Scegliere di dare una propria personale versione dell’osservato, anche laddove si distacca completamente dalla realtà oggettiva, costituisce una caratterizzazione dell’espressività che mostra l’esigenza, da parte dell’autore di un’opera, a cercare di spostarsi su un piano parallelo a quello della contingenza, evadendo così da una dimensione contemporanea spesso troppo limitante o insoddisfacente per una sensibilità incapace di restare impigliata nelle pieghe della quotidianità. Nel momento in cui si manifesta questo tipo di esigenza rappresentativa la traduzione stilistica può vertere verso un linguaggio assolutamente singolare, proprio perché frutto di un’interiorità unica e distinta da quella di chiunque altro, esattamente come accade osservando le opere dell’artista di cui vi racconterò oggi, la quale conduce letteralmente l’osservatore all’interno di un mondo affascinante dove ciascun elemento della narrazione sembra avere una propria vitalità che esce dagli schemi per rientrare in quella soggettivizzazione appartenente ai sognatori.
Il tema della fuga dalla realtà è stato affrontato per la prima volta, dopo un caso quasi unico nella storia dell’arte cinquecentesca costituito da Hieronymus Bosch, con l’affermarsi del Simbolismo, dunque intorno alla fine dell’Ottocento, che svelò quanto forti fossero le energie sottili esistenti intorno all’essere umano e quanta vita vi fosse persino dietro oggetti inanimati. Malgrado i rappresentanti di questa corrente, fra i maggiori Odilon Redon, Arnold Böcklin e Gustave Moreau, si concentrassero più sul soprannaturale a volte inquietante che non sulla fantasia, di fatto aprirono la strada a tutti quei movimenti appena successivi in cui l’aderenza alla realtà non era più sufficiente a manifestare la personalità espressiva degli autori. I Fauves trasformarono quel distacco dalla contingenza in libertà narrativa grazie alla quale determinarono la netta frattura con le regole pittoriche accademiche per tendere verso uno stile innovativo in cui il colore era l’elemento principale perché doveva associarsi alle emozioni, al sentire dell’autore dell’opera; dalle prime intuizioni di Henri Matisse, André Derain e Maurice de Vlaminck si sviluppò successivamente il movimento dell’Espressionismo, funzionale per gli artisti che vi aderirono a esprimere in maniera chiara e inequivocabile le sensazioni più profonde, le paure, i disagi, le crisi esistenziali oppure, al contrario, la leggerezza, il sogno, la magia dietro le piccole cose e la necessità di fuggire da una realtà spesso inadeguata a raggiungere la serenità spasmodicamente inseguita.
Dunque gli autori diedero un significato e un’accezione differente all’Espressionismo sulla base della loro personalità pittorica: più sognante e teso verso il romanticismo delle atmosfere in grado di avvolgere l’osservatore Marc Chagall, più orientato alla fuga fisica scegliendo di raccontare un mondo diverso e lontano Paul Gauguin; bisognoso di astrarsi completamente da una contingenza insopportabile immaginando un universo ideale dove la sua follia e il suo disagio scomparissero tra i colori vivaci Vincent Van Gogh e infine dedito a scoprire l’essenza dei familiari oggetti inanimati Paul Cézanne. Ciascuno di loro riuscì a lasciare una profonda traccia nella storia dell’arte costituendo un nuovo modo di porsi verso la pittura e permettendo agli autori contemporanei di assorbire le loro esperienze mescolandole alle altre che li hanno preceduti e quelle che li hanno seguiti. Come nel dell’artista Tatiana Petri, di origine polacca ma da anni residente in Francia, che trova fonte di ispirazione nelle celeberrime tele di Pablo Picasso e di Amedeo Modigliani pur dando origine a uno stile molto personale in cui le influenze dei due maestri vengono trasformate e adattate a una tendenza verso la deformazione dell’osservato necessaria a entrare nella dimensione sognante e fantastica con la quale riesce a esprimere se stessa attraverso la pittura.
L’esigenza di distaccarsi dalla contingenza la spinge a volte verso una sottile astrazione, come se confondendo i confini con la realtà le fosse più semplice ascoltare le voci di tutto ciò che la circonda, di quelle piccole cose tanto care a Matisse e a Cézanne e che con lei assumono un aspetto quasi magico, sembrano animarsi muovendosi sulla tela per permettere all’osservatore di percepirne il desiderio di svelarsi, di entrare in connessione per raccontare la loro personalità, il loro essere vivi al di là del possibile. I colori utilizzati da Tatiana Petri sono vividi e irreali ma mai invadenti, mai intensi al punto di divenire aggressivi come accadeva con i Fauves, bensì restano discreti e tenui proprio per sottolineare l’incantesimo in cui la sua realtà immaginaria vive e si muove. Divide la sua produzione artistica in serie pittoriche che declina con diverse sfaccettature mostrando quanti differenti aspetti possa assumere un oggetto o qualunque cosa apparentemente inanimata che, sotto lo sguardo di Tatiana Petri, diviene invece piena di vita e di personalità.
Questo è il caso delle opere appartenenti al gruppo delle Maison dove l’osservatore non può fare a meno di sentirsi conquistato e divertito dall’aspetto insolito dei palazzi, dai loro colori irreali e spesso con una dominante che si accorda allo stato d’animo dell’autrice nel momento in cui la memoria, o l’immaginazione, corrono verso lo scorcio raccontato e messo in evidenza.
Domy, Maison anglaise mostra un equilibrio improbabile, sembra tenersi in piedi grazie all’ironia e alla capacità di sdrammