L’arte a volte ha un compito importante e solenne, quello di indurre a distaccarsi da una realtà troppo cupa e pertanto inadeguata a muovere le corde interiori che vorrebbero tendere verso la positività di cui invece l’animo ha bisogno per ritrovarsi e percepire le vibrazioni poetiche intorno intorno a sé. Questo è tanto più vero quanto più l’autore di un’opera desidera che l’arte sia non solo un’evasione dalla contingenza, bensì un mezzo per ricongiungersi a un’energia universale più elevata del singolo istante vissuto, dal singolo o dalla collettività, che induca quindi a percepire tutta la magia, l’alchimia che corre sottile al di sotto del visibile e che solo quando colta riesce ad accendere la speranza di salvezza e di fuga da tutto ciò che diversamente opprimerebbe l’individuo. L’artista di cui vi racconterò oggi mostra una radicata capacità di trasformare gli accadimenti e le circostanze opprimenti e spiacevoli in un’occasione per tirarne fuori la luce, quel piccolo barlume in grado di modificare completamente la realtà osservata conducendo l’osservatore in un mondo idilliaco in grado di ribaltare completamente la propria percezione e sguardo sull’esistenza.
Nel momento in cui la fine del Diciannovesimo secolo decretò l’affrancamento dell’arte da tutti gli schemi esecutivi accademici precedenti, le interpretazioni degli artisti appartenenti a quelle che all’epoca erano ritenute avanguardie furono molteplici e sfaccettate persino nell’ambito della medesima corrente. L’Arte Astratta segnò il completo distacco dalla realtà osservata stabilendo la supremazia assoluta del gesto plastico da qualsiasi necessità dell’occhio di cercare riferimenti conosciuti e sottolineando quanto la pura bellezza artistica prescindesse dall’osservazione della natura o dalla rappresentazione realistica di ciò che apparteneva alla quotidianità.
Malgrado la maggior parte degli esponenti del movimento sottolineassero la necessità della rinuncia a qualsiasi soggettività dell’autore, come nel caso del De Stijl di Piet Mondrian e del Suprematismo di Kazimir Malevich, vi furono comunque grandi autori come Wassily Kandinsky, fondatore dell’Astrattismo, e Paul Klee, che mantennero invece un approccio lirico, avvolgendo le loro opere con la magia ispiratrice delle note musicali fondamentali nel loro processo espressivo, facendo fuoriuscire dalle tele una sensazione di morbidezza e di fluttuazione della delicatezza narrativa in grado di coinvolgere i sensi dell’osservatore. D’altro canto anche nell’Espressionismo che fu essenzialmente uno stile attraverso cui gli interpreti manifestavano le sensazioni di insicurezza esistenziale, le paure e le angosce generate dalle atrocità vissute durante le guerre mondiali, ebbe degli esponenti che al contrario preferirono rimanere legati a sentimenti positivi, alle sensazioni sognanti che da un lato permettevano loro di allontanarsi dalla contingenza proteggendo la loro delicata interiorità dalle brutture intorno a sé spesso provocate dall’essere umano, dall’altro mostravano una possibilità diversa, quella della magia, delle energie sottili che attraverso l’immaginazione potevano condurre in un altro luogo molto più bello e piacevole di quello reale.
Tra i grandi sognatori dell’Espressionismo vi furono il romantico Marc Chagall e l’onirico Franz Marc, uno dei principali esponenti del gruppo tedesco Der Blaue Reiter che raffigurò una dimensione fantastica dove gli animali erano assoluti protagonisti di un universo ideale; in entrambi gli autori la sensazione suscitata nell’osservatore è quella di voler entrare e perdersi in quei mondi paralleli e fatati, quasi soprannaturali, in grado di suscitare emozioni positive e avvolgenti malgrado la contingenza circostante. L’artista francese Laurence Nicod mostra il medesimo approccio mentale e pittorico degli artisti citati finora, fondendo di fatto l’Astrattismo Lirico di Wassily Kandinsky alle atmosfere sfumate e impalpabili di Paul Klee, introducendo la positività sognante di Marc Chagall e la realtà fantastica di Franz Marc, per dare vita a uno stile unico dove il filo conduttore è la sua capacità di intravedere la luce laddove altri metterebbero in evidenza il buio, prendendo letteralmente per mano l’osservatore e conducendolo dentro una possibilità inedita, quella cioè di guardare tutto ciò che accade spostandosi verso l’alto dell’energia dell’universo.
