Esistono alcuni artisti che hanno bisogno di entrare in stretta connessione con la materia per riuscire a comprendere la leggerezza di tutto ciò che circonda la vita e la sua essenza, spingendosi verso approfondimenti e riflessioni necessari a liberare la mente per entrare nella dimensione creativa dove tutto può essere trasformato e adattato all’impulso realizzativo; durante questo processo l’inconscio entra in dialogo con l’interiorità a un livello superiore, di ascolto delle energie sottili che aleggiano intorno all’essere umano e che regolano il ciclo dell’esistenza di ogni componenete del mondo abitato e anche di ciò che esiste pur non essendo riconoscibile. La protagonista di oggi compie questa profonda riflessione per dar vita alla sua nuova produzione artistica.
La nuova serie di Daniela Rebuzzi si muove su un tipo di ricerca specifica che si sintonizza con la natura esplorandone i principi alla base della sua stessa vita, quelli che muovono le energie fondamentali e che con la loro contrapposizione sono l’essenza stessa di tutto ciò che si manifesta e si genera in perpetua evoluzione. L’analisi dell’artista si sviluppa verso quella capacità metamorfica che appartiene alla natura e che non permette ad alcun elemento di essere statico o di trovare un termine, bensì si rigenera donando una nuova esistenza a tutto ciò che avrebbe finito il suo ciclo vitale; dunque tutto ciò che esiste continua a farlo, modificando la propria struttura e permettendo la nascita di una conformazione differente ma ugualmente tangibile. Acqua, aria, terra e fuoco costituiscono pertanto l’ispirazione per Daniela Rebuzzi nell’andare a interpretarne le sfaccettature, gli aspetti visibili tanto quanto quelli intuibili, intesi come conseguenze naturali di quelle essenze, e lo fa con il suo stile concettuale e soprattutto materico, dove la materia si insinua appunto nel medesimo concetto di trasformazione e lo amplia persino, mostrando quanto la metamorfosi possa appartenere alla creazione artistica; le opere sono infatti realizzate in tela su cui l’artista agisce con il colore a olio trasformandone la forma e l’essenza, e a volte aggiungendo anche ulteriore materia che ne enfatizza il senso e la consistenza originaria. Lo stile artistico di Daniela Rebuzzi si collega a quel periodo sperimentale che ha contraddistinto la scuola della Bauhaus diretta da Walter Gropius, dove l’interazione tra arte, artigianato, discipline tecniche, era alla base stessa dell’esistenza dell’istituto; in particolare l’applicazione delle conoscenze artigianali fu fondamentale a sviluppare poi, all’inizio della seconda metà del Novecento, quell’Arte Povera in cui ogni materiale di comune utilizzo è utilizzato per dare vita a opere che ancora una volta, come già accaduto agli inizi del Ventesimo secolo, entravano in contrapposizione con le tecniche artistiche tradizionali per affermare la concretezza della creazione e del suo risultato finale, allontanandosi così dall’idea di trascendenza e sovratemporalità dell’arte.
L’approccio di Daniela Rebuzzi evolve questo concetto, pur rappresentandolo nella sua essenza, perché differentemente dagli esponenti dell’Arte Povera lei si allontana dall’enfasi installativa che appartiene ai rappresentanti dello stile originario, come Jannis Kounellis o Joseph Beuys, e si avvicina invece alle tecniche esecutive della Fiber Art, con i suoi ritagli, gli intrecci, i tagli e gli inserti con cui compone le sue opere. Eppure ancora una volta Daniela Rebuzzi sfugge a qualsiasi inquadramento all’interno di una corrente specifica, perché lei ha bisogno di generare un tipo di linguaggio che sia solo suo e che, pur mostrando le succitate origini ispirative, di fatto se ne allontana, o forse sarebbe meglio dire che le adegua al suo sentire e al suo intuito creativo.
