Nell’arco dell’intero Novecento è avvenuto un forte distacco dal Classicismo in tutte le discipline artistiche e questo vento di novità non poteva non coinvolgere anche la scultura che ha avuto un ruolo predominante in tutto il periodo precedente al Ventesimo secolo, quei cento anni di storia dell’arte in cui tutte le regole e i canoni sono stati abbattuti in nome dell’esigenza di dar vita a inediti stili. La libertà espressiva cominciata con il Divisionismo e il Cubismo si è poi lentamente spostata verso una scomposizione più assoluta dell’immagine reale per dare vita a forme e colori che potessero esistere indipendentemente da essa, senza essere legati all’oggettività e a tutto ciò che l’occhio era abituato a vedere. Questa esigenza nasceva anche a seguito delle scoperte tecnologiche, e in particolare per l’avvento delle prime macchine fotografiche che avevano la caratteristica di immortalare immagini riproducendo fedelmente la realtà, dunque l’arte doveva distaccarsi dalla riproduzione per sottolineare l’importanza del gesto creativo superiore a quello dell’emergente tecnica fotografica, affidandosi al segno, all’astrazione, al colore e in alcuni casi al non colore e al minimalismo. Nella scultura si è assistito al medesimo percorso, la forma si è distaccata dalla descrizione perfetta e fedele delle immagini di eroi e miti, sovrani e filosofi, per entrare nel mondo dell’indefinito, del possibile, della pulsione interiore, della visione che si trasforma in opera d’arte donando ai materiali l’opportunità di dialogare con le emozioni a un livello più ermetico, più intimo e stimolante poiché volto a comprendere il messaggio insito nella forma e che richiede un maggiore sforzo di approfondimento. La libertà stilistica ed esecutiva è la scelta compiuta da Felice Rufini, artista laziale con un impeto creativo inarrestabile perché per lui plasmare la materia e dare vita a emozioni è vitale e necessario, così come lo è scegliere consistenze differenti in base al concetto di cui desidera raccontare, il pensiero che vuole immortalare in un’opera.
Il suo eclettismo si manifesta anche nei soggetti delle sue sculture, un dinamismo emotivo e mentale che lo porta dalla descrizione di semplici gesti quotidiani, alla creazione di figure simboliche e immaginarie, e alla idealizzazione di concetti attraverso cui, forse inconsapevolmente, racconta il proprio punto di vista sulle cose.
Le opere Il passo più lungo della gamba e Sale le scale per esempio, donano immortalità alla semplicità di ciò che quotidianamente viene compiuto senza doverci pensare, automatismi che però, davanti allo sguardo attento e curioso di Rufini, si trasformano in movimenti esistenziali, l’andare troppo oltre le concrete possibilità sottovalutando le conseguenze e le difficoltà che si possono generare nel caso della prima scultura, la difficoltà di raggiungere gli obiettivi prefissati che richiedono dedizione e determinazione nell’affrontare la salita necessaria per arrivare in cima nel caso della seconda opera.
Gea e Psiche appartengono alla serie di sculture legate alla rappresentazione di miti classici, in cui l’elaborazione compiuta da Felice Rufini ne destabilizza i modelli tradizionali per dare respiro all’essenza che da questi miti si diffonde, per quanto riguarda Gea la maternità e la capacità di generare il tutto da cui il mondo ha avuto origine, secondo la mitologia classica, genitrice del bene e del male, figura fortemente attaccata alla terra che rappresenta eppure in grado di dare vita anche agli altri elementi necessari alla vita; Psiche invece racconta dell’intelletto, dell’importanza di un collegamento costante con consapevolezze e dubbi, con domande e risposte che arrivano attraverso l’esperienza, nel corso del cammino individuale di ognuno.
Visionario e Donna clarinetto appartengono al gruppo di opere più astratto, più immaginario in cui la fantasia di Felice Rufini si libera dando origine a figure che potrebbero essere le protagoniste di un racconto utopico, lasciandosi andare alla sperimentazione dei materiali più inaspettati, più impensati eppure con lui trasformati in sostanza essenziale a dare forma all’impulso creativo. Travertino, marmo, legno, alluminio, ferro, resine, argilla, ma anche scarpe, corteccia di alberi come ulivo e castagno, segatura di alluminio; la sua necessità di misurarsi con nuove e inedite sfide compositive sembra essere inarrestabile, confermando la sua natura poliedrica e curiosa volta a conoscere e meditare su se stesso prima ancora di poter lasciare un messaggio attraverso le sculture. Nel corso della sua carriera Felice Rufini ha partecipato a molte esposizioni in tutto il territorio nazionale ed è tra gli artisti selezionati per Moovart Co-Expo Firenze 2020, in programma presso la Fondazione Franco Zeffirelli dal 3 al 18 marzo 2020.
FELICE RUFINI-CONTATTI
Email: felicerufini.scultore@gmail.com
Sito web: https://www.facebook.com/felice.rufini
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