La positività riesce a indurre l’essere umano a elevare le proprie vibrazioni modificando la realtà che lo circonda ed è per questo motivo che Laurence Nicod vive l’arte come un mezzo necessario per diffondere questo tipo di messaggio, per lasciare una traccia di speranza, di resilienza nei confronti degli accadimenti globali considerando che nell’armonia superiore tutto ha un suo perché, tutto ha un inizio e una fine che non tenderà mai verso la disperazione o l’annullamento della vita poiché lo scopo finale è quello dell’elevazione delle coscienze.
L’aspetto delle sue opere mostra dunque una sottile alchimia, un’impalpabilità ottenuta attraverso sfumature polverose e leggere, fatte di sovrapposizioni in trasparenza e in alcuni casi con l’introduzione di elementi materici che sembrano voler sottolineare il salto quantico tra la parte concreta e contingente e l’ingresso verso una dimensione più onirica dove il sogno ospita tutte le possibilità che sono invisibili alla ragione.
La tela Soffleur de rêves è la manifestazione perfetta di questa tendenza espressiva di Laurence Nicod perché il piccolo omino stilizzato, figura ricorrente nelle opere dell’artista, è raffigurato mentre sale un’improbabile e ripida salita, al di sopra delle onde di realtà sottostanti, soffiando nella bacchetta delle bolle di sapone per generare sfere che sono sogni, desideri, speranze che non lascia in trasparenza piuttosto le riempie di colori pieni sottolineandone così la concretezza, la consistenza di quanto appartiene a un’interiorità che solo quando si allontana dal pragmatismo riesce a pensare che tutto sia possibile. Il piano inclinato rappresenta la difficoltà di credere in se stessi, lo sforzo necessario per allontanarsi da tutte quelle convinzioni collettive limitanti che vorrebbero allontanare l’individuo dal sé più puro, fiducioso e dalla sua coscienza di appartenenza a un bene più grande, a un’armonia che va ricercata e lasciata fuoriuscire solo ascoltando la propria anima.
In Emmene moi! Laurence Nicod evidenzia invece quanto l’essere umano sia a volte troppo imbrigliato nelle ombre della contingenza che vanno a provocare un sonno della coscienza da cui diviene difficile svegliarsi, alzare il capo per guardare in alto verso il cielo che da sempre rappresenta luce e speranza e a cui si affidano i sogni, così il corpo reclinato del piccolo uomo viene sollevato da palloncini simili ad angeli custodi, a folletti magici che intervengono a ricordare alle persone che è sufficiente uscire dalle gabbie dentro cui spesso ci si chiude per trovare una strada diversa, un’opportunità nuova in virtù della quale rinascere prendendo in mano i propri desideri e modificare ciò da cui sembrava impossibile uscire. Lo sfondo è sfumato, o forse sarebbe meglio dire spugnato, perché l’evanescenza delicata sottolinea la necessità di uscire dal buio intorno e ritrovare dei nuovi sé grazie all’intervento di quegli elementi alchemici che costantemente fanno parte della vita degli umani malgrado essi ne siano inconsapevoli.
E dunque che il dipinto Protection enfatizza ancor più questo significato perché il muro a cui si appoggia il protagonista, pur costituendo apparentemente la solidità e il porto sicuro di cui egli ha bisogno, di fatto viene percepito come un limite, come qualcosa che tende a schiacciare l’esistenza dentro regole che spesso non sono affini ai desideri e alla personalità del singolo; dunque la protezione a cui fa riferimento il titolo è il gesto necessario per sostenere la grande sfera verde dentro cui, in modo materico, Laurence Nicod mette il groviglio di sensazioni e di emozioni al suo interno perché è proprio da lì, da quello scrigno prezioso, che potrà nascere il coraggio da parte dell’individuo di staccarsi dal muro evitando di farla cadere a terra perché al suo interno c’è la sua vera essenza, tutto ciò che lo rende unico e diverso da chiunque altro. Osservando il dipinto si può intuire che di lì a poco il personaggio troverà il coraggio di allontanarsi dal conformismo che la parete gli richiede portando via con sé tutto ciò che di veramente prezioso ancora ha, se stesso.
Ma è nell’opera Offrandes à Freyja che Laurence Nicod svela il suo profondo legame con la magia della natura, con quella linea energetica che la spinge a divenire una vera e propria alchimista cromatica e rappresentativa, una messaggera per l’osservatore a cui svela che ogni cosa ha un senso più profondo di quanto appaia in superficie, un invito a essere più consapevole della forza interiore e delle possibilità che potrebbero generarsi se solo trovasse il coraggio di spogliarsi delle convinzioni limitanti e del materialismo che gli impediscono di connettersi con il tutto intorno a sé; Freyja infatti è una divinità della mitologia scandinava a cui sono attribuite abilità magiche e virtù profetiche e dunque l’artista le rende omaggio attraverso una tela delicata, piena di trasparenze impalpabili che sottolineano la sottigliezza delle connessioni che legano tutte le cose.
Laurence Nicod è un’artista presentata e referenziata su Artprice, ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive e fiere internazionali d’arte in Francia, Svizzera, Stati Uniti, Belgio, Lussemburgo, esposizioni personali in Francia e ha ricevuto riconoscimenti per la sua arte.
LAURENCE NICOD-CONTATTI
Email: laurence.nicod74@gmail.com
Sito web: www.fr.artprice.com/artiste/1194051/laurence-nicod
Facebook: www.facebook.com/laurence.nicod.90
Instagram: www.instagram.com/nicodlaurence/
The Lyrical Abstractionism by Laurence Nicod, when consciousness frees itself of objectivity and rises towards magic
Art sometimes has an important and solemn task, that of inducing to detach from a reality that is too gloomy and therefore inadequate to move the inner chords that would tend towards the positivity that the soul needs to find itself and perceive the poetic vibrations around it. This is all the more true the more the author of an artwork wishes art to be not only an escape from contingency, but a means to reconnect with a universal energy higher than the single moment experienced, by the individual or by the collective, thus inducing to perceive all the magic, the alchemy that runs subtly below the visible and that only when grasped can ignite the hope of salvation and escape from all that would otherwise oppress the individual. The artist I am going to tell you about today shows a deep-rooted ability to transform oppressive and unpleasant events and circumstances into an opportunity to bring out the light, that small glimmer capable of completely altering the observed reality, leading the observer into an idyllic world capable of completely overturning one’s perception and outlook on existence.
At a time when the end of the 19th century decreed the liberation of art from all previous academic schemes of execution, the interpretations of artists belonging to what was then considered avant-garde were multiple and multifaceted even within the same current. Abstract Art marked a complete detachment from observed reality by establishing the absolute supremacy of the plastic gesture from any need for the eye to seek known references and by emphasising how pure artistic beauty was independent of the observation of nature or the realistic representation of the everyday. Despite the fact that most exponents of the movement emphasised the need for the renunciation of any subjectivity of the author, as in the case of Piet Mondrian‘s De Stijl and Kazimir Malevich‘s Suprematism, there were nevertheless great authors such as Wassily Kandinsky, founder of Abstractionism, and Paul Klee who instead maintained a lyrical approach, enveloping their works with the inspirational magic of musical notes that were fundamental to their expressive process, causing a sensation of softness and fluctuation of narrative delicacy to emanate from their canvases, capable of engaging the viewer’s senses.
On the other hand, even in Expressionism, which was essentially a style through which performers manifested feelings of existential insecurity, fears and anxieties generated by the atrocities experienced during the world wars, had exponents who, on the contrary, preferred to remain attached to positive feelings, to dreamy emotions that on the one hand allowed them to distance from contingency by protecting their delicate interiority from the ugliness around, often caused by human beings, on the other hand they showed a different possibility, that of magic, of subtle energies that through imagination could lead to another place much more beautiful and pleasant than the real one. Among the great dreamers of Expressionism were the romantic Marc Chagall and the dreamy Franz Marc, one of the main exponents of the German group Der Blaue Reiter, who depicted a fantastic dimension where animals were the absolute protagonists of an ideal universe; in both authors the sensation aroused in the observer is that of wanting to enter and lose in those parallel and fairy worlds, almost supernatural, capable of arousing positive and enveloping emotions despite the surrounding contingency.
