. Ci si incontrerà presto perché farò servizio qui per sei mesi; ma dimmi: tu cosa confidi all’amico che ascolta?”

“Tutte le cose che non posso dire agli altri” rispose il bimbo triste.

Nei giorni seguenti il volontario s’inserì con entusiasmo nelle dinamiche del centro-affidi diurno: scoprì i vuoti dei piccoli autistici, degli iperattivi, dei figli lasciati soli dagli affetti. Una grande povertà vagava su quei bambini, e la più cattiva era la povertà di spirito dei luoghi di provenienza.

Mathias vide Valdo piangente, un pomeriggio, nel salone comune.

“Cosa hai fatto? Ancora in punizione?”

“No, mi s’è scollata una suola delle scarpe!” ed il bimbo mostrò il piede destro con la suola penzoloni ed il calzino in bella vista. Il volontario si era accorto che, come altri frequentatori, Valdo portava sempre le stesse vecchie scarpe da ginnastica nere.

“Poco male, non hai un ricambio?”

“No ho solo queste. Quando stasera torno a casa e mio padre s’ accorge della scarpa rotta mi riempie di botte”.

“Mi dispiace. Facciamo qualcosa per rimediare? Vieni con me”.

Il volontario cercò la segretaria del Centro, e chiese in prestito una colla universale.

Dopo pochi minuti la suola aderì.

“Ecco, per ora abbiamo rimediato. Per quanto riguarda le botte, queste non devono mai avvenire” concluse con rabbia Mathias.

“Io glielo dico sempre all’Ascoltatore di proteggermi!”

“Non basta, Valdo. So che alle cinque in punto il pulmino vi riporta a casa. Bene, questo pomeriggio ci sarò anche io per rimediare alla situazione!” spiegò il giovane.

Il bambino parve rassicurato, e partecipò alla ricreazione collettiva. Alle cinque l’autista del pulmino venne a prendere tutti i piccoli ospiti, per riportare ognuno a casa propria. Dopo una mezz’ora Valdo e Mathias scesero davanti ad un palazzone di periferia. Le scale d’ accesso puzzavano di cane; superata una terrazza sul mezzanino, Valdo indicò la porta di metallo della propria abitazione.

Aprì suo padre: un energumeno di mezz’età in pantaloncini e ciabatte.

“Sei in ritardo. E chi è lui?” indicò col mento.

“Papà, un aiuto del Centro. Mi accompagna perché…”

Lo interruppe Mathias:

“Signore, tutto a posto: volevo solo avvertirla che purtroppo giocando a calcio s’ è rotta una scarpa. Abbiamo rimediato ma non si preoccupi. Domani mi attiverò in modo da trova-
re delle paia nuove e…”.

L’uomo grugnì, prese per una spalla il piccolo Valdo e lo spinse in casa, sbattendo poi la porta in faccia al giovane. Mathias provò un’ autentica angoscia per il bimbo, e stava per bussare quando dallo stupore la mano gli si paralizzò a mezz’aria. Una sagoma, un’ombra era apparsa accanto a lui.

L’ombra fece segno sopra la sua bocca come per dire ZITTO ZITTO, e passò la porta entrando in casa di Valdo. Mathias arretrò, poi decise di andarsene. Aveva lasciato il campo e la missione all’Ascoltatore.

“Pezzo di carciofo, abbiamo i soldi per le scarpe nuove? Eh? E ti fai accompagnare dai maestrini ora?”

Il padre livido si tolse la cintura dai pantaloni.

Valdo era accoccolato sul divano.

L’Ascoltatore spense le luci.

“Che roba…” L’uomo stupito tentennò al buio, buttò in terra la cintura e sbraitò: “Tu stai fermo lì, che poi me la paghi. Devo andare in cantina per questo maledetto contatore arrugginito”.

L’Ascoltatore – invisibile per l’uomo – gli aprì la porticina delle scale della cantina. Valdo annuì verso l’Ascoltatore, e sussurrò: grazie. Da quel momento il padre di Valdo scomparve.

Sua moglie ed i figli si attivarono per le ricerche, quindi fu sporta denuncia. L’uomo non aveva lasciato traccia. Poi, come fortunatamente avviene per le persone malvagie, smisero di cercarlo e se ne dimenticarono.

Valdo sentì per la prima volta in vita sua il cuore pieno, come se fosse abitato. Aveva due amici fedeli, l’Ascoltatore e Mathias, e due sorelline più piccole da veder crescere.

Sally, la piccina di cinque anni, un giorno mentre andava all’asilo disse al fratello: “Valdo guarda!” e gli mostrò una moneta da due euro.

“Figo due euro! Chi te li ha dati, la mamma?”

“No, guarda!” ripeté Sally. Aprì la bocca e mostrò il buchetto fra gli incisivi: “Ho messo ieri sera il dente sotto il cuscino e oggi hai visto? Me lo ha dato la Fatina dei denti. Lei mi ha detto che tutte le volte che noi mettiamo un nostro dentino sotto il cuscino, lei metterà il doppio dei soldi. Al prossimo mette quattro euro!” annuì convinta.

“Il doppio ogni volta? Poi otto eccetera! Diventiamo ricchi!” saltò su il bambino.

“Sì, e te li do tutti a te” disse Sally, e gli porse la manina.