La tendenza a trovare un modo per evadere dalla quotidianità spesso limitante, induce gli artisti con una sensibilità spiccata a spingersi verso l’esplorazione di un universo differente, parallelo, costituito da un respiro più lento e suggestivo proprio perché in grado di svelare tutto ciò che nel mondo attuale, fatto di pragmatismo e di apparenza, resta soventemente inascoltato. La narrazione di mondi altri si asseconda alla natura e allo stile dell’esecutore dell’opera ma in ogni caso manifesta l’esigenza dell’artista di tendere verso un incognito dentro cui rifugiarsi per ascoltare con maggiore attenzione se stesso e tutto ciò che appartiene al suo intuito e al suo inconscio. La protagonista di oggi elabora uno stile decisamente originale che le consente di parlare attraverso un linguaggio personale in virtù del quale mostra e suggerisce all’osservatore possibilità diverse da quelle riscontrabili nella realtà.
Nel corso della storia dell’arte di ogni tempo vi sono sempre stati maestri che, pur costituendo una voce fuori dal coro, hanno avvertito l’esigenza di andare a esplorare l’inconosciuto, di spingersi nel mondo dell’utopico, che in alcuni casi si è trasformato in distopico, per dare un punto di vista su un’altra verità che non poteva essere espressa con un linguaggio artistico più realista; ecco dunque che Hieronymus Bosh trovò un modo ironico e a volte dissacrante per far emergere i conflitti dell’uomo rispetto alle regole imposte dalla religione, così come i Simbolisti Odilon Redon, Felicien Rops e Arnold Böcklin si posero in posizione di ascolto e di interpretazione della spiritualità, del mistero, del mondo dell’aldilà e della sessualità. Con l’avvicinarsi del Novecento però, gli artisti assunsero una maggiore forza di affrancamento dall’arte e dalla figurazione tradizionali, costituendo veri e propri movimenti pittorici in cui l’interiorità, la connessione con il mondo emozionale e con l’inconscio, esteso anche all’universo onirico, prevalsero su ogni concetto estetico, armonico, stilistico precedente dando pertanto vita alle due maggiori correnti del Ventesimo secolo: l’Espressionismo e il Surrealismo. Laddove il primo si focalizzava sulle sensazioni del soggetto autore dell’opera che trasferiva sui protagonisti dei dipinti le proprie ansie, le angosce, i disagi interiori provocati da un mondo in bilico tra pace e guerra, di una società sempre più tendente all’arrivismo, alla prevaricazione e alla lotta per dimostrare la propria superiorità, il secondo invece si focalizzò sulle inquietudini, gli incubi, di un subconscio mortificato dalla morale, dai luoghi comuni ma anche dai disagi causati dalle paure di non riuscire a superare le devastazioni esteriori e interiori dei conflitti al punto di generare malattie mentali. Vittoria Palazzolo al contrario sceglie di percorrere la strada della liberazione dell’interiorità attraverso la connessione con un’energia superiore, che non è più quella che appartiene alla realtà circostante l’individuo come fu nella tematica principale del Simbolismo, piuttosto la sua è una tendenza verso un mondo parallelo al di là del tempo e dello spazio, come se il suo mezzo di presa di coscienza della propria verità interiore, che nulla ha a che vedere con l’assolutismo determinista che propone un’unica verità possibile, fosse quel mondo quantico in grado di creare esattamente ciò di cui la coscienza e l’anima hanno bisogno.
È proprio in questo concetto che la sua cifra pittorica si avvicina al Surrealismo, per l’esigenza e la capacità di generare una terra di mezzo tra reale e soprannaturale a cui affidare quel percorso di connessione e di esplorazione di tutto ciò che non è visibile, che non affiora alla coscienza a meno che non si effettui un cammino di evasione per spingersi verso un luogo ideale in cui l’esperienza sia libera di espandersi verso un sentire più elevato.
