Ciò che contraddistingue in maniera più incisiva la sensibilità di molti artisti è quella innata capacità di andare oltre l’insieme, al di là dell’immagine più ampia, per lasciarsi catturare e rapire da un particolare che può diventare il fulcro di un’opera d’arte, traccia narrativa di un frammento di attimo che senza l’occhio intuitivo dell’autore della tela, sfuggirebbe via nel rumore dell’esistenza. La protagonista di oggi si concentra sul dettaglio, su ciò che normalmente non viene notato, per renderlo caratteristica principale delle sue opere.
Emma Haase, ungherese di origine ma da molti decenni residente a Innsbruck, attraverso la sua spiccata sensibilità riesce a soffermarsi su un istante che ha bisogno di amplificare per raccontare, attraverso le immagini, le sensazioni che ha ricevuto quando il suo sguardo si era soffermato su un soggetto, cogliendone una frazione di attimo che altrimenti, o a un’occhiata più rapida e meno attenta, sparirebbe senza lasciare traccia. Il suo stile attinge, di opera in opera, a volte più al Realismo, altre più all’Espressionismo, altre ancora invece diviene una sintesi di entrambi i movimenti pittorici che hanno segnato la fine dell’Ottocento e aperto la strada alle altre correnti che contraddistinsero il secolo seguente.
Mentre il Realismo voleva mantenersi legato all’arte più classica, a tutte le regole accademiche necessarie a raccontare i soggetti e i paesaggi in modo fedele nei dettagli e nei particolari, prediligendo la perfezione della forma esterna a discapito di una sostanza, di un’emozione che non era funzionale all’opera, d’altro canto l’Espressionismo si poneva come obiettivo principale quello di enfatizzare il sentire interiore, il moto profondo dell’artista avvalendosi di colori innaturali, di figure irreali e di contorni netti, che si discostassero quanto più possibile da un ideale estetico che avrebbe mortificato l’emozione, la passione intesa come pathos, necessarie invece a far vivere e palpitare l’opera d’arte. Aderenza alla realtà e all’armonia oggettiva contro dominio assoluto delle emozioni anche a rischio di trasformare le immagini in qualcosa di cupo e aggressivo se le sensazioni percepite erano legate a sensazioni tumultuose, due mondi apparentemente inconciliabili, almeno nel momento in cui queste due correnti nacquero e si affermarono in un contesto storico particolare nel quale era necessario definire e mantenere confini netti tra un movimento e l’altro. Nel corso del Ventunesimo secolo invece si è assistito a una controtendenza, a una necessità degli artisti di rompere gli argini e mettere in dialogo e sinergia linguaggi differenti per crearne altri nuovi e inediti, seguendo l’intuizione e scegliendo la libertà di trovare una propria personale identità in un’epoca in cui l’individualismo, nella sua accezione positiva di tendenza all’espressione del proprio io, prevale sul precedente bisogno di appartenenza a un gruppo. Nelle tele di Emma Haase questo accordo appare evidente ma anche funzionale per assecondare una tendenza emotiva che induce l’artista ad amplificare la sensazione percepita ma anche interpretata leggendo l’espressione dei soggetti immortalati, e in un secondo momento arricchita da un particolare esterno al soggetto stesso che può essere colto solo da un punto di vista differente da quello del protagonista. Ecco dunque che l’interiorità rivelata si fonde con la sensibilità della Haase, dando vita a una melodia più ampia, più armonica e al tempo stesso sia reale che interiore che si imprime sulla tela.
L’opera Lacheln (Sorriso) vede protagonista un momento fugace della donna rappresentata, un attimo in cui probabilmente il suo pensiero è volato verso un ricordo sereno, divertente, che la distrae dalla realtà del momento per condurla a quell’attimo ancora capace di farla sorridere, un po’ imbarazzata e un po’ divertita.
Sonnenschein (Luce del sole) invece è una bellissima sintesi tra il Realismo descrittivo di Emma Haase, evidente nell’attenzione al dettaglio del volto della ragazza, dei particolari degli occhiali da sole e dei capelli, e l’Espressionismo che si svela nei colori utilizzati per il gioco di luce e ombra ma anche nella sensazione ricevuta dall’artista osservando il riflesso del sole, così come della solarità della donna, che escono dalla tela per avvolgere l’osservatore con tutta la loro intensità e il loro calore.
Nel lavoro Regen (Pioggia) l’attenzione della Haase si concentra non tanto sull’uomo con l’ombrello che è posto su un lato della scena, come se lui stesso fosse rapito dal battere incessante dell’acqua, bensì sulle superfici bagnate, e sul senso di malinconia che quel fenomeno naturale infonde, come se il fascino di quel lavare via tutto ciò che non è necessario fosse il giro di boa tra ciò che del passato deve essere trattenuto e ciò che invece può essere lasciato andare.
E ancora in Schatten (Ombra) l’artista si concentra sul riflesso, quella tendenza tutta contemporanea di guardare attraverso un filtro, che sia quello dell’ombra proiettata su una superficie lucente o lo schermo di un cellulare o di un computer, che rendono l’uomo moderno incapace di guardare dritto negli occhi, di entrare in contatto profondo e intenso con l’altro perdendosi così l’opportunità di coglierne l’essenza preferendo un’identità virtuale, o schermata, nella quale non è necessario aprirsi e mettersi a nudo.
Marionette è la sintesi di questo pensiero di Emma Haase, un presente in cui spesso l’uomo si sente protagonista ma in realtà è solo guidato da fili superiori, volontà universali in virtù delle quali è necessario uniformarsi a ciò che impone la società moderna, pena l’isolamento da una comunità globale che viaggia su binari veloci e comuni, pur illudendo l’individuo che stia compiendo una scelta volontaria. È solo attraverso lo sguardo al passato, sembra suggerire l’artista, che si può tornare al pensiero più libero, senza condizionamenti se non quelli del proprio personale sentire, è forse da questo suggerimento che nasce l’opera omaggio ad Auguste Rodin, Nachdenken nach Rodin (Il pensatore di Rodin).
Emma Haase ha seguito molti corsi di pittura e di perfezionamento del suo stile pittorico e ha al suo attivo molte mostre collettive soprattutto in Austria, in Germania e in Ungheria.
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