L’approccio pittorico dell’artista protagonista di oggi parte dal desiderio di fondere l’ordine della geometria, del rigore di uno schema ben definito, all’inevitabile tendenza all’emotività che non può prescindere dall’uomo, da quel desiderio di ricordare, e a volte raccontare, un’interiorità che non riesce a rientrare all’interno di quegli stessi schemi che molto spesso è lei stessa a imporsi.
Il percorso nell’arte di Alin Marius Buzatu è sicuramente stato segnato da un approfondito studio di alcuni tra i movimenti artistici più importanti del Novecento: il Cubismo, il Futurismo e il Metafisico, che lui è riuscito a fondere in uno stile personale nel quale la sinergia tra geometria ed essenza diventano co-protagonisti dei messaggi che l’artista vuole imprimere sulla tela. Eppure il tratto pittorico si avvicina, in alcune opere, anche allo stile Pop, sia per i colori decisamente pieni, vivi e netti, sia per la luce vivace e chiara con cui evidenza i dettagli delle icone, spesso figure al negativo di donne danzanti, attraverso le quali sceglie di sottolineare i concetti. Le opere di Buzatu inducono l’osservatore a soffermarsi sui significati, a domandarsi quale sia la gabbia interiore da cui i soggetti desiderano liberarsi, quale lo schema dal quale cercano di uscire per trovare dei se stessi diversi, nuovi, rigenerati; le linee e le rappresentazioni geometriche sono più o meno predominanti in base all’opera e, senza dubbio, anche in base all’emozione che vuole narrare. Un ricordo, una mancanza, una ricerca della propria identità, un sogno romantico… ecco che Alin Buzatu modifica la predominanza degli schemi per definirne l’impatto sul momento rappresentato.
Sullo sfondo come a incorniciare i soggetti, quando ritrae nature morte, trasformando le forme geometriche in oggetti facenti parte della globalità dell’immagine; l’opera Il silenzio è un chiaro esempio di quanto fondamentale sia la pavimentazione per mettere in risalto l’abbandono dei bicchieri, di una tavola sulla quale probabilmente poco prima si era consumata una scena domestica, di convivialità, al termine della quale i protagonisti si sono semplicemente alzati. La dimensione prospettica è modificata, alla maniera cubista, infatti le pareti alle spalle dell’immagine in primo piano sono eccessivamente piccole, contrariamente alle regole classiche sulle proporzioni della profondità, proprio per accrescere quel senso di quiete e di attimo interrotto dal continuum della vita, presente al centro del dipinto.
In Utopia invece le linee sono limitate alla superficie sulla quale poggiano un’anfora, una rosa e due bicchieri, mentre sullo sfondo Buzatu infonde la morbidezza di un sogno d’amore che resta sospeso a metà tra chimera ideale di felicità e desiderio che qualcosa di romantico possa davvero verificarsi, arrivare e cambiare tutto.
L’opera Il riscaldamento globale invece è di forte impronta futurista e la geometria è dominante, ma, nonostante la tematica affrontata, non traspare negatività in essa, non traspare preoccupazione proprio in virtù dell’utilizzo delle tonalità piene e vivaci scelte da Buzatu, quasi come se volesse suggerire che la natura in qualche modo sarà capace di adeguarsi al cambiamento e si trasformerà in un luogo comunque accogliente, regalando all’umano la possibilità di adattarsi, a sua volta, alle inevitabili variazioni.
E ancora, in The shadows la base diviene davvero schema all’interno della quale le donne protagoniste si muovono come ombre appunto, forse proprio perché intrappolate all’interno di luoghi comuni o abitudini radicate che danno loro la sensazione di non poter uscire da quella stanza, e nonostante la porta aperta, nonostante le linee tendano verso l’esterno, loro restano lì, nelle rassicuranti certezze a cui sono abituate.
Tanto ferme sono nell’opera precedente, quanto tendenti invece verso una nuova dimensione, un nuovo modo di vedere se stesse, lo diventano nell’opera Riflessioni, nella quale la geometria si trasforma in stimolo, in incentivo a evolvere, in trampolino per esplorare ciò che di non scoperto si nasconde oltre il conosciuto, oltre la zona di sicurezza che, in questo caso, non è involucro protettivo bensì semplicemente un punto dal quale distaccarsi per evolvere.
Dunque Buzatu racconta di emozioni, le nasconde dietro gli oggetti, dietro la rigidità geometrica, forse per sottolineare la difficoltà dell’uomo contemporaneo a lasciarsi andare, a manifestare quelle che potrebbero essere viste come debolezze, dunque scrigni da proteggere da una realtà non sempre accogliente, eppure, sottolinea Alin Buzatu, nonostante tutto le intensità di ciò che viene sentito nel mondo interiore, non può fare a meno di fuoriuscire, apparentemente silenzioso, e rivelarsi in maniera improvvisa, là dove non ci si aspetterebbe di trovarla. Di questo racconta l’opera Emozioni, di quelle maschere, tante, che gli individui indossano per proteggere se stessi, per non mettersi a nudo davanti a chi della spontaneità e trasparenza potrebbe approfittare. Originario di Timisoara, città della Romania, Alin Buzatu vive e lavora a Venezia da moltissimi anni, ed è proprio quella la città che lo ha celebrato nella sua prima mostra personale dal titolo Prima e dopo, esposizione che ha avuto luogo presso la Galleria delle Cornici, nel celebre Lido di Venezia.
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