Dal punto di vista strettamente stilistico invece la Palazzolo può essere inquadrata nell’ambito dell’Espressionismo per quella mancanza di una struttura di tipo realista, per l’utilizzo del colore decontestualizzandolo e armonizzandolo al sentire, al significato e significante del messaggio nascosto all’interno di quello spazio indefinito appartenente ad altri mondi, lontani eppure in fondo vicini poiché la distanza dalla contingenza diviene vicinanza all’essenza, il distacco dalla concretezza si trasforma in possibilità di interrogarsi su certezze che possono essere dissolte in virtù di un’osservazione differente.
La serie Horizon lascia emergere l’impronta spirituale di Vittoria Palazzolo, quell’astrarsi dal mondo circostante per dirigersi verso una dimensione creativa che necessita di innalzarsi verso un grado di coscienza più in contatto con l’Universo inteso non come luogo nello spazio bensì come potente forza energetica in grado di sollecitare il progresso dell’anima, dell’apprendimento di tutto ciò che non è collegato al pragmatismo, all’ambizione e alle limitate e a volte grette pulsioni umane.
Ciò che viene emanato sulla tela dall’artista non può non scuotere l’interiorità dell’osservatore che si sente magnetizzato da quegli emisferi immaginari in cui la barra centrale costituisce una divisione, un orizzonte appunto, tra un prima e un dopo, tra il sé e l’oltre da sé, tra le diverse verità che si prospettano in ogni circostanza e che pongono l’essere umano davanti alla possibilità di scelta tra il restare attaccato al mondo di sotto, quello in cui l’anima e la coscienza si addormentano di fronte a una quotidianità troppo materialista, oppure se sollevare il capo per scorgere e cercare di raggiungere il mondo di sopra, quello in cui ipotizzare e immaginare un avanzamento verso un’autoconsapevolezza legata a un possibilismo mistico e in armonia con le energie che circondano lo spirito.
Il buio intorno agli elementi focali delle opere di Vittoria Palazzolo, costituisce da un lato la metafora dell’oscurità in cui versano le coscienze quando non riescono a compiere un percorso di approfondimento e di propulsione verso l’ascolto di sé, dall’altro rappresenta il bisogno di silenzio e di concentrazione per entrare in contatto con quell’universo quantico in grado di costituire un’opzione alternativa al vissuto che si pensa possa essere l’unico possibile; è attraversando il buio, sembra suggerire la Palazzolo, che la luce diviene più chiara, più indicativa di un cammino impensato eppure più affine alla propria attitudine interiore.
Nell’opera The Split of the Soul infatti i due mondi paralleli sembrano posti davanti a uno specchio, divisi da quella linea di orizzonte che appare come una demarcazione tra l’ombra e la luce, tra la l’atteggiamento chiuso e introspettivo e l’apertura verso la positività dell’autocoscienza e della crescita che può attuarsi solo nel momento in cui l’anima oltrepassa i suoi stessi limiti e tende verso l’elevazione, verso la chiarezza guidata dal proprio puro istinto emozionale. La scissione dunque è quella all’interno del proprio sé, quella necessaria presa di coscienza di un dualismo che, nel caso di questa tela, non costituisce un limite bensì un arricchimento laddove l’individuo sia in grado di accogliere entrambe le sue parti e successivamente trovare il modo di farle convivere senza che l’una trattenga l’altra.
