Dieci anni fa titolari e soci di imprese attive con non oltre 29 anni d’età rappresentavano il 6,6% del totale. Oggi sono calati al 5,2%. Quelli tra 30 e 49 anni nello stesso arco di tempo sono diminuiti drasticamente: dal 48,8% al 30,8%. Viceversa gli ultra 50enni sono diventati maggioritari nell’ossatura del sistema imprenditoriale italiano. Per la precisione, i titolari e i soci di imprese attive che contano fra 50 e 69 anni costituiscono il 46,4% del totale (erano il 36%). E la quota di ultra 70enni è più che raddoppiata, passando dall’8,7 al 17,6% della compagine. Si può dire insomma che perlomeno un terzo di imprenditori ancora sulla breccia siano in età da pensione. Del resto è evidente e rimarchevole la caduta della propensione imprenditoriale delle giovani generazioni, sebbene esistano numerosi incentivi per stimolarla.
I dati relativi alla ‘senilizzazione’ dell’imprenditoria artigiana risultano vieppiù marcati rispetto ai numeri di titolari e soci d’impresa. Dalla indagine emerge che in dieci anni gli iscritti alla relativa gestione speciale dell’Inps si sono ridotti del 17,9% ma con un andamento non omogeneo rispetto alle classi di età. Difatti, gli artigiani con meno di trent’anni si sono quasi dimezzati, calando del 47,5%, all’incirca 230mila unità in meno. A sua volta la fascia anagrafica mediana, dall’età oscillante fra 40 e 59 anni, ha registrato un decremento – sia pure sotto la media – pari al 17,1%. Gli artigiani superiori ai 59 anni, invece, sono cresciuti del 35,1%, oltre 89mila unità, salendo sopra quota 343mila, di cui una parte consistente costituita probabilmente da già pensionati. Dati che dimostrano, in pratica, il ribaltamento dei ruoli fra i più giovani (meno di quarant’anni) e i più anziani, con oltre sessant’anni di età, nella ripartizione anagrafica degli artigiani italiani.
Nel decennio 2014-2024 i lavoratori dipendenti sono complessivamente aumentati di quasi due milioni di unità. In termini percentuali, per fasce di età, emergono però profonde differenze. Nella fascia 35-49 anni si è registrato un calo dal 44,7 al 36,7% del totale, oltre un milione di unità in meno. Un arretramento percentuale si nota anche tra i 25 e i 34 anni di età. In aumento invece le fasce 15-24 anni (+0,5%), 65-89 anni (+1,3%) e soprattutto 50-64 anni con un +6,8% che significa 2,2 milioni di lavoratori in più.
Sicuramente ad alzare l’età di quanti ancora vanno in azienda o nel laboratorio artigiano, così come dei lavoratori dipendenti, è l’invecchiamento della popolazione. L’Italia è uno dei Paesi europei dall’età media più elevata. Gli ultra 65enni sono oltre 14 milioni e rappresentano quasi un quarto della popolazione. Se oggi per ogni cento ragazzi sotto i 14 anni si contano 188 ultra 65enni, nel 2001 erano 132. Va rilevato che l’invecchiamento in maggiore salute di quanto si riscontrasse nelle generazioni passate permette di continuare meno disagevolmente a lavorare, sia pure per necessità, vale a dire a causa dei cambiamenti nel sistema previdenziale, dell’inflazione che erode il potere d’acquisto, della necessità (e dell’abitudine sempre più diffusa) di aiutare figli e nipoti e così via. Ma questo non è l’unico fattore a monte della “senilizzazione” di titolari e soci delle imprese italiane così come degli artigiani. Una causa significativa è sicuramente costituita anche dai problemi nella trasmissione d’impresa, che spesso ‘costringe’ il titolare a rimanere al timone se non vuole ‘ammazzare’ la propria creatura imprenditoriale cui magari ha dedicato con passione una parte rilevante della propria vita.
L'Opinionista® © since 2008 Giornale Online
Testata Reg. Trib. di Pescara n.08/08 dell'11/04/08 - Iscrizione al ROC n°17982 del 17/02/2009 - p.iva 01873660680
Pubblicità e servizi - Collaborazioni - Contatti - Redazione - Network -
Notizie del giorno -
Partners - App - RSS - Privacy - Cookie Policy
SOCIAL: Facebook - X - Instagram - LinkedIN - Youtube