Dunque le tecniche della Fiber Art vengono applicate e mescolate ai materiali dell’Arte Povera, visibili nella serie Metamorfica dove la tela diviene oggetto di sperimentazione, di nuova analisi che genera un inedito punto di vista sulla modificazione dell’apparenza e della struttura di ciò che sotto lo sguardo dell’artista può divenire arte, unendosi così al principio stesso della natura dove appunto nessuna cosa muore bensì semplicemente muta in altro la sua forma.
L’opera Terra mostra un’apparenza tribale, indigena, sia nei disegni che la compongono e sia nelle tonalità scelte da Daniela Rebuzzi per rappresentare il più solido tra gli elementi, quello concreto, quello su cui l’essere umano poggia, letteralmente, tutta la sua esistenza; la stratificazione della tela ritagliata genera tuttavia la sensazione che nonostante la fermezza appartenente alla terra, tutto può essere invece labile e incerto, pronto a svelare la sua instabilità a dispetto della sua compattezza. La tela è tagliata in modo regolare, a pelle di serpente forse per sottolineare la vicinanza dei rettili con l’elemento terra con cui sono così fortemente a contatto da sentirne anche le minime vibrazioni, il calore, la solidità. L’Acqua, l’immagine in copertina articolo, viene rappresentata dall’artista con sottili strisce di tela dipinta e associate sulla base della gradazione cromatica, dando così la sensazione di mobilità costante che le appartiene per definizione, incapace di soffermarsi e di essere uguale a se stessa secondo dopo secondo; ciò che emerge da questo lavoro è il concetto del Panta Rei eracliteo che impedisce all’elemento liquido di restare fermo divenendo così metafora della costante evoluzione che appartiene al moto perpetuo della natura. Le strisce libere evocano così il movimento, l’ondulazione accentuata dalle sfumature di azzurro che vanno a comporre il colpo d’occhio finale ma che modificano la loro essenza all’avvicinarsi all’opera, come se fosse idealmente riprodotta l’idea dell’inafferrabilità della cangiante acqua.
In Aria invece Daniela Rebuzzi, alla tela arrotolata su se stessa come una spirale aggiunge la leggerezza impalpabile delle piume, che rappresentano proprio l’inafferrabilità, l’invisibilità di qualcosa che avvolge l’universo intero, che è presente pur non essendo definibile né palpabile a causa di un’inconsistenza che tuttavia non ne diminuisce l’importanza vitale per ogni essere umano; l’aria genera la vita sulla terra perché non esiste forma vivente che non ne abbia bisogno per respirare ma dal punto di vista metaforico evoca la vita invisibile, quel qualcosa che circonda l’esistenza pur non potendo essere afferrata. La voluta di piume nere viene intervallata da piume bianche, suggerendo un vortice che attrae verso il suo interno, o al contrario, che dona verso l’esterno, in un equilibrio ideale dove tutto ciò che si dà poi alla fine riceve; è questo il senso dell’opera che si lega alla spiritualità, a quel sentire senza spiegazione che ha bisogno proprio della leggerezza dell’aria per potersi liberare ed elevare dal corpo.
L’elemento Fuoco, opposto all’aria, diviene suo complemento, la riscalda, la illumina, la sublima proprio per quella forza primordiale che da esso scaturisce e che attraverso l’incontro con la sua antitesi riesce a creare vita proprio da quell’incontro-scontro tra caldo e freddo, tra il rosso dell’energia vitale e l’ossigeno rigenerante che l’aria fornisce. In questo lavoro Daniela Rebuzzi incide solo parzialmente la tela, riproducendo idealmente le estroflessioni di Enrico Castellani realizzate però con la tecnica del taglio Lucio Fontana, pur mantenendo un gesto più controllato, meno casuale e più preciso perché finalizzato al perfettamente equilibrato risultato finale; il colore passa dai toni del giallo centrale a quello del rosso che lo contorna, come se l’esplosione di calore dirompesse verso l’esterno della tela anche in virtù di quei tagli, simbolo dell’energia vitale del fuoco. La metamorfosi della consapevolezza e della coscienza, non può però trascurare ciò che nasce dall’antitesi di questi elementi e che conduce verso la capacità di ascoltare anche tutte quelle energie sottili che ruotano intorno alla natura, che ne fanno parte anche se impercettibili ai più e che si insediano su una dimensione differente, quella che costituisce nella serie Metamorfica, il quinto elemento, l’Etere.
