Il mondo dell’architettura, concettualmente e tradizionalmente inteso come disciplina rigorosa e legata a calcoli specifici, sembra a volte lasciare poco spazio alla libertà creativa di dare vita a qualcosa legato all’immaginario, al sogno, alla realizzazione di una visione che poi prende vita e diviene parte integrante degli ambienti in cui è collocata. Eppure vi sono creativi che riescono a concepire qualcosa di nuovo e sorprendente, come il protagonista di oggi.
Il percorso formativo di Georg Maria Güntesperger si basa su una forte inclinazione verso l’arte intesa nel senso più ampio possibile, studia musicologia, si appassiona di teatro e di luci scenografiche, parallelamente allo studio di materie più rigorose come la fisica e la matematica,; questa sua doppia anima si manifesta anche successivamente quando sceglie di intraprendere la carriera di architetto ma anche quella di compositore e strumentista, gettando le fondamenta per quello che sarà, più avanti, la realizzazione, la sintesi, di questo dualismo e che sfocerà in un’unicità creativa di assoluto fascino. Studia e si lascia ispirare dagli architetti più visionari e rivoluzionari del Modernismo architettonico di Antoni Gaudì e di Le Corbusier, fino ad arrivare ai contemporanei Frank Gehry e Zaha Hadid, innovatori, coraggiosi, capaci di rompere schemi ed equilibri stilistici per forgiare e piegare gli edifici in base al loro impeto espressivo.
Güntesperger, pur restando legato alla geometricità e linearità delle superfici che realizza, riesce a donare la sensazione di mobilità, di modificazione perpetua degli spazi su cui lavora, di legame con il sogno che esprime inserendo dettagli a contrasto, aree apparentemente frammentate, giocando con i colori dei materiali per linee che divengono complemento e completamento del contesto.
I segmenti di vetro escono a sorpresa in punti inattesi, come nel caso dell’armadio con lampada in vetro di Ruhberg, e si innescano nella struttura cubica dei ripiani in legno rompendone la regolarità con una forma contraria alla base, verticale verso l’alto anziché quadrata e orizzontale, ampliando la sensazione di altezza e illuminandone l’uniformità per darle nuova vita.
Nel caso della Boutique Aladin di San Gallo invece, la modularità diviene protagonista assoluta di un’idea di movimento, dove le superfici a vetro sembrano seguire e in qualche modo fluire insieme alle linee della pavimentazione, la quale a sua volta riflette gli schemi del bancone e dei ripiani laterali in un continuum che avvolge e accoglie il visitatore.
E ancora, la Cascata dell’esterno della Boutique dona movimento attraverso il gioco di luci e ombre dei cubi di cemento, come se essi stessi si muovessero morbidi, sotto lo sguardo delle persone accompagnando la loro discesa verso l’ingresso del negozio.
L’alternarsi di linee e di colori a contrasto si manifesta anche nelle vetrate in cui frammenti si intarsiano tra loro in linee radianti che ampliano la visione verso l’esterno, come nel Tramonto di Pitagora in cui il mezzo rosone a vetri sembra incorniciare il panorama sottostante eppure ne è co-protagonista proprio in virtù dell’alternarsi di colori forti e netti che sembrano divenire il punto focale che fa confluire lo sguardo verso l’immagine paesaggistica naturale del Lago Maggiore. La tendenza verso l’alto, linee verticali che in qualche modo rappresentano l’anelito verso la ricerca di un sé superiore, più elevato e incline al progredire, sono una caratteristica distintiva di Georg Maria Güntensperger che gioca con le geometrie come se fossero creta e ispirazione per la sua mente irresistibilmente creativa e che si applica in vari luoghi, esterni e interni, e in differenti situazioni di vita quotidiana.
La sua affermazione come architetto, ma anche l’opportunità che gli ha permesso di esprimere liberamente l’indole visionaria, è giunta a seguito dell’incontro con il celebre scrittore C.F.Frey, in arte Akron, che gli ha affidato la realizzazione degli interni e dell’arredamento di quello che chiamava il suo piccolo castello magico nella Ruhbergstrasse a San Gallo; castello che è stato protagonista, grazie anche all’apporto di Güntensperger che lo ha reso unico, di molti servizi fotografici e reportage televisivi. Nella mansarda da letto dell’edificio, per esempio, gli intarsi in legno spingono e guidano lo sguardo verso l’alto per poi scoprire un soffitto merlettato che lascia sbalorditi e al tempo stesso meravigliati di quanto tutta la struttura sia magistralmente studiata per armonizzare gli spazi. E sempre lui si è occupato della realizzazione del monumento tombale dopo il decesso di Akron, una costruzione di vetri su cui si rifrange la luce che sembra mantenere viva la fiamma vitale di un personaggio, di un artista, che ha saputo lasciare un segno per le generazioni future attraverso la sua scrittura. Svizzero di San Gallo, Georg Maria Güntesperger inizia la sua carriera negli anni Settanta, quando gli viene commissionato il restauro di un’antica casa ticinese situata nei Monti di Sciaga, nella Svizzera italiana, e quello è stato il punto di partenza di una manifestazione creativa in continuo movimento e che si è mossa trasversalmente anche su altri campi artistici: dalla regia di luci in teatro, alla produzione di spettacoli teatrali e di danza, senza mai abbandonare l’amore per l’architettura, sua forma espressiva più capace di liberare e raccontare la sua indole visionaria e sognatrice.
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