French artist Laurence Nicod shows the same mental and pictorial approach as the artists mentioned so far, effectively merging the Lyrical Abstractionism of Wassily Kandinsky with the nuanced and impalpable atmospheres of Paul Klee, introducing the dreamy positivity of Marc Chagall and the fantastic reality of Franz Marc, to give life to a unique style where the common thread is her ability to glimpse light where others would highlight darkness, literally taking the observer by the hand and leading him into an unprecedented possibility, that of looking at everything that happens by moving upwards in the energy of the universe. Positivity succeeds in inducing the human being to raise his vibrations by modifying the reality that surrounds him, and it is for this reason that Laurence Nicod lives art as a necessary means to spread this kind of message, to leave a trace of hope, of resilience towards global events, considering that in the superior harmony everything has its reason, everything has a beginning and an end that will never tend towards despair or the annulment of life since the final aim is the elevation of consciences. The appearance of her artworks thus displays a subtle alchemy, an impalpability obtained through dusty, light nuances, made up of transparent superimpositions and in some cases with the introduction of material elements that seem to want to emphasise the quantum leap between the concrete, contingent part and the entry into a more dreamlike dimension where the dream hosts all the possibilities that are invisible to reason.
The canvas Soffleur de rêves is the perfect manifestation of this expressive tendency of Laurence Nicod because the small stylised man, a recurring figure in the artist’s works, is depicted climbing an improbably steep slope above the waves of reality below, blowing soap bubbles into his wand to generate spheres that are dreams, desires, hopes that she does not leave transparently, rather she fills them with full colour, thus emphasising their concreteness, the consistency of what belongs to an interiority that only when it distances from pragmatism is able to think that anything is possible. The sloping plane represents the difficulty of believing in oneself, the effort needed to distance from all those limiting collective beliefs that would like to move away the individual from his purest, trusting self and from his consciousness of belonging to a greater good, to a harmony that can only be sought and allowed to emerge by listening to one’s own soul. In Emmene moi!
Laurence Nicod instead highlights how human beings are sometimes too entangled in the shadows of contingency, causing a sleep of conscience from which it becomes difficult to wake up, to raise the heads and look up towards the sky that has always represented light and hope and to which entrusting the dreams, Thus the reclining body of the little man is lifted up by balloons resembling guardian angels, magical elves who intervene to remind people that it is enough to get out of the cages in which they often shut in to find a different path, a new opportunity by virtue of which we can be reborn by taking our desires into our own hands and changing that from which it seemed impossible to get out. The background is shaded, or perhaps it would be better to say sponged, because the delicate evanescence emphasises the need to emerge from the darkness around us and find new selves thanks to the intervention of those alchemical elements that constantly form part of human life despite the fact that they are unaware of it.
And so the painting Protection emphasises this meaning even more because the wall on which the protagonist leans, while apparently constituting the solidity and safe harbour he needs, in fact it is perceived as a limit, as something that tends to crush existence within rules that are often not akin to the individual’s desires and personality; thus the protection referred to in the title is the gesture needed to support the large green sphere inside which, in a material way, Laurence Nicod places the tangle of sensations and emotions because it is from there, from that precious casket, that can be born the individual’s courage to detach himself from the wall avoiding letting it fall to the ground because inside it is his true essence, everything that makes him unique and different from anyone else. Observing the painting, one can guess that shortly afterwards the character will find the courage to break away from the conformity that the wall demands of him, taking with him all that he still has that is truly precious, himself.
But it is in the work Offrandes à Freyja that Laurence Nicod reveals her deep connection with the magic of nature, with that line of energy that drives her to become a true chromatic and representational alchemist, a messenger for the observer to whom she reveals that everything has a deeper meaning than it appears on the surface, an invitation to be more aware of his inner strength and the possibilities that could be generated if only he could find the courage to strip himself of the limiting beliefs and materialism that prevent him from connecting with everything around him; Freyja is in fact a divinity from Scandinavian mythology to whom magical abilities and prophetic virtues are attributed, and so the artist pays homage to her through a delicate canvas, full of impalpable transparencies that emphasise the subtlety of the connections that bind all things. Laurence Nicod is an artist featured and referenced on Artprice, has participated in group exhibitions and international art fairs in France, Switzerland, the United States, Belgium and Luxembourg, has had solo exhibitions in France and has received awards for her art.