La parte più pura e luminosa dello spazio, quella sostanza estremamente rarefatta e imponderabile, presente in ogni parte dell’universo e che fino alla fine dell’Ottocento era ritenuta essere il mezzo in cui si propaga la luce, viene rappresentata da Daniela Rebuzzi in maniera sorprendentemente concreta ed evocando le otto punte dell’ottagono, figura geometrica che si lega all’etere per il suo rappresentare l’equilibrio cosmico, e soprattutto raccontata attraverso un intreccio di tela multicolore, in cui l’artista mostra la sua padronanza della tecnica della Fiber Art ma anche dell’abilità del plasmare la tela rendendola altro dalla sua forma originaria per assecondarla al proprio sentire e al proprio linguaggio artistico che necessita una personalizzazione intimista e al contempo materica.
Daniela Rebuzzi ha al suo attivo la partecipazione a mostre ed eventi internazionali in Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Emirati Arabi, Austria e al di là dell’oceano, negli Stati Uniti, a Miami e New York.
DANIELA REBUZZI-CONTATTI
Email: info@danielarebuzzi.ch
Sito web: www.danielarebuzzi.ch
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Instagram: www.instagram.com/daniela_rebuzzi/
There are some artists who need to enter into a close connection with matter to be able to understand the lightness of everything that surrounds life and its essence, pushing themselves towards insights and reflections necessary to free the mind to enter the creative dimension where everything can be transformed and adapted to the creative impulse; during this process the unconscious enters into dialogue with the interiority at a higher level, listening to the subtle energies that hover around the human being and which regulate the cycle of existence of every component of the inhabited world and also of what exists despite not being recognisable. Today’s protagonist makes this profound reflection to give life to her new artistic production.
Daniela Rebuzzi‘s new series moves on a specific type of research that is in tune with nature by exploring its underlying principles, those that move the fundamental energies and that with their opposition are the very essence of everything that manifests and generates in perpetual evolution. The artist’s analysis develops towards that metamorphic capacity that belongs to nature and that does not allow any element to be static or to find an end, but rather regenerates itself by giving a new existence to everything that would have finished its life cycle; therefore everything that exists continues to do so, modifying its own structure and allowing the birth of a different but equally tangible conformation. Water, air, earth and fire are therefore the inspiration for Daniela Rebuzzi in interpreting their facets, the visible aspects as much as the intuitable ones, understood as the natural consequences of those essences, and she does so with her conceptual and above all material style, where matter insinuates itself into the same concept of transformation and even expands it, showing how metamorphosis can belong to artistic creation; the artworks are in fact made of canvas on which the artist acts with oil colour, transforming the form and essence, and sometimes even adding further material to emphasise the original sense and consistency.
Daniela Rebuzzi‘s artistic style is connected to the experimental period that characterised the Bauhaus school directed by Walter Gropius, where the interaction between art, craftsmanship and technical disciplines was the very basis of the institute’s existence; in particular, the application of craftsmanship knowledge was fundamental in developing, at the beginning of the second half of the twentieth century, that Arte Povera in which every commonly used material is used to give life to works that once again, as had already happened at the beginning of the twentieth century, contrasted with traditional artistic techniques to affirm the concreteness of creation and its final result, thus moving away from the idea of transcendence and super-temporality of art. Daniela Rebuzzi‘s approach evolves this concept, while still representing it in its essence, because unlike the exponents of Arte Povera, she moves away from the installation emphasis that belongs to the representatives of the original style, such as Jannis Kounellis or Joseph Beuys, and instead approaches the execution techniques of Fiber Art, with its cropping, weaves, cuts and inserts with which she composes her artworks.
