Nell’arte contemporanea la tendenza a esplorare le pieghe più intime, gli interrogativi più profondi, viene spesso manifestata e rappresentata attraverso atmosfere soffuse, a volte tormentate, altre invece meditative e sommesse, ma quasi sempre legata a sensazioni di dubbio, indecisione, incertezza, timore. Tuttavia esistono alcuni creativi che prediligono una visione positiva, solare, un’ottica più ottimista anche quando vanno a indagare i misteri e le insicurezze che avvolgono il complesso vivere contemporaneo. La protagonista di oggi coinvolge l’osservatore proprio in virtù della solarità che fuoriesce dalle sue opere.
Il Surrealismo ebbe le sue origini intorno agli anni Venti del Novecento, dunque subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, un periodo particolarmente delicato durante il quale alcuni artisti si distaccarono dal gusto estetico dell’arte per andare a scavare dentro un’interiorità irrequieta, segnata da traumi e dal dolore del conflitto che aveva tolto molte certezze e destabilizzato la vita e le coscienze. Il fondatore del movimento e del suo manifesto, il poeta Andre Bréton, fu influenzato dalla lettura dell’Interpretazione dei sogni redatto nel 1900 da Sigmund Freud, nel quale si evidenziava l’importanza del mondo interiore e dell’inconscio dell’uomo, per lungo tempo ignorato e trascurato soprattutto nei contesti artistici e culturali. Ne derivò, in campo puramente artistico, uno stile pittorico in cui incubi, realtà distorte, libera associazione di immagini apparentemente scollegate tra loro nella realtà ma unite invece nel processo onirico, divennero protagonisti di affascinanti e misteriose tele che hanno consacrato all’eternità i maestri del Surrealismo come Salvador Dalì, Max Ernst, René Magritte. I simboli si susseguivano sulle tele tanto quanto immagini irreali e a volte mostruose sembravano diventare la manifestazione e proiezione delle inquietudini interiori degli artisti che non potevano che essere testimoni dell’epoca in cui vivevano. Quasi parallelamente, intorno al 1910, venne affermandosi un altro movimento meno durevole ma molto rilevante per il recupero della vivacità dei colori, che rispondeva al nome di Cubismo Orfico, od Orfismo, nel quale i suoi teorici e maggiori esponenti, Robert e Sonia Dealunay e Fernand Léger vollero sottolineare la centralità della gamma cromatica anche nella scomposizione, laddove invece con il Cubismo analitico il colore era divenuto marginale e puramente funzionale alla suddivisione geometrica delle immagini. L’artista veneta Vania Erica Maso sembra voler unire le linee guida principali dei due movimenti pittorici, il Surrealismo e il Cubismo Orfico, per dare vita a opere in cui l’elemento introspettivo e meditativo viene narrato attraverso raffigurazioni simboliche in cui solo alcuni elementi sono riconoscibili dallo sguardo, ma da cui emerge un approccio positivo e aperto nei confronti dell’esistenza e delle sue infinite possibilità che si dispiega e si manifesta grazie alle tonalità vivaci e vibranti con lui l’artista descrive il suo mondo.
L’effetto che le tele hanno sull’osservatore è singolare perché da un lato lo sguardo viene catturato dall’intensità e dalla brillantezza dei colori che infondono la sensazione di trovarsi in un mondo divertente, un universo giocoso in cui l’interiorità si può distendere e rilassare come all’interno di una fiaba; dall’altro però emergono alcuni elementi che riconducono al mondo dell’ignoto, della psiche, delle pieghe più profonde dell’animo, costringendo lo sguardo a soffermarsi su di essi per comprenderne il senso, il messaggio, il motivo della loro presenza.
Nella tela Creativa-Mente si svela l’importanza che riveste per la Maso l’atto creativo, quel processo attraverso il quale è in grado di liberare le sensazioni che contraddistinguono la sua essenza e che l’inclinazione comunicativa la spinge a rappresentare, a raccontare lasciando che fluiscano libere e gioiose sulla superficie pittorica. Sembra quasi che l’artista voglia raccontare la trasformazione che si compie nel momento in cui l’idea prende forma e diviene flusso che dalla mente discende per coinvolgere gli altri sensi e tutto ciò che ruota intorno.
In 33-Sognatori tenaci mette in evidenza i due lati del sogno, quello della notte che sopraggiunge durante il sonno e rappresentato dal profilo con gli occhi chiusi, e quello che vivono molte persone capaci di vedere la realtà a tinte rosa, che cercano il bello in ogni dettaglio perché la loro indole le induce a rincorrere l’irriducibile e sorridente fanciullo dentro di sé e che molti altri hanno dimenticato. È una celebrazione della naturalezza quest’opera, un suggerimento all’osservatore di provare a guardare tutto attraverso lo sguardo che ha caratterizzato la fase giovanile di ciascuno e che spesso si perde dentro la contingenza e la determinatezza dell’essere adulti pur non cessando di entrare in punta di piedi nella mente durante la notte, quando le difese si abbassano e le resistenze vengono abbandonate.
E ancora ne Il ciliegio Vania Erica Maso descrive un momento idilliaco, una riflessione su se stessa della protagonista dell’opera che appare rapita, forse avvolta dal ricordo di un momento appena trascorso, o forse trepidante per l’attesa di qualcosa che sta per accadere, ma in entrambi i casi la sua serenità, la sua solarità non possono fare a meno di uscire dalla tela e avvolgere l’osservatore che entra in connessione, in empatia, con il sentire della donna.
Persino in Sguardo al passato, processo che inevitabilmente conduce a una sensazione di nostalgia, fuoriesce l’impressione che quel volgere le spalle, quel capo girato indietro, non rappresenti un rimpianto, non infonda tristezza, bensì esprime la consapevolezza che tutto ciò che è stato ha costituito la base per costruire e rigenerare una nuova identità, più forte, più consapevole e più in equilibrio con se stessi. Le forme tondeggianti entrano in armonia con quelle geometriche, perché in fondo, sembra suggerire l’artista, l’esistenza non è altro che alternanza tra spigoli e morbidezze, tra eventi più incisivi e momenti più tranquilli, la cosa importante è riuscire sempre ad apprezzarne i risvolti, gli insegnamenti, considerando ogni circostanza come un’esperienza da cui attingere e in virtù della quale crescere.
Vania Erica Maso ha alle spalle un ventennale percorso nel campo artistico che l’ha condotta a creare uno stile assolutamente personale attraverso il quale riesce a liberare e manifestare la sua natura ottimista e delicata, sorridente nei confronti degli accadimenti e anche romanticamente legata alla bambina che è dentro di lei; non è solo pittrice bensì crea oggetti avvalendosi del riciclo e si è da poco avvicinata alla poesia. Nel corso della sua lunga carriera ha partecipato a numerose mostre collettive e personali sia in Italia che all’estero.
VANIA ERICA MASO-CONTATTI
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