Dinanzi a una versificazione rigorosamente in rima, nel rispetto delle regole tutte, a prima vista, si rimane un po’ spiazzati e sorpresi, nella sensazione, del tutto errata, di trovarsi al cospetto di modalità poetica superata, ma nel caso di Ada Negri non è propriamente così perché la sua è una scelta ponderata, matura, rigorosa. L’autrice privilegia la forma classica della poesia e realizza una scrittura dall’andamento regolare, capace di scivolare via con morbidezza e linearità, senza urti o scosse, senza frantumazioni e senza scatti, veri o di maniera, ed è attenta alla rima, quasi sempre e non a caso baciata, con prevalenza di versi ottonari e novenari, che favoriscono un cadenzato piano e musicalmente gradevole e in linea con le annotazioni contenutistiche, garbate e non sovrabbondanti, racchiuse in strofe per lo più tetrastiche.
Va detto che l’autrice è sempre vigile ed attenta, puntuale e precisa nella scelta terminologica e nella chiusa del verso e non cede mai alla tentazione autolesionistica della rima per la rima, ossia della parola che ripropone il facile suono e, di conseguenza, il verso risulta sempre pensato, rivisto, modificato, appropriato.
E dunque, pur apparendo semplice, è sempre il risultato del ripensamento meditato. E allora la forma risulta essere una sorta di rispecchiamento di un contenuto positivo, gradevole, armonioso, lineare, quasi idilliaco e sempre condito di serenità massima nella rievocazione degli affetti familiari, che dominano senza invadenza, senza remore, senza condizionamenti di sorta, in un’atmosfera leggera e quasi soffusa di accettazione piena e totale, che coinvolge l’autrice.
Non a caso essa non è soggetta a cambiamenti e mantiene sempre lo stesso cliché, fino a costituire un modus vivendi et operandi, anche quando la messe dei ricordi affonda nella lontanissima infanzia e spazia tra le conoscenze e le amicizie, i semplici rapporti senza screzi o litigi, o quando fa riferimento al “mare della vita” così ricca di complicazioni e di problematiche o quando ancora analizza il senso imperscrutabile del tempo che scorre inesorabilmente.
Ne esce un quadro di riferimento roseo e un senso di appagamento pieno, una modalità di approccio all’esistenza equilibrata, rara a trovarsi, e quindi anche più preziosa, in tempi di amarezze, vere o presunte, di scontentezze, di forti tensioni sociali, di individualismi ciechi, di pretese spesso gratuite di conquiste facili e leggere.
L’autrice si concede volentieri alla rievocazione per memoria che si fa chiara attraverso il recupero di tasselli-guida, puntuali e precisi, di affetti familiari sereni, di relazioni sicure e solide, palpitanti di vita e amorevoli, di lontananze fino all’infanzia e di richiamo alla fitta rete di amicizie custodite nel cuore e nell’anima. Si tratta di rimandi che affiorano alla mente spontaneamente, quasi immagini fotografiche di ricordi diversificati, di insegnamenti ricevuti e mai imposti dai nonni, dal padre, dalla madre, sempre disponibile, aperta, libera che ancora fa dire all’autrice: “…Ti sento al di là d’ogni schema / benefica, calma e serena…” (Alla mamma). Madre dunque, che sa dare amore, non mai possessivo, si connota quasi “… angelo che ci guarda, che ci insegna ad amare!…” secondo un aforisma del poeta francese Victor Hugo, e sempre capace di dolcezza e di “… un gaio / riso che mi commuove…” per dirla con Marino Moretti.
Lo stesso atteggiamento è riservato agli altri affetti familiari con le loro molteplici attestazioni e le indicazioni discrete sulle prospettive future. Di qui il rimando alle molte passeggiate in bicicletta, all’apprendimento del gioco della dama e alle prime esperienze dell’autrice, assecondata sempre ed incoraggiata nelle sue inclinazioni e nelle attitudini, particolarmente spiccate, nell’arte del disegno nella quale era ben dotata; di qui anche il richiamo alla piacevolezza e al godimento autentico dello stare insieme: “…Eran liete le giornate: / scuola, libri e passeggiate, / tanti giochi e diversivi / ci tenevan tutti vivi…” (Ai nonni). E così la quotidianità, non oziosa ma ricca di piccole cose, assume nella Negri il carattere della straordinarietà!
Il suo ritorno al passato si ammanta di godimento pieno, di dolcezza tutta da assaporare, di un che di fiabesco e sembra richiamare, con un punto zuccheroso di nostalgia e senza ombra di rimpianti, sia pure minimi, l’incanto favoloso che il poeta Guido Gozzano realizza nella poesia L’amica di nonna Speranza e che è ben sintetizzato nel verso: “rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!”.
Affiora sempre tanto amore filiale e tanta tenerezza nei confronti del padre: “…Eri mite, eri buono e gentile; / era questo da sempre il tuo stile…” (A papà). E subito dopo, nella stessa poesia, l’autrice cede alla forte tensione emotiva che la spinge a dichiarare: “… Eri saggio, ed in più generoso; / tu sei stato un papà delizioso…”; e ancora cede, per così dire, ad una spiegazione che è tutto dire: “…Tu giocavi con me da bambina, / mi portavi con te, ragazzina, // nelle gite, nei viaggi, a vedere / le città italiane e straniere”. E anche qui risulta facile l’invertito rimando sabiano: “La mia bambina con la palla in mano…”.
E con gli affetti familiari entrano in gioco, oltre alla rievocazione dell’infanzia, nuova età dell’oro, anche il senso problematico, e talora complicato, dell’esistenza e quello altrettanto misterioso del tempo: temi che la Negri affronta con consapevolezza, con l’accettazione pacata di tante contraddizioni, la perdita di talune certezze e con le sottese domande possibili e sempre con il velo della speranza e della fiducia che non viene mai meno come si può leggere: “Toccare una riva serena // allevia di molto la pena: / raggiungere il proprio ideale / è certo la meta che vale”.
A cura di Mario Santoro
L’AUTRICE
Ada Negri, nata a Conselice (RA) e residente a Ferrara, laureatasi in lettere classiche a Bologna, ha insegnato per oltre trent’anni greco e latino nei Licei. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Viole del pensiero (1993), …E la luce fu (1994), Il mare della vita (1996), Paesi e città del cuore (1997), I girasoli (1998), Opera Omnia (1999), Realtà e fantasia (2000), Verso il terzo Millennio (2001), Il fascino di Ferrara (2002), La bandiera italiana (2002), La Vita Umana (2003), Arcobaleno (2004), Nuova stagione poetica (2010); i testi di saggistica: Litterarum latinarum fragmenta (1999), Il kommós delle «Coefore» di Eschilo (2000), Limpide voci (2001), Saggi classici (2003), Saggi ferraresi (2003), Sintesi storico-letteraria dell’età ellenistica e greco-romana (2006), L’Età Classica della Grecia antica (2009), L’età Jonica della Grecia antica (2017). La biografia e l’attività letteraria di Ada sono trattate in due monografie curate da Fulvio Castellani: Dentro e attraverso la quotidianità (2003), Il racconto di una vita (2006).