Per alcuni artisti la tela non è solo il mezzo attraverso cui esprimere e lasciar andare le proprie emozioni bensì diventa anche una pagina bianca da arricchire con un linguaggio più elevato, più lirico, rispetto a quello che verrebbe scelto se le sensazioni fossero espresse con le parole; molti di questi creativi scelgono un approccio positivo nei confronti dell’esistenza e delle meraviglie che cela dietro ogni piega, ogni possibilità. Il protagonista di oggi appartiene a quella categoria di artisti in grado di trasmettere in maniera spontanea il proprio punto di vista aperto e sorridente verso il mondo e tutto ciò che ruota intorno all’individuo.
Il fulcro della nascita di uno dei più preponderanti e importanti movimenti della metà del Novecento, l’Espressionismo Astratto, fu l’impellenza di dare priorità all’impulso emotivo, a quel lasciar fluire in maniera spontanea tutto quel turbinio di sensazioni che erano state escluse da tutto il precedente percorso che, a partire dall’Impressionismo, aveva condotto alla necessità di una sempre maggiore scomposizione dell’immagine conosciuta fino a giungere al distacco completo dalla realtà osservata e all’affermazione della superiorità del puro atto plastico sulla necessità per il fruitore di trovare all’interno di un’opera d’arte ciò che al suo sguardo era già conosciuto. Jackson Pollock e tutti gli altri artisti che osteggiarono i precedenti movimenti – Suprematismo, Neoplasticismo e Astrattismo Geometrico -, vollero recuperare l’importanza del sentimento, del pulsare intimo dell’artista, e affermare la necessità che tutto ciò che poteva essere percepibile con l’interiorità, con la soggettività e con la sensibilità dell’esecutore ma anche dell’osservante, non poteva in alcun modo prescindere dall’arte. Malgrado per qualcuno degli espressionisti astratti, come per Pollock stesso ma anche per la moglie Lee Krasner, artista anche lei, per Willem de Koonig, per Franz Kline, l’atto pittorico fosse impulsivo, immediato, a volte impetuoso, in altri appartenenti al movimento fu evidente un tipo di manifestazione diversa, più moderata, più serena e solare, più morbida, in grado così di suscitare nell’osservatore emozioni differenti. I due esponenti del movimento che più di tutti svelarono questo tipo di sguardo verso la realtà circostante e la loro caratteristica di sorridente positività furono Helen Frankenthaler con le sue tinte pastello e delicate, e Hans Hoffman in cui la vivacità dei colori si affianca, e si lascia esaltare, da forme geometriche allegre e irriverenti, poste all’interno della tela per rompere un equilibrio ma anche per dare ordine a ciò che diversamente sarebbe confuso. L’artista croato Franko Tenčic attinge a entrambi i maestri dell’Espressionismo Astratto per dar vita a opere di grande impatto visivo che avvolgono l’osservatore di una magia poetica da cui non può fare a meno che lasciarsi trasportare.
È un atteggiamento aperto alla bellezza e alla piacevolezza di tutto ciò di cui la vita, l’esistenza quotidiana è piena, un approccio solare nei confronti degli accadimenti e della propria capacità di guardare la vie en rose, che non implica l’incapacità di vedere ciò che si verifica nella sua interezza e complessità bensì di trovare il lato positivo, la via d’uscita in tutto ciò che apparentemente può non averne.
Le sue opere sembrano essere accordi poetici, punto di mediazione tra la contingenza e la necessità di elevarsi per guardare oltre, un suggerimento all’osservatore a osservare gli eventi da un punto di vista differente, inedito proprio perché in grado di gettare luce e luminosità su un vivere quotidiano che troppo spesso tende a generare ombre. Nel momento in cui l’angolo di osservazione si modifica, sembra suggerire Franko Tenčic, lo sguardo riesce a cogliere la parte bella, piacevole, stimolante degli accadimenti e delle esperienze con cui inevitabilmente ciascuno ha a che fare, e la mente si apre verso un atteggiamento diverso, più possibilista, più incline a cercare la soluzione piuttosto che soffermarsi sul problema.
La gamma cromatica non può che accordarsi a questa modalità morbida, serena e lirica di attraversare l’esistenza e tutto ciò che ne fa parte, le tonalità più ricorrenti sono i rosa, i bianchi, i celesti, i gialli, colori pastello attraverso cui Tenčic prende per mano l’osservatore e lo conduce nel suo mondo quantico dove tutto può essere altro da ciò che si creda sia, dove la realtà può essere modificata e trasformata ma soprattutto interpretata in virtù del filtro emotivo con cui viene vissuta.
Alterna trasparenze e dissolvenze Tenčic, sovrapposizioni ed evanescenze, impalpabili forme circolari a tratti netti ottenuti con un disegno all’interno della tela, come a voler sottolineare quanto l’indefinibile sia tale nonostante l’impulso naturale a voler dare un argine alla sua fuggevolezza.
L’opera Metamorphosis 1 (Metamorfosi 1) è un simbolo di quanto ogni singolo istante possa trasformarsi in altro, quanto tutto ciò che è in un determinato frangente sia solo un infinitesimale tassello di realtà in costante movimento ed evoluzione e dunque, sussurra l’artista, è molto meglio vivere il qui e ora in modo pieno e con atteggiamento aperto, perché in fondo fa parte di un attimo che non tornerà più e dunque vale la pena affrontarlo e viverlo. D’altronde, sorride Tenčic, è molto meglio lasciarsi andare all’avvicendarsi delle circostanze e aprire le braccia al nuovo, piuttosto che porsi in assetto difensivo restando aggrappati a qualcosa che è comunque destinata a cambiare.
Nella tela Mai 2020 (Maggio 2020) l’artista si distacca dalla contingenza che ha avvolto il mondo, quella del Covid19, per volgere lo sguardo verso la bellezza della primavera, i suoi colori vivaci, la natura che rinasce e si rigenera, invitando gli individui a ritrovare il piacere delle piccole cose, degli impercettibili miracoli che accadono continuamente intorno e che spesso vengono trascurati; è un suggerimento a sollevare il capo e guardare verso il sole piuttosto che lasciarlo reclinato abbattendosi, un’esortazione ad andare oltre e lasciar vagare lo sguardo sulla piacevolezza del vivere piuttosto che sulla difficoltà momentanea.
Philosophical reflexions 6 (Riflessioni filosofiche 6) svela apertamente la capacità di Franko Tenčic di vivere ogni momento, persino quello della meditazione, del contatto con la propria interiorità, come un’occasione di crescita, di spontanea apertura verso nuove possibilità, nuove alternative che si mostrano solo dopo un’accurata introspezione; nonostante la profondità necessaria per osservare e trovare un senso alle cose, ciò che resta fondamentale per tutta la produzione artistica di Tenčic è lo sguardo poetico, la capacità di vedere il risvolto morbido, soffice, musicale di quanto accade intorno a sé e l’inclinazione a farlo diventare uno stimolo, una sollecitazione per l’osservatore a lasciarsi cullare da quella predisposizione radiosa che contraddistingue ogni sua tela. Franko Tenčic collabora continuativamente con architetti e interior designer e le sue opere, oltre a essere esposte presso il suo atelier artistico, sono esposte in numerosi hotel ed edifici pubblici oltre a far parte di collezioni private in Croazia e in tutto il mondo.
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