In Introspective è ancor più sottolineata l’importanza di un cammino di approfondimento nella quiete del contatto con se stessi, quando si chiude il mondo fuori dalla porta e ci si pone senza filtri e senza protezioni davanti allo specchio a farsi domande, chiedersi spiegazioni ma soprattutto assumendosi la responsabilità degli eventi e di tutto ciò che entra ed esce dalla propria vita; la cromaticità della barra centrale e dei numerosi elementi sferici presenti nella composizione costituiscono la differenza delle emozioni e delle sensazioni, gli individui entrati a far parte della realtà quotidiana per un breve o un più lungo momento ma tutti essenziali all’evoluzione dell’io, all’acquisizione di una consapevolezza che senza quegli incontri non sarebbe stata raggiunta, non in quel modo, non con quella modalità. E dunque Vittoria Palazzolo invita l’osservatore ad abbandonare l’atteggiamento fatalista e dell’assoggettamento agli eventi in favore di una comprensione che ogni circostanza, ogni accadimento ha avuto un senso esattamente nell’istante in cui si è verificato, perché la coscienza in quel frangente aveva bisogno di compiere l’esperienza che l’avrebbe condotta, anche in virtù di eventi sfavorevoli, a raggiungere un gradino più alto verso l’autorealizzazione e la padronanza della propria forza e consistenza. Vittoria Palazzolo ha alle sue spalle un lunghissimo percorso nel mondo dell’arte che l’ha vista protagonista di molte mostre personali e collettive, le ha permesso di essere inserita per ben dodici anni nel Catalogo dell’Arte Moderna Giorgio Mondadori e di costruirsi nel tempo una rete di collezionisti costantemente in attesa delle sue nuove produzioni. La serie Horizon sarà esposta per la prima volta presso la City Gallery Vienna dal 15 maggio al 4 giugno 2023.
VITTORIA PALAZZOLO-CONTATTI
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Vittoria Palazzolo’s cosmological imagery, between emotional horizons and escape from contingent reality
The tendency to find a way of escaping from the often limiting everyday life induces artists with a marked sensitivity to push themselves towards the exploration of a different, parallel universe, constituted by a slower and more suggestive breath precisely because it is capable of revealing all that in today’s world, made up of pragmatism and appearance, often remains unheard. The narration of other worlds is in keeping with the nature and style of the executor of the artwork, but in any case manifests the artist’s need to tend towards an unknown within which to take refuge in order to listen more attentively to himself and everything that belongs to his intuition and his unconscious. Today’s protagonist elaborates a decidedly original style that allows her to speak through a personal language by virtue of which she shows and suggests to the observer possibilities different from those found in reality.
Throughout the history of art of all times there have always been masters who, while constituting a voice out of the chorus, have felt the need to go and explore the unknown, to push into the world of the utopian, which in some cases has turned into the dystopian, in order to give a point of view on another truth that could not be expressed through a more realistic artistic language; thus Hieronymus Bosh found an ironic and sometimes desecrating way to bring out man’s conflicts with respect to the rules imposed by religion, just as the Symbolists Odilon Redon, Felicien Rops and Arnold Böcklin placed themselves in a position to listen to and interpret spirituality, mystery, the world of the afterlife and sexuality. As the 20th century approached, however, the artists took on a greater power to break free from traditional art and figuration, constituting veritable pictorial movements in which interiority, the connection with the emotional world and the unconscious, extended also to the oneiric universe, prevailed over any previous aesthetic, harmonic, stylistic concept, thus giving rise to the two major currents of the 20th century: Expressionism and Surrealism. Where the former focused on the feelings of the subject author of the work, who transferred onto the protagonists of the paintings his own anxieties, anguishes, inner discomforts caused by a world poised between peace and war, of a society increasingly tending towards arrivism, prevarication and the struggle to prove its superiority, the second, on the other hand, focused on the restelness, nightmares, of a subconscious mortified by morals, clichés, but also by the discomforts caused by the fears of not being able to overcome the external and internal devastation of conflicts to the point of generating mental illness. Vittoria Palazzolo, on the contrary, chooses to follow the path of the liberation of interiority through connection with a higher energy, which is no longer that which belongs to the reality surrounding the individual as it was in the main theme of Symbolism, rather hers is a tendency towards a parallel world beyond time and space, as if his means of becoming aware of his own inner truth, which has nothing to do with the determinist absolutism that proposes only one possible truth, were that quantum world capable of creating exactly what the consciousness and soul need. It is precisely in this concept that his pictorial approach comes close to Surrealism, for the need and ability to generate a middle ground between the real and the supernatural to which he entrusts that path of connection and exploration of all that is not visible, that does not surface to consciousness unless one makes a path of evasion to push towards an ideal place where experience is free to expand towards a higher feeling.
