A volte i frammenti di alcune immagini rimango talmente impresse nell’emotività dell’artista, suscitandogli sensazioni che continuano a vibrare a lungo, da indurlo a scegliere la narrazione dei luoghi come manifestazione predominante della propria creatività. L’artista protagonista di oggi sceglie il paesaggio per raccontare emozioni che fuoriescono dall’opera per arrivare dritte alle corde interiori dell’osservatore.
Il paesaggio è stato per lungo tempo, nel corso della storia dell’arte, messo in secondo piano rispetto a soggetti religiosi o i ritratti di nobili o ancora di soggetti mitologici tipici del periodo preottocentesco, tuttavia a partire dalla metà del Diciassettesimo secolo il Realismo francese e quello inglese cominciarono a dare priorità alle riproduzioni di scorci di paesaggi che divenivano assoluti protagonisti di quelle tele. A quel primo passo verso la riscoperta dell’emotività suscitata da luoghi di incredibile impatto emotivo ma ancora legati al disegno, ai contorni definiti e alla forma come punto di partenza dell’opera d’arte, sono seguite le ribellioni dei Macchiaioli toscani, che affermavano l’importanza delle macchie di colore necessarie a definire le immagini e a generare la luminosità del risultato finale, dichiarando l’inutilità della definizione data da un disegno che, di fatto, nella realtà non esiste. Le tematiche magistralmente interpretate da artisti del calibro di Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Vincenzo Cabianca e Giuseppe Abbati, quelli tra gli esponenti della corrente che diedero priorità ai paesaggi tralasciando in molti dipinti la figura umana, furono poi elaborate e amplificate dall’Impressionismo che si staccò ancor più dall’eredità Realista, ancora presente nei Macchiaioli, per entrare in un mondo pittorico più indefinito, più frammentato nella composizione al punto di rendere necessario allontanarsi dalla tela per fruire in modo completo dell’immagine raccontata.
Luigi Salvatori si ispira alle linee guida del movimento pittorico toscano, evidente soprattutto nelle opere meno recenti nelle quali risalta il tocco poetico e luminoso degli scorci riprodotti, per poi tendere lentamente e in modo via via più incisivo verso un Espressionismo romantico, in cui l’emozione non è gridata, non è manifestata in modo forte, impulsivo, bensì sembra essere sussurrata, appare morbida, avvolgente nei confronti delle immagini che racconta.
Nel lavoro Esplosione di primavera sul mare il suo sguardo indugia sull’armonia della natura, sul mare lontano che appare come cornice del verde degli steli dei fiori, gialli e vivaci, sulla perfezione dei dettagli che compongono il dipinto e che divengono l’uno comprimario dell’altro, come se l’accento di Salvatori volesse posarsi sulla melodia completa, fatta anche del rumore delle onde e del vento tra i fiori. Questa è la sensazione che si avverte osservando l’opera, quella di essere lì, in quel paesaggio silenzioso eppure pieno di suoni lievi, gli stessi che l’artista ha sentito quando si trovava di fronte a quel luogo incantato.
Anche in Rovo sotto la neve la delicatezza interiore di Salvatori, la sua profonda sensibilità, si sofferma sulla poesia dei fiocchi che si posano su un ramo, immagine semplice e tuttavia piena di armonia, di ammirazione per uno spettacolo della natura, per l’equilibrio che si svela nella sua semplicità ma che racconta e rivela il frammento di emozione che ha impresso nello scrigno interiore dell’artista. Le opere più recenti tendono invece la mano all’Espressionismo, per i loro colori quasi irreali ma nonostante questo in grado di esaltare i monumenti romani, città in cui Salvatori vive e opera, vissuti forse al mattino presto, quando il traffico ancora non è in grado di offuscarne la bellezza, la maestosità, la struggente nostalgia per un tempo passato in cui gli edifici non erano monumenti storici bensì luoghi in cui la vita scorreva, punti di incontro di antiche civiltà capaci di lasciare un profondo segno nei secoli successivi.
Ecco quindi che lo stile di Salvatori si trasforma in lirica, in necessità di rendere omaggio a scorci visibili quotidianamente ma quasi trasformati dall’espressività che l’artista è capace di infondere loro, quel collocarli in un’atmosfera magica, poetica, irreale proprio per astrarli dal contesto e lasciarli sospesi tra cielo e terra, tra passato e presente, rendendo l’indefinito l’elemento coprotagonista di opere come Colosseo e Piazza Navona, l’immagine in copertina articolo, nelle quali il dettaglio è messo in secondo piano rispetto all’atmosfera rarefatta che emana da quei simboli senza tempo.
O nei lavori Sant’Ivo alla Sapienza e Roma dal Vittoriano in cui il grattage lievemente accennato contribuisce a regalare all’osservatore la sensazione di un passato che, nonostante i secoli trascorsi, si aggrappa al presente senza dimenticare tutto ciò che sotto i suoi occhi si è compiuto e delle trasformazioni a cui, silenziosamente, ha assistito. Il percorso artistico di Luigi Salvatori inizia presto in virtù di un’eredità genetica lasciatagli dai nonni, Marcello Salvatori e Mario Fornari entrambi pittori, che lo conduce a essere notato all’età di dodici anni e selezionato per esporre alla Galleria Nazionale Palazzo delle Esposizioni di Roma. Da quel momento in poi la sua vita è divisa tra la sua professione di architetto – si dedica alla progettazione di chiese nuove, di restauri, ristrutturazioni e arredi liturgici di chiese e ambienti sacri e comunitari – e quella di artista. È Presidente dell’Associazione Cento Pittori di via Margutta, ha esposto in numerose collettive presso importanti luoghi istituzionali ricevendo molti premi ed è presente in molti cataloghi e pubblicazioni d’Arte.
LUIGI SALVATORI-CONTATTI
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