Nell’arte contemporanea emerge la tendenza a raccontare un nuovo genere di panorama, quello delle città, quello della metropolitanità che non può prescindere dalla vita attuale inducendo così alcuni artisti a sostituire il paesaggio con scorci dei palazzi, delle strade e di tutto ciò che appartiene al vissuto quotidiano, quel susseguirsi rapido di ritmi frenetici e bisogno di perdersi nella confusione della folla. L’artista di cui vi parlerò oggi è grande interprete di questo tema in cui mostra una particolare capacità di avvolgere le sue opere di atmosfera che va oltre quella dinamica e veloce della città e si sofferma sulla sottile voce delle emozioni.
A partire dai primordi del Novecento l’attenzione degli artisti si è spostata dagli elementi naturali all’uomo, con tutte le complicazioni, le paure, le angosce ma anche con la capacità di aggrapparsi alla vita e di trovare nuove modalità esistenziali per superare le difficoltà oggettive, oltre gli orrori delle guerre, che costituivano la sua quotidianità. Già il Futurismo aveva focalizzato la propria attenzione verso le opere tecnologiche, le conquiste dell’uomo in virtù delle quali il modo di vivere era completamente cambiato, e così le opere di Umberto Boccioni, uno dei padri della corrente pittorica, apparivano come una celebrazione del rapido movimento di evoluzione delle città, un groviglio di vie e di cemento in costante palpitare. Piò o meno nel medesimo periodo storico vi fu un passaggio verso l’indefinito, verso la non aderenza alla realtà osservata che trasformò la scomposizione dell’immagine in modalità espressiva di tutti gli artisti aderenti all’Astrattismo, tra cui Paul Klee fu quello che più si legò alla rappresentazione di panorami cittadini, di castelli e di ponti in cui l’evocazione e l’immaginazione erano essenziali per avvicinarsi alle sue opere contraddistinte da immagini geometriche. Altro grande artista affascinato dalle città e, nel suo caso specifico, dalla modernità che stava modificando i paesaggi urbani di Milano, luogo che fu culla della sua ricerca pittorica, fu Mario Sironi, fondatore del gruppo Novecento, in cui il ritorno all’ordine e alla figurazione si contrapponeva alle avanguardie dell’epoca che invece affermavano con forza un’esigenza di allontanamento e di rivoluzione nel modo di fare arte. Nel proseguire del Ventesimo secolo sorsero, soprattutto negli Stati Uniti, diverse correnti artistiche in cui la vita delle città, le loro luci e a volte la solitudine nella moltitudine furono linee guida e caratteristiche distintive, come nel Precisionismo di cui una giovane Giorgia O’Keefe fu grande rappresentante, o nel Realismo Americano di Edward Hopper nelle opere del quale a volte erano protagoniste le città con la loro freddezza e altre i sobborghi in cui l’individuo non poteva esimersi dallo sfuggire la solitudine, per finire all’Impressionismo contemporaneo di Jeremy Mann che invece celebra il fascino delle metropoli, i grattacieli, le luci, le notti, il rumore e la vitalità che in ogni strada si percepisce rappresentando ciascuno di questi elementi attraverso l’indefinitezza impressionista che accresce il coinvolgimento dell’osservatore.
L’artista laziale Mimma Luppino fa suo il tema del paesaggio urbano pur interpretandolo attraverso uno stile personale in cui la sensazione di insieme emerge in virtù di un punto di osservazione distante, come se l’emozione avesse bisogno di prendersi un momento di distacco prima di realizzare l’intensità avvertita guardando l’immagine che necessita riprodurre; la sovrapposizione tra figurazione e astrazione è la caratteristica della Luppino, quella terra di mezzo tra il bisogno di andare oltre e lasciar emergere la sensazione, prioritaria rispetto a qualsiasi altra definizione, e la necessità che ciò che è stato, o che viene visto, in qualche modo fuoriesca e raggiunga la parte razionale. L’Astrattismo si fonde così all’Espressionismo, mettendo in evidenza panorami urbani da cui la Luppino si allontana, li osserva dalla distanza per lei funzionale a scoprirne l’insieme, non il dettaglio, perché ciò che conta è quanto resta all’interno di sé dopo aver vissuto, respirato e assaporato un’esperienza, anche se solo l’interazione con un luogo può coinvolgere al punto di desiderare di portarlo nello scrigno emotivo. Le città divengono indefinite, potrebbero essere ovunque e in nessun posto, ed è proprio questo che contraddistingue l’artista coinvolgendo di conseguenza l’osservatore, quel sentirsi dentro un paesaggio emozionale che potrebbe appartenere al ricordo di chiunque perché ciò che conta è l’atmosfera che circonda i palazzi, le case, le luci e il silenzio della bellezza in cui lo sguardo si perde. Gioca con l’immagine Mimma Luppino, ampliandola con il riflesso che è in realtà quello dell’anima, quello di un’emozionalità che appartiene all’essere umano e che definisce il legame con un luogo, quello in cui ci si è persi e a volte ritrovati.