On the other hand, from a strictly stylistic point of view, Palazzolo can be framed within the sphere of Expressionism for her lack of a realist-type structure, for her use of colour, decontextualising it and harmonising it with feeling, with the meaning and significance of the message hidden within that indefinite space belonging to other worlds, distant yet in the end close, because the distance from contingency becomes proximity to the essence, the detachment from concreteness is transformed into the possibility of questioning certainties that can be dissolved by virtue of a different observation. The Horizon series allows Vittoria Palazzolo‘s spiritual imprint to emerge, that abstraction from the surrounding world to head towards a creative dimension that needs to rise towards a degree of consciousness more in touch with the Universe understood not as a place in space but as a powerful energetic force capable of soliciting the progress of the soul, of learning everything that is not connected to pragmatism, ambition and the limited and sometimes narrow human drives. What is emanated on the canvas by the artist cannot fail to shake the interiority of the observer who feels magnetised by those imaginary hemispheres in which the central bar constitutes a division, a horizon in fact, between a before and an after, between the self and the beyond, between the different truths that present themselves in every circumstance and that place the human being before the possibility of choosing between remaining attached to the world below, the one in which the soul and consciousness fall asleep in the face of an excessively materialistic everyday life, or whether to lift one’s head to glimpse and try to reach the world above, that in which to hypothesise and imagine an advancement towards a self-awareness linked to a mystical possibilism and in harmony with the energies surrounding the spirit. The darkness around the focal elements of Vittoria Palazzolo‘s artworks constitutes, on the one hand, the metaphor of the darkness in which consciences fall when they are unable to follow a path of deepening and propulsion towards listening to oneself, and on the other, it represents the need for silence and concentration in order to come into contact with that quantum universe capable of constituting an alternative option to the experience that one thinks may be the only one possible; it is by crossing the darkness, Palazzolo seems to suggest, that the light becomes clearer, more indicative of an unthought-of path and yet more akin to one’s inner attitude. In the painting The Split of the Soul, in fact, the two parallel worlds seem to be placed in front of a mirror, divided by that line of horizon that appears as a demarcation between shadow and light, between the closed and introspective attitude and the openness towards the positivity of self-awareness and growth that can only take place when the soul goes beyond its own limits and tends towards elevation, towards clarity guided by its own pure emotional instinct. The split, then, is that within one’s own self, that necessary awareness of a dualism which, in the case of this canvas, is not a limitation but an enrichment where the individual is able to embrace both his parts and subsequently find a way to make them coexist without one holding back the other.
In Introspective, the importance of a path of deepening in the stillness of contact with oneself is even more emphasised, when one closes the world outside the door and places oneself without filters and without protection in front of the mirror asking oneself questions, asking oneself explanations, but above all taking responsibility for events and everything that enters and leaves one’s life; the chromaticity of the central bar and of the numerous spherical elements in the composition constitute the difference of emotions and sensations, individuals who have become part of everyday reality for a short or a longer moment but all essential to the evolution of the ego, to the acquisition of an awareness that without those encounters would not have been achieved, not in that way, not in that manner. And so Vittoria Palazzolo invites the observer to abandon the fatalist attitude and subjection to events in favour of an understanding that every circumstance, every happening made sense exactly in the instant in which it occurred, because the consciousness at that juncture needed to carry out the experience that would have led it, also by virtue of unfavourable events, to reach a higher step towards self-realisation and the mastery of her own strength and consistency. Vittoria Palazzolo has a very long career in the art world behind her, which has seen her as the protagonist of many solo and group exhibitions, has allowed her to be included for twelve years in the Giorgio Mondadori Catalogue of Modern Art and to build up over time a network of collectors constantly awaiting her new productions. The Horizon series will be exhibited for the first time at the City Gallery Vienna from 15 May to 4 June 2023.