Per favorire la messe abbondante con l’auspicio di alberi carichi di frutti usanze, riti e manifestazioni sono all’ordine del giorno tra gennaio e aprile e sono sparse in tutto il territorio nazionale.
Può essere citata l’usanza, nelle terre modenesi ed anche in altri luoghi, di percuotere le piante (“cargatia” è il vocabolo usato): prassi, questa, che avviene alle prime luci dell’alba del 25 gennaio.
Ad Asiago, nei giorni di fine febbraio, si svolge Schella Martz (“suona marzo”): una specie di esortazione alla rinascita della natura e un fiume di bambini lungo le contrade che si avvicendano muniti di vari oggetti come barattoli per creare rumori arrivando fino all’ultima sera in cui viene preparato un grande falò dando fuoco “all’inverno” oramai lasciato alle spalle.
Nelle terre marchigiane i riti si manifestano nello “Scacciamarzo” per allontanare il periodo invernale con ragazzi e ragazze che, travestiti con raffigurazioni vegetali, scatenano frastuoni con oggetti di metallo; tutto questo per rendere più fertile la terra mandando via il potere del male. Simile è l’usanza che si svolge nella Valle dell’Agno dove i residenti muniti di campane fanno rumori recandosi a valle.
Un interesse nato fin dalla fine dell’800 con una genesi avvolta nella magia: sono fischietti a forma di uccellini realizzati in terracotta e sono usati per auspicare l’arrivo della pioggia ed anche per salvaguardare le colture.
Andando a sud dello “stivale” , nelle terre siciliane famosa è la “cavalcata di S. Giuseppe” (foto) a Scicli dove alcuni cavalli ricoperti con fiori vengono fatti sfilare per le vie del borgo (l’unico fiore ammesso è la violaciocca “u balicu”) con i cavalieri che indossano la “burritta”.
A Biancavilla (provincia di Catania) resisteva una particolare usanza nella festa per il ridestarsi della natura ossia quella del “bastone di san Giuseppe”: nelle famiglie dove era presente un figlio maschio, in età per le nozze, veniva cotto del pane a forma di bastone offerto al primo ospite.
La scopa, un oggetto che si usa quotidianamente, nasconde in realtà reminiscenze che si perdono nella notte dei tempi. Da strumento di semplice pulizia diventa un utensile insostituibile per la dea portatrice di tempo buono che doveva spazzare via letteralmente le nuvole dall’orizzonte.
A cura di Mariacristina Salini
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