L’opera Lontananze racchiude i concetti principali dello stile di Mimma Luppino, quella sottile nostalgia che emerge un attimo dopo essere usciti dalla dimensione del vivere e dell’immergersi in un luogo, quella grazie alla quale è possibile osservare tutto attraverso il filtro delle sensazioni; l’Espressionismo fuoriesce dalle tonalità cromatiche scelte dall’artista, da quei colori intensi ma irreali che definiscono l’esigenza dello sguardo di estendersi verso la pluralità, la coralità dell’insieme, il calore dell’atmosfera generale che costituisce tutto ciò di cui l’essere umano ha bisogno per sentirsi a casa.
In Periferia la Luppino sembra allontanarsi ancora un po’, come per sottolineare quanto spesso i sobborghi siano considerati staccati dalla città eppure altrettanto vivi e variopinti con le loro contraddizioni, le difficoltà dell’essere ai margini senza tuttavia perdere quell’atmosfera emotiva che coinvolge l’artista così come le persone che abitano quei quartieri. Sono sempre notturne le atmosfere panoramiche dell’artista, quasi come se quello della sera fosse il momento in cui è possibile ascoltare con maggiore profondità il vero animo, l’essenza di ciascun luogo, quando le persone sono all’interno delle abitazioni e tutto sembra più silenzioso, più facilmente ammirabile.
Da sempre divisa tra la sua città natale, Rieti, e Roma Mimma Luppino non può non dedicare una serie di opere ai meravigliosi ponti sul Tevere, per narrare i quali si sposta verso uno stile più figurativo, più legato all’immagine reale sebbene sempre avvolta da quell’aura irreale di sospensione dello spazio e del tempo, quell’essere nel momento oppure in qualsiasi altro confondendo lo sguardo che si interroga sull’eternità di quei luoghi magici, sulla possibilità che l’artista abbia ripreso un frammento attuale oppure rappresentato un istante di un passato lontano.
Il grattage, quei graffi di colore che incidono la base sottostante, è un’altra caratteristica di Mimma Luppino, caratteristica che emerge anche nelle nature morte, come in Fiori, quadro nel quadro in cui l’immagine principale è sottolineata nei dettagli proprio da quelle sottili striature che definiscono ed evidenziano ciò che per l’artista è importante.
Quando passa alla narrazione meno legata alla realtà osservata e più tendente al concetto, alla manifestazione del lato emozionale di una circostanza o di un evento, l’Astrattismo diventa punto focale, la figurazione viene pressoché completamente abbandonata per focalizzarsi sulla sostanza, sull’accordo tra ciò che è percepito e l’armonizzarsi di tutto ciò che si trova intorno; la tela Ponte della musica appartiene alla serie più orientata a mettere in risalto il legame tra il percepito e la realtà che si muove intorno al concetto, secondo l’approccio spiritualista che la materia si fonda al pensiero e si concretizzi, unendosi, per disegnare quanto viene sentito attraverso l’interiorità. Nel corso della sua lunga carriera, inizia a dipingere fin dagli anni Settanta del Novecento, Mimma Luppino ha partecipato con una mostra personale a due edizioni del Festival dei Due Mondi di Spoleto, alcune sue opere sono inserite nella Pinacoteca di Ruffano, ha partecipato a diverse mostre dell’Associazione Cento Pittori di Via Margutta e ha esposto su tutto il territorio nazionale, da Roma a Bologna, da Milano a Genova, da Santa Teresa di Gallura a Terni, ricevendo larghi consensi dal pubblico e dalla critica.
MIMMA LUPPINO-CONTATTI
Email: mimmaluppino@libero.it
Sito web: https://www.pitturiamo.com/it/pittore-contemporaneo/domenica-luppino-14800.html
Facebook: https://www.facebook.com/domenica.luppino.7
Instagram: https://www.instagram.com/luppinodomenica/
There is a tendency in contemporary art to depict a new kind of panorama, that of the city, that of the metropolis, which cannot be separated from current life, leading some artists to replace the landscape with views of buildings, streets and everything that belongs to daily life, that rapid succession of frenetic rhythms and the need to lose oneself in the confusion of the crowd. The artist I am going to talk about today is a great interpreter of this theme in which she shows a particular ability to envelop his artworks in an atmosphere that goes beyond the dynamic and fast-paced atmosphere of the city and dwells on the subtle voice of emotions.
Since the early twentieth century, artists’ attention has shifted from the natural elements to man, with all his complications, fears, anxieties, but also with his ability to cling to life and find new existential ways to overcome the objective difficulties, beyond the horrors of war, that constituted his everyday life. Futurism had already focused its attention on technological works, the human achievements by virtue of which the way of life had completely changed, and so the artworks of Umberto Boccioni, one of the fathers of the pictorial current, appeared as a celebration of the rapid movement of evolution of cities, a tangle of streets and cement in constant throbbing. More or less in the same historical period there was a move towards the indefinite, towards non-adherence to observed reality, which transformed the decomposition of the image into a mode of expression for all the artists who adhered to Abstractionism, among whom Paul Klee was the one who was most linked to the representation of cityscapes, castles and bridges in which evocation and imagination were essential to approach his paintings marked by geometric images.
