Massimo Di Cataldo tra novità e produzioni, l’intervista

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Massimo Di Cataldo

Il noto cantante romano ci parla della grande passione per le canzoni di Mogol e Battisti, dei suoi ultimi singoli e dell’album di inediti che uscirà in primavera

Un artista poliedrico che da quel 1995, anno della pubblicazione del suo primo album, vanta una carriera che sfiora il quarto di secolo e che lo ha visto esibirsi sul palco dell’Ariston più volte, al Festivalbar nonché essere protagonista di numerosi show televisivi tra cui gli ultimi del 2018 “Ora o mai più” con Amadeus e “Tale e quale show” con Carlo Conti.

Dal 18 Gennaio, è in rotazione la tua cover “Con il nastro rosa” di Lucio Battisti che hai inciso in studio con la tua band rivisitandola con una versione che la avvalora di energia ed eleganza senza snaturarla però della sua essenza immortale.

“Una canzone che ti ha colpito sin dal primo ascolto e realizza il tuo grande sogno di poterla ricantare”, hai commentato. Entrando nel cuore del testo che indubbiamente riflette una espressività non moderna ma comunque autentica ed intramontabile, tu che sei un cantante e musicista dell’amore ma anche un cantautore, qual è la parte che più ti ha graffiato l’anima e ha avuto un forte impatto emotivo su di te facendotene innamorare?

Assolutamente sì è così, questa canzone mi ha colpito già partendo dall’incipit. La prima frase “inseguendo una libellula su un prato” è una immagine evocativa da cui si inscena il sipario centrale del singolo che credo in qualche modo abbia a che fare con i nostri sogni, le nostre domande ed i nostri perché ed il senso che ne cerchiamo di afferrare. Un senso che non sempre è così semplice da capire e trovare e sul quale si rischia di inciampare proprio perché le risposte non riusciamo a darcele nel momento in cui ci poniamo le questioni. La risposta è perciò “lo scopriremo solo vivendo” ed è quindi questa l’analisi che mi sono fatto della canzone e che è sostanzialmente anche il motivo che ha poi stimolato tutto il mio lavoro. Ero un ragazzino la prima volta che l’ho sentita e ho sognato anche io di fare questo lavoro, trasferendo la mia passione in questa forma di comunicazione sublime che è la canzone.

di cataldo

Hai girato il video di “Con il nastro rosa” al CET, la tenuta nel Centro Italia dell’autore Mogol e con il paroliere indiscusso hai avuto modo di parlare del valore di questa canzone immortale. Questa esperienza di incisione, cosa ha significato per te? Quanto ti ha arricchito professionalmente e che importanza gli attribuisci?

Per me è stato assolutamente un onore poter entrare in questo luogo dove si respira musica, cultura, arte e dove le generazioni si scambiano questa “staffetta” musicale. Ritengo che Mogol sia stato molto generoso dandomi la possibilità di girare le immagini proprio al CET dove ci sono le foto in bianco e nero che documentano il lavoro fatto con Battisti in quegli anni meravigliosi per la musica italiana. Lo ritengo un maestro e come tale mi sono approcciato cercando di fare un omaggio a quella che è la sua arte.

Negli ultimi due anni sono susciti tre tuoi nuovi singoli. Nel 2017, “Prendimi l’anima”, nel gennaio 2018 “Domani chissà” e sempre nello stesso anno, l’inedito “Ci credi ancora all’amore”. Partiamo da “Prendimi l’anima” che tratta la difficoltà di comunicazione nell’era dei social e l’invito a ritrovare il senso delle relazione vere. Credo che questa canzone contenga un messaggio molto importante per i giovani della nostra epoca.

Quello che scrivo è retorico ed sempre una mia esperienza ed ho come l’impressione che ci si possa perdere a volte. La tecnologia ci mette a disposizione delle grandi possibilità per la comunicazione perché grazie ad essa possiamo trovarci ma anche allontanarci paradossalmente. Si rischia infatti di non incontrarsi fisicamente, di non guardarsi negli occhi e di dimenticare quelle che poi sono le componenti importanti che non sono solo verbali o comunque scritte ma fanno parte anche del nostro istinto e che attraverso un device digitale non hanno sempre un feedback così diretto.

“Domani chissà” e “Ci credi ancora all’amore” invece sono prettamente singoli autobiografici, parlano d’amore e rappresentano in pieno il tuo nuovo percorso artistico. Si tratta di un percorso che arriva in concomitanza con i festeggiamenti dei tuoi 50 anni al Piper Club di Roma e quasi trent’anni di lavoro. Lo senti come un progetto che riflette l’inizio di una fase di maturità musicale e professionale o come una tappa evolutiva che ti traghetterà verso altri suoni futuri?

La coincidenza dei cinquant’anni è ovviamente importante ma è senz’altro un punto della situazione. É un momento nella mia vita in cui mi chiedo dopo molte esperienze e dopo aver messo anche un po’ alla prova i miei sentimenti se l’amore è stato solo un’illusione, un’ideale o qualcosa di più in cui si può ancora credere e confidare. La risposta per me è positiva nel senso che io ci credo ancora. Lasciare spazio per poter continuare a desiderare di essere felici, questo lo ritengo sempre fondamentale.

In primavera, Massimo uscirà il tuo undicesimo album se non sbaglio. Un album di inediti. Quale è il messaggio che intendi portare alle persone con questa nuova produzione? Hai già le date del tour da dirci?

Sono dell’idea che ognuno trova quello che più gli appartiene e vive la canzone a suo modo. Non so dirti se c’è un messaggio. Ci sono vari concept che si legano tra una canzone e l’altra. Sicuramente si parlerà di amore, esperienze personali, di vissuto, di nozioni. Per quanto riguarda le date, il calendario si è appena aperto e dunque sono in aggiornamento ma posso anticipare che partiranno da fine primavera, inizio estate.

Dopo una intensa carriera alle spalle ed anni di esperienza ed esperienze, con quale desiderio ti svegli la mattina rispetto il tuo lavoro? Ci sono dei sogni irrealizzati se ti guardi indietro?

Più che al lavoro penso in termini di rapporti relazionali che sono poi più importanti. Intendo dire circondarsi di persone con le quali c’è lealtà, rispetto e che credo tutto sommato sia una questione di scelte. Mi auguro soprattutto di mantenere una certa apertura anche nei confronti del prossimo perché nel corso della vita ci possono essere tante esperienze che ti chiudono. Insomma direi un desiderio più umanitario che lavorativo.

Ti faccio un grande in bocca al lupo, Massimo.

Evviva!