La storia dell’arte è piena di artisti celeberrimi che hanno tratto ispirazione dalle figure femminili, alcune grandi personalità delle loro epoche altre invece illustri sconosciute la cui bellezza però aveva colpito lo sguardo dell’artista al punto di volerla immortalare. La tradizione ritrattistica si è poi quasi dissolta, o per meglio dire ha modificato una rappresentazione Classica per approdare a inediti linguaggi espressivi dell’arte Moderna; Fabrizio Dessì si è ispirato a quel gruppo di grandi del Novecento che hanno mantenuto solido il legame con il ritratto femminile.
Friulano da sempre, pur avendo forti e solide origini sarde, Fabrizio Dessì, che si firma solo Fabrizio nelle sue delicate opere, scopre da subito l’inclinazione verso l’arte figurativa, in particolar modo si avvicina al disegno che si evolve nel tempo restando la base imprescindibile dei suoi dipinti. Il percorso artistico inizia negli anni Settanta e da quel momento in avanti non si è mai interrotto, pur avendo effettuato, come spesso accade, un parallelo percorso professionale diverso che però non è mai riuscito a distrarlo dal suo grande amore, quello appunto per la pittura. Nella sua lunga carriera artistica ha realizzato diverse mostre personali e partecipato a molte collettive, grazie alle quali si è fatto conoscere ed apprezzare da collezioni italiani ed esteri.
Il dualismo che caratterizza le sue radici, così come il cammino di vita, non avrebbe potuto non emergere anche nei suoi lavori che si dividono letteralmente in due filoni ben distinti, quello in cui sente il bisogno di idealizzare e rendere protagoniste con un’estrema delicatezza figure e volti di donna dai quali emerge tutta l’ammirazione e lo sguardo carezzevole con cui osserva il mondo femminile, fatto di forza e di fragilità, di mistero e di leggerezza, di cuore e di testa; mentre nel secondo utilizza il Mosaico pittorico come mezzo per lasciar emergere il suo pensiero più profondo, quello più legato alle proprie emozioni, alle sensazioni più intime. Nella sua parte più figurativa non si può non notare la similitudine con quello che è stato uno dei grandi artisti del Novecento, da cui Dessì ha tratto ispirazione per definire il proprio stile espressivo, cioè Amedeo Modigliani, pur distaccandosene soprattutto per quanto riguarda la scelta cromatica che in Dessì è molto più vicina al Fauvismo di Matisse, probabilmente perché sono quelle chiare e vivaci le tonalità che sente più vicine all’animo femminile, seppur abilmente diluite nell’intensità.
Nell’opera Ballerina di Flamenco lo sguardo della donna è fiero e determinato, ma al tempo stesso, nonostante la forza che traspare, non si può non notarne la delicatezza, dolcemente raccontata dall’artista attraverso il colore dei capelli appena sfumato, e dall’abito che sembra scivolarle via quasi a sussurrarne la vulnerabilità.
E ancora in Occhi blu è evidente il senso di malinconia della ragazza, che emerge da quel velo negli occhi così languido da fuoriuscire in modo netto dall’opera nonostante ne riempia solo una piccola parte; non serve il trucco a nascondere la profondità di un ricordo, non serve l’apparente solidità rappresentata dalla bocca quasi serrata, sembra suggerire Dessì perché l’anima non riuscirà mai a nascondersi.
Nel secondo filone artistico che coesiste con quello figurativo, quello più legato al Mosaico pittorico, che l’artista utilizza per rappresentare oggetti o emozioni, non solo si svela in modo evidente la sua consapevolezza di quanto la realtà sia relativa, sfaccettata, multilaterale a seconda di chi la osservi, ma si svela anche la coscienza della necessità di deframmentare alcune certezze, di scardinare le regole, per comporne di nuove, o per meglio dire per ricostruirle in virtù di un inedito punto di vista che non vi sarebbe stato se non si fosse compiuto il primo passo verso la rottura con le precedenti sicurezze. Dal punto di vista prettamente pittorico questa seconda tendenza creativa è complessa e minuziosa, imprescindibile dal disegno che diviene fondante e base di partenza delle opere su cui solo dopo averne creato la base quasi filigranata, posa il colore, anch’esso sfaccettato, tono su tono per creare un effetto marmoreo che dona vivacità e movimento all’immagine finale, sottolineando l’importanza del concetto che desidera suggerire.
Nell’opera La parte visibile del cuore, per esempio, l’intensità del rosso colpisce al primo sguardo, ma un secondo dopo l’occhio vaga all’interno dell’immagine primaria, cerca e trova altre immagini più piccole, che parlano sempre della potenza di un organo del corpo umano che non è solo tale, bensì è anche quello che vive, palpita, travolge e sconvolge la calma piatta della mente. Il cuore non è uno, è pieno di tanti altri cuori dentro di sé, sembra suggerire Fabrizio Dessì, e ripetuto uno dentro l’altro in varie dimensioni, proprio perché nelle nostre vite si declina e vive sotto varie forme.
Anche nell’opera Anime erranti si manifesta la tendenza dell’artista verso la consapevolezza della molteplicità del pensiero, delle opinioni, di un sentire diverso che, seppur capace di mettere in comunicazione sensibilità differenti, resta legato al singolo finché, trovando l’incastro perfetto, un’altra voce, sottile e inascoltata da altri, si allineerà perfettamente alla sua e arresterà il suo errare perché la ricerca sarà terminata. Un artista originale, capace di comunicare in modo intenso attraverso due linguaggi diversi, uno più classico e l’altro più innovativo, eppure entrambi in grado di arrivare in modo diretto e inequivocabile all’osservatore. Nel mese di settembre 2019 le sue opere a tema sulla rivisitazione e personalizzazione degli affreschi presenti nelle tombe etrusche, sono state esposte alla Biennale Internazionale dell’Etruria che ha avuto luogo a Firenze presso la prestigiosa cornice di Palazzo Bastogi, sede istituzionale della Regione Toscana.
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