Il tema dell’ineluttabilità della condizione umana, dell’impossibilità di tendere verso quell’infinito di per sé irraggiungibile proprio in virtù della implacabilità della sua stessa natura che definisce l’uomo all’interno dell’intervallo di tempo tra la nascita e la dipartita, è stato affrontato da molti artisti e tutt’ora mantiene inalterato quel fascino misterioso su cui sembra impossibile non indagare, interrogarsi, cercare di dare un senso al percorso. Questo concetto tanto sfuggente quanto avvincente è il cardine della ricerca pittorica del protagonista di oggi.
A partire dai primi anni del Novecento gli artisti hanno cominciato a lasciarsi conquistare, o meglio ammaliare, dalla sfida di riuscire a interpretare la velocità, la contemporaneità dei punti di vista dell’immagine osservata, l’incapacità dell’essere umano di comprendere l’essenza di un’esistenza breve e fuggevole e la necessità di rompere i confini dimensionali per immortalare l’istante attraverso il puro atto creativo. Il Futurismo fu il primo tra i movimenti del Ventesimo secolo a cercare di interpretare la velocità, lo scorrere rapido di un’epoca in cui tutte le scoperte tecniche e scientifiche erano accelerate, volte a scoprire un domani migliore in virtù delle facilitazioni che quelle innovazioni dovevano apportare; ciò che era importante imprimere per i rappresentanti di questa importante corrente, Filippo Tommaso Marinetti e Umberto Boccioni primi fra tutti, era il senso di mobilità, di evoluzione costante, di necessità di cogliere non solo l’istante presente, ma anche quello immediatamente precedente così come il successivo, che contraddistinse le loro tele. Di contro Pablo Picasso con il suo Cubismo, e in particolar modo con Les damoiselles d’Avignon che furono la prima opera da cui ebbe origine l’intera corrente, partì dal concetto opposto, cioè quello di cogliere un solo istante e mostrarlo contemporaneamente da differenti punti di vista annullando perciò la necessità di spostare il momento di osservazione in fasi successive perché tutte le sfaccettature erano mostrate in contemporanea davanti al fruitore. E ancora il concetto del tempo è stato protagonista di uno degli altri grandi movimenti del Novecento, il Surrealismo, che attraverso le opere di Salvador Dalì ha svelato alla società dell’epoca la sua fluidità, il suo scorrere inesorabile senza che l’essere umano gli dia la sufficiente rilevanza, trovandosi solo dopo averlo perso, a rimpiangerlo; l’opera La persistenza della memoria è simbolo di questo tipo di approccio da parte del maestro surrealista. Così come con il suo Spazialismo, Fontana intendeva aprire un varco che permettesse all’osservatore di tendere verso l’infinito, verso quella dimensione indeterminata che genera con un gesto rapido e immediato, dunque perfettamente calato nell’istante presente, su una tela priva di forma, di prospettiva e di volumi.
L’artista di origini campane Giancarlo Mariniello mette il concetto del tempo al centro del suo linguaggio pittorico, sia come emozione che avvolge l’essere umano sotto forma di ricordo, rimpianto, interazione del passato che non abbandona lo scrigno interiore nel presente, sia come rappresentazione creativa trasformando le sue opere astratte che però mantengono una lieve figurazione, in orologi che sottolineano quanto ogni circostanza, ogni istante sia indissolubilmente legato allo scorrere dei momenti che nella vita si susseguono. Anche quando si sposta completamente verso l’Astrattismo, Mariniello non cessa mai di legarsi alla memoria di eventi, di accadimenti, o semplicemente all’attesa del loro verificarsi che riescono a conquistare l’osservatore inducendolo a riflettere.
Nell’opera Deja-vu l’artista fa riferimento a quelle strane coincidenze in grado di far nascere la sensazione di aver già vissuto l’istante in cui si trovano, quella strana impressione di familiarità che risveglia un ricordo spesso sopito, nascosto in un’interiorità che sembra dimenticare mentre invece semplicemente immagazzina informazioni non sempre necessarie; in questa tela lo stile è fortemente astratto eppure quei frammenti di materia infondono l’idea di quante tessere compongano un mondo intimo che spesso è ignoto persino a se stessi.
Nella tela Le lacrime che non ho pianto invece Giancarlo Mariniello si confronta con il tema della tendenza naturale dell’essere umano di accantonare il dolore, legandolo a un frangente del passato nella convinzione che sia il modo migliore per superarlo e andare avanti, salvo poi trovarsi a dover fare i conti con ciò che di fatto non è stato affrontato, analizzato e approfondito a livello consapevole e proprio per questo riemergente periodicamente fino al punto di rendere necessario un confronto con la parte più fragile, quella che aveva scelto di ignorare la sofferenza. In questo caso il tempo è guaritore, tende a riproporre la ferita fino al momento in cui la coscienza sarà in grado di aprirsi al processo di cicatrizzazione a seguito della presa di coscienza del coraggio necessario a metabolizzare ciò che è accaduto.
Nell’opera Sogni tra il fascino del buio e aneliti di luce, l’artista si sofferma sull’attimo in cui l’inconscio prende il sopravvento e permette all’individuo di lasciarsi andare, di costruire la realtà che preferisce trasformando la notte in coperta calda che avvolge il bisogno di trovare una via, afferrare la luce che rappresenta la possibilità di rigenerarsi e di concretizzare ciò che sembra inarrivabile, di dar vita a una realtà ideale che spesso non si ha il coraggio di perseguire. Qui il tempo diventa culla per quel sogno che potrebbe dissolversi al risveglio ma anche divenire lo stimolo per riempire l’attesa di una nuova notte costruendo ciò che a quell’immaginario fantastico appartiene.
Ma è nella serie degli Orologi che Giancarlo Mariniello mostra la sua attitudine a considerare lo scorrere del tempo come parte incancellabile della nostra esistenza e parimenti monito a non lasciare che sia più veloce della capacità di assaporarne ogni attimo, di fermarsi e riflettere su ciò che lo sguardo ha davanti a sé, sulla bellezza di un paesaggio esotico, sul meditare davanti a un fenomeno naturale, sull’osservare ciò che ruota intorno e saperne assaporare gli accadimenti, gli eventi, aspettando prima di volgere lo sguardo verso l’istante successivo per non rischiare di non essere capaci di restare nel presente. Giancarlo Mariniello ha percepito fin da giovanissimo la sua forte inclinazione verso l’arte e pur avendo seguito un percorso professionale differente non ha mai accantonato la sua passione che gli ha permesso di raggiungere nel corso degli anni ottimi risultati; ha vissuto a lungo in Tunisia e in Romania, prendendo spunto, ispirazione e lasciandosi contaminare dai colleghi artisti di questi due paesi, dando così vita a uno stile personale in cui il concetto di base metafisica si lega indissolubilmente a un Astrattismo chiaro, manifesto, poco ermetico ed enigmatico e, proprio in virtù di questo, facilmente fruibile dall’osservatore. Ha al suo attivo molte mostre personali a Tunisi, ad Arad in Romania, e in diverse località della sua regione di origine, la Campania, tra cui Napoli, Avellino, Caserta, e Salerno.
GIANCARLO MARINIELLO-CONTATTI
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