Lo smog in gravidanza è un fattore di rischio per il diabete nel nascituro

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CATANIA – Lo smog ‘respirato’ in utero potrebbe compromettere il controllo glicemico dei nascituri; l’inquinamento atmosferico potrebbe dunque rappresentare un fattore di rischio ambientale per il diabete. È quanto riferito da Emily Oken della prestigiosa scuola di epidemiologia Harvard T.H. Chan School of Public Health a Boston, autrice di un lavoro pubblicato sulla rivista JAMA Network Open.

Lo smog e in particolare le polveri sottili sono stati collegati nell’ultimo periodo a una miriade di problemi di salute, dalle malattie cardiovascolari a quelle respiratorie, solo per citarne alcune. Di recente diversi studi hanno collegato l’esposizione in utero alle polveri sottili (il cosiddetto particolato fine, particelle di diametro piccolissimo che possono anche essere inalate e oltrepassare la barriera placentare) con problemi di salute del nascituro. Lo studio ha coinvolto 365 bambini di Città del Messico che sono stati esposti nella vita intrauterina a una concentrazione media giornaliera di PM 2.5 (le particelle molto piccole e inalabili composte da fuliggine, sporco, polvere, microgioccioline etc) pari a 22,4 microgrammi per metro cubo di aria (mcg/m3), un valore ben al di sopra del limite fissato dalle autorità locali messicane che è di 12 mcg/m3.

Gli esperti hanno misurato più volte dai 5 ai 7 anni l”emoglobina glicata’ dei bambini (una forma di emoglobina cui sono attaccate molecole di zucchero, misura in uso di routine per valutare il controllo glicemico individuale, e che al di sopra del valore di 6,5 segnala la presenza del diabete). È emerso che i bimbi che in utero sono stati esposti a particolato fine sopra i valori soglia presentavano in media aumenti dello 0,25% dell’emoglobina glicata tra i 5 e i 7 anni. Resta da capire in che modo l’esposizione a particolato fine in utero sia ricollegabile a un minor controllo glicemico durante l’infanzia. “Una spiegazione – suggerisce Oken – potrebbe essere che l’inquinamento causi alti livelli di infiammazione che sappiamo essere capaci di influenzare lo sviluppo e il funzionamento degli organi (dal cervello al pancreas, dal fegato ai muscoli e al grasso corporeo, che partecipano tutti alla regolazione dello zucchero nel sangue) con modalità che hanno effetti a lungo termine”, conclude Oken.

“Sono sempre più frequenti gli studi che mostrano l’associazione tra diabete e inquinamento atmosferico – rileva all’ANSA Francesco Purrello dell’Università di Catania, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) – e provengono da Paesi ad alto, medio e basso reddito, mostrando come questo fenomeno sia trasversale e poco influenzato dalle differenze tra i vari paesi. Un motivo in più – continua il diabetologo – per monitorare e agire con decisione in direzione ‘Green'”. Sono molteplici i meccanismi attraverso i quali gli inquinanti atmosferici possono aumentare il rischio di diabete, prosegue Purello. Tra i possibili vanno ricordati sicuramente l’infiammazione sistemica, lo stress ossidativo e alterazioni della secrezione insulinica o della sua azione periferica, conclude l’esperto.