ROMA – Giorgia Meloni dice no all’uso del Mes (ma sulla ratifica deciderà il Parlamento), ammette e anzi “rivendica” le “frizioni” con la Francia sui migranti, ribadisce il pieno sostegno all’Ucraina, chiede un Patto Ue che sia “meno di stabilità e più di crescita”. Alla prima intervista televisiva da premier nel salotto di Bruno Vespa, la Meloni ha parlato del Mes, il fondo salva-stati, e senza mezzi termini ha assicurato: “Finchè io conto qualcosa l’Italia non accederà al Mes, lo posso firmare con il sangue”. Per quanto riguarda la ratifica, però, è più cauta, anche perchè se l’Italia dicesse no sarebbe isolata in Europa. La premier ammette che c’è un problema dovuto proprio al fatto che “se siamo gli unici che non approvano la riforma blocchiamo anche gli altri…”, ma sostiene che la ratifica “non è un grande tema”. Il problema, per lei, è che lo strumento è “troppo poco utile”, tanto è vero che “non lo ha mai utilizzato nessuno”.
Per questo, ha annunciato, “voglio parlare con il direttore del Mes per capire se c’è un modo per farlo diventare utile”. Sui migranti, la presidente del Consiglio non smorza minimamente i toni con la Francia, dopo le tensioni tra Parigi e Roma sulle navi Ong. Anzi. Effettivamente, sottolinea, c’è stata una “frizione” che però “rivendico” perchè la reazione transalpina è stata “molto risentita” e ha rivelato quello che era un “tacito accordo” e cioè che l’Italia dovesse essere “l’unico porto di approdo” in Europa. E invece il governo, dopo aver ottenuto dalla Commissione Ue di indicare la rotta del Mediterraneo centrale come una “priorità”, vuole proseguire con la linea dura.
“Quelli che accogliamo noi – scandisce Meloni – sono banalmente quelli che hanno i soldi da dare agli scafisti. Io non credo che questo sia un modo intelligente di gestire l’immigrazione”. Per la presidente del Consiglio il modello da “europeizzare” è quello della Spagna: “Apro i consolati in Africa e lì valuto chi ha diritto a essere rifugiato. Ma poi respingo tutti gli altri e non voglio sentire ragioni”. Altro tema su cui l’Italia può “fare la differenza” nei prossimi mesi è quello della revisione del Patto di stabilità e crescita. Fino a ora, ha detto la premier ai diplomatici, “è stato più stabilità che crescita e invece deve essere più crescita e meno stabilità”. Su questi e altri temi, ha garantito, il governo interverrà nei tavoli internazionali facendo “sentire la sua voce senza arroganza e con spirito costruttivo ma con la consapevolezza, che non sempre ho letto, di quello che rappresentiamo, della nostra forza reale”.
In questi primi due mesi da premier, infatti, “mi sono resa conto di quanta voglia, richiesta e disponibilità di Italia ci sia in giro per il mondo”. Meloni ribadisce anche la collocazione nell’Occidente, è “il nostro campo da gioco”, “senza l’Italia non ci sarebbe”. Dunque pieno sostegno a Kiev, dove vorrebbe andare nei primi mesi del prossimo anno: “L’Italia ha fatto quel che doveva fare e continuerà a fare quel che deve fare” per l’Ucraina perchè “non basta dichiarare la pace per ottenerla”. Quel che il conflitto ha mostrato, per la premier, è che l’Europa e l’Italia in passato hanno sbagliato le scelte strategiche e oggi emerge chiaramente la “nostra dipendenza energetica dalla Russia ma anche l’eccessiva dipendenza nella sicurezza dagli Usa”.
Per questo occorre, nel primo caso, diversificare le fonti di approvvigionamento e, nel secondo, agire come attori forti in politica estera. E quindi “la spesa militare è necessaria per difendere gli interessi nazionali” perchè “se chiedi a qualcun altro di farlo non lo fa gratis” e “devi essere più possibile autonomo”. Venerdì, come detto, la visita al contingente italiano a Erbil, mentre altri ministri faranno visita ai soldati dislocati in altri contesti. “Un segnale importante – ha detto Meloni ai parlamentari – da dare ai nostri uomini e alle nostre donne che sicuramente si sacrificano più di noi”.