Yet once again Daniela Rebuzzi eludes any framing within a specific current, because she needs to generate a type of language that is uniquely her own and that, while showing the aforementioned inspirational origins, in fact distances herself from them, or perhaps it would be better to say that she adapts them to her feeling and creative intuition. Thus, the techniques of Fiber Art are applied and mixed with the materials of Arte Povera, visible in the Metamorphic series where the canvas becomes the object of experimentation, of a new analysis that generates an unprecedented point of view on the modification of the appearance and structure of what under the artist’s gaze can become art, thus uniting with the very principle of nature where, in fact, nothing dies but simply changes its form into something else.
The artwork Terra shows a tribal, indigenous appearance, both in the drawings that compose it and in the shades chosen by Daniela Rebuzzi to represent the most solid of elements, the concrete one, that on which the human being literally rests his entire existence; the layering of the cut canvas, however, generates the feeling that despite the firmness belonging to the earth, everything may instead be labile and uncertain, ready to reveal its instability in spite of its compactness. The canvas is cut in a regular, snake-skin pattern, perhaps to emphasise the reptiles’ closeness to the earth element with which they are so strongly in contact that they feel even its slightest vibrations, its warmth, its solidity. Water, the image in cover of this article, is represented by the artist with thin strips of painted canvas and associated on the basis of colour gradation, thus giving the sensation of constant mobility that belongs to it by definition, incapable of pausing and being the same as itself second after second; what emerges from this work is the concept of the Heraclitean Panta Rei that prevents the liquid element from remaining still, thus becoming a metaphor for the constant evolution that belongs to the perpetual motion of nature. The free strips thus evoke movement, the undulation accentuated by the shades of blue that compose the final glance but change their essence as one approaches the artwork, as if were ideally reproducedd the idea of the elusiveness of the iridescent water. In Aria, on the other hand, Daniela Rebuzzi, adds the impalpable lightness of feathers to the canvas rolled up on itself like a spiral, representing precisely the elusiveness, the invisibility of something that envelops the entire universe, that is present even though it is neither definable nor palpable due to an inconsistency that nevertheless does not diminish its vital importance for every human being; air generates life on earth because there is no living form that does not need it in order to breathe, but from a metaphorical point of view it evokes the invisible life, that something that surrounds existence even though it cannot be grasped. The volute of black feathers is interspersed with white feathers, suggesting a vortex that attracts inwards, or conversely, that donates outwards, in an ideal balance where everything that is given is then received; this is the sense of the work that is linked to spirituality, to that feeling without explanation that needs the very lightness of air to be able to free itself and elevate itself from the body. The element Fire, opposite to air, becomes its complement, it warms it, illuminates it, sublimates it precisely because of that primordial force that arises from it and that through the encounter with its antithesis is able to create life precisely from that encounter-clash between hot and cold, between the red of vital energy and the regenerating oxygen that air provides.
In this work, Daniela Rebuzzi only partially etches the canvas, ideally reproducing Enrico Castellani‘s extroflexions but made with Lucio Fontana‘s cutting technique, while maintaining a more controlled gesture, less casual and more precise because aimed at the perfectly balanced final result; the colour passes from the central yellow tones to the red that surrounds it, as if the explosion of heat bursts outwards from the canvas also by virtue of those cuts, symbolising the vital energy of fire. The metamorphosis of awareness and consciousness, however, cannot overlook what is born by the antithesis of these elements and which leads towards the ability to listen also to all those subtle energies that revolve around nature, that are part of it even if imperceptible to most, and that settle on a different dimension, the one that constitutes in the Metamorfica series, the fifth element, Ether.
The purest and most luminous part of space, that extremely rarefied and imponderable substance, present in every part of the universe and which until the end of the 19th century was believed to be the medium in which light propagates, is represented by Daniela Rebuzzi in a surprisingly concrete manner and evoking the eight points of the octagon, a geometric figure that is linked to the ether for its representation of cosmic balance, and above all told through a weave of multi-coloured canvas, in which the artist shows her mastery of the technique of fibre art but also of the skill of shaping the canvas, making it different from its original form to suit her own feelings and her own artistic language, which requires a personalisation that is both intimist and material. Daniela Rebuzzi has participated in international exhibitions and events in Italy, France, Great Britain, Spain, the United Arab Emirates, Austria and across the pond, in the United States, in Miami and New York.
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