ROMA – A due anni dall’uscita di “Masters”, si completa ora il lavoro di restauro e rimasterizzazione dell’opera “Battisti come non lo hai mai ascoltato”: oggi, venerdì 27 settembre, esce infatti “Masters – Vol.2” di Lucio Battisti, la seconda raccolta, targata Sony Music, contenente 48 brani estratti direttamente dai nastri analogici originali restaurati e rimasterizzati a 24bit/192KHZ, la migliore definizione attualmente possibile.
Nel 1994 Battisti consegnava il suo ultimo album in studio, “Hegel”. Ora, 25 anni dopo, Sony Music pubblica il secondo cofanetto dedicato a quello che è stato universalmente riconosciuto, da tutti coloro che hanno condiviso un percorso musicale con lui, un musicista di genio assoluto, oltre che un inguaribile curioso ed appassionato di musica.
In questo secondo volume, si riparte da alcuni dei personaggi chiave del mondo battistiano, come il produttore e discografico Alessandro Colombini e i musicisti Alberto Radius e Franz Di Cioccio, che già si erano prestati al lavoro di storytelling del primo volume di “Masters”. A loro si sono aggiunti Mario Lavezzi, il fonico Gaetano Ria, Phil Palmer, la discografica Mara Maionchi e Renzo Arbore, che ebbe un ruolo molto importante per i primi passi della carriera di Lucio.
Il quadro che ne emerge tende a concentrarsi su Battisti uomo di studio di registrazione, musicista tra i musicisti, direttore d’orchestra senza partiture, restio ai live, ma molto incline ai segreti del banco mixer e costantemente alla ricerca di nuovi suoni e nuovi macchinari in grado di produrre nuovi suoni. Inevitabilmente poi ne emerge un profilo dell’uomo, del suo carattere, della sua presunta timidezza, del suo modo di ottenere i risultati, del rapportarsi con gli altri e di un innato senso dell’umorismo che lo caratterizzava.
Il metodo Battisti non è teoria, ma un vero e proprio sistema di lavoro articolato e strategico che concepito da un solo individuo viene sviluppato e portato a termine da una collettività che inevitabilmente fa capo a quell’individuo, Lui che sembra guidare sempre tutti in modo chiaro, ispirato e non necessariamente autoritario. Il ruolo di leader Lucio ce l’aveva dentro e gli altri lo avvertivano e glielo riconoscevano con rispetto e ammirazione.
«Lucio fu un vero rivoluzionario per la musica italiana come lo furono i Beatles in Inghilterra. Si ispirava alla musica americana ma ragionava in termini di giri armonici inusuali che nessuno in Italia aveva mai suonato. Era un grande musicista, una dote, una passione che ho riscontrato solo nel primo Pino Daniele». – Renzo Arbore
«Aveva un modo rivoluzionario di comporre. Faceva canzoni squadrate in barba ai 4 quarti tradizionali. […] Lucio nel suo modo di fare musica aveva scomposto la metrica tradizionale. E lo aveva fatto partendo da usi e costumi che sono invece storicamente tipici della musica inglese ed americana». – Alessandro Colombini
«Lucio era timido sì, ma con le persone con cui aveva confidenza era molto aperto. Ed era un musicista straordinario. La prima volta che mi fece ascoltare “Motocicletta 10 hp” chitarra e voce rimasi sbalordito. Perché lui aveva anche il dono ritmico che non è qualcosa che dai per scontato in una chitarrista- Partiva con la chitarra e poi subito la “mela in bocca” che ti fa capire immediatamente il riferimento a Otis Redding. Era una canzone diretta che fatta alla chitarra e con voce sporca ti faceva venire i brividi». – Franz Di Cioccio
«Per Lui la voce era lo strumento che esprimeva il sentimento. Ecco perché dopo quando cominciò a farlo ed in studio ci rendevamo conto, riascoltando i nastri che in alcune parti magari era stato un po’ calante, Lui stesso magari diceva che gli andava bene cosi perché comunque gli sembrava che quella specifica interpretazione era riuscita a trasmettere emozione. Una volta non esisteva l’autotune e la voce non era filtrata o si poteva sistemare al pro-tools i singoli segmenti del cantato. Ma quello che giustamente contava per Lui era la capacità di emozionare». – Alberto Radius
«Era meticoloso. […] Lucio era basico nella musica, quintessenziale. A volte ascoltava gli arrangiamenti e diceva che c’era troppa confusione troppa roba, voleva asciugare i brani, renderli meno carichi di suoni». – Mario Lavezzi
«Ho fatto due album con Lui e la cosa che mi ha sorpreso di più era avere sempre la netta sensazione che musicalmente parlando avesse le idee chiare, sapesse dove voleva andare a parare. Preveniva sempre. Un vero intenditore di musica». – Phil Palmer
«Era un musicista geniale. Lucio era molto talentuoso, lui portava l’assoluta novità. Aveva dentro la sua testa tutta la partitura e niente di improvvisato, quando arrivava in studio aveva pensato e ripensato a tutto e non lasciava nulla al caso. Non credo molto nell’improvvisazione, al contrario penso che lui avesse ben chiaro cosa volesse ottenere e lasciava sempre aperta la porta a piccoli ritocchi che potessero venire apportati dall’intuito di Colombini, di Reverberi o dei musicisti che lo affiancavano in studio. Con lui si lavorava molto bene perché sapeva chiaramente ciò che voleva». – Mara Maionchi
«Lucio non voleva nessuno in studio tranne i musicisti che peraltro sceglieva lui stesso. Ero abituato a lavorare spesso con i gruppi. Lui voleva vedere tutti in faccia mentre suonava e dovetti approntare lo studio in modo tale che mentre suonavano lui fosse in una posizione dalla quale potesse guardare in faccia tutti, perché spesso con la mimica facciale comunicava ai vari musicisti cosa fare». – Gaetano Ria
“Masters”, il cui primo volume è stato pubblicato due anni fa, è nato con lo spirito e la possibilità di ascoltare il più grande musicista della storia della musica italiana “come non lo hai mai ascoltato”.