Another great artist fascinated by cities and, in his case, by the modernity that was modifying the urban landscapes of Milan, the place that was the cradle of his pictorial research, was Mario Sironi, founder of the Novecento group, in which the return to order and figuration contrasted with the avant-garde movements of the time, which instead strongly affirmed a need for distancing and revolution in the way of making art. As the 20th century progressed, various artistic currents emerged, especially in the United States, in which city life, its lights and sometimes the solitude of the multitude were the guidelines and distinctive features, as in Precisionism, of which a young Giorgia O’Keefe was a great representative, or in Edward Hopper’s American Realism, in whose artworks sometimes took centre stage the coldness of cities, and others the suburbs where the individual could not escape solitude, and finally Jeremy Mann’s contemporary Impressionism, which instead celebrates the charm of the metropolis, the skyscrapers, the lights, the nights, the noise and the vitality that can be perceived in every street, representing each of these elements through the impressionist indefiniteness that increases the observer’s involvement.
The artist from Lazio, Mimma Luppino, makes her own the theme of the urban landscape while interpreting it through a personal style in which the overall sensation emerges by virtue of a distant point of observation, as if the emotion needed to take a moment’s detachment before realising the intensity felt when looking at the image she needs to reproduce; the overlap between figuration and abstraction is characteristic of Luppino, that middle ground between the need to go beyond and let the sensation emerge, a priority over any other definition, and the need for what has been, or is being seen, to somehow come out and reach the rational side. Abstractionism thus merges with Expressionism, highlighting urban panoramas from which Luppino moves away, observing them from a distance that for her is functional to discover the whole, not the detail, because what counts is what remains within oneself after having lived, breathed and savoured an experience, even if only interaction with a place can involve one to the point of wanting to take it into one’s emotional treasure chest. Cities become indefinite, they could be anywhere and nowhere, and it is precisely this that distinguishes the artist and consequently involves the observer, that feeling inside an emotional landscape that could belong to anyone’s memory because what counts is the atmosphere surrounding the buildings, the houses, the lights and the silence of beauty in which the gaze is lost. Mimma Luppino plays with the image, enlarging it with the reflection that is actually that of the soul, that of an emotionality that belongs to the human being and that defines the bond with a place, the one in which we are lost and sometimes found again.
The work Lontananze (Distances) encapsulates the main concepts of Mimma Luppino’s style, that subtle nostalgia that emerges a moment after leaving the dimension of living and immersing oneself in a place, that thanks to which it is possible to observe everything through the filter of sensations; Expressionism emerges from the chromatic tones chosen by the artist, from those intense but unreal colors that define the need for the gaze to extend towards plurality, the chorality of the whole, the warmth of the general atmosphere that constitutes everything a human being needs to feel at home. In Periferia (Suburbs) Luppino seems to move a little further away, as if to emphasise how often the suburbs are considered detached from the city and yet just as alive and colourful with their contradictions, the difficulties of being on the fringes without, however, losing that emotional atmosphere that involves the artist as well as the people who live in those neighbourhoods. The artist’s panoramic atmospheres are always nocturnal, almost as if the evening were the moment in which it is possible to listen with greater depth to the true soul, the essence of each place, when people are inside their homes and everything seems quieter, more easily admired.
Always divided between her hometown, Rieti, and Rome, Mimma Luppino cannot help but dedicate a series of paintings to the marvellous bridges over the Tiber, to narrate which she shifts towards a more figurative style, more linked to the real image although always enveloped by that unreal aura of suspension of space and time, that being in the moment or in any other, confusing the eye that wonders about the eternity of those magical places, about the possibility that the artist has captured a current fragment or represented an instant from a distant past. The grattage, those scratches of colour that etch the underlying base, is another characteristic of Mimma Luppino, a characteristic that emerges also in still lifes, as in Fiori (Flowers), a painting within a painting, in which the main image is underlined in its details precisely by those subtle streaks that define and highlight what is important to the artist. When she moves on to narration less tied to the observed reality and more inclined to the concept, to the manifestation of the emotional side of a circumstance or an event, Abstractionism becomes the focal point, figuration is almost completely abandoned in order to focus on the substance, on the agreement between what is perceived and the harmonisation of everything around it; the canvas Ponte della musica (Bridge of Music) belongs to the series more oriented towards emphasising the link between what is perceived and the reality that moves around the concept, according to the spiritualist approach that matter is founded on thought and becomes concrete, uniting, to draw what is felt through interiority. In the course of her long career, which began in the 1970s, Mimma Luppino has taken part in two editions of the Festival dei Due Mondi in Spoleto with a personal exhibition, some of her works are included in the Pinacoteca di Ruffano, she has taken part in various exhibitions of the Associazione Cento Pittori di Via Margutta and has exhibited all over Italy, from Rome to Bologna, from Milan to Genoa, from Santa Teresa di Gallura to Terni, receiving wide acclaim from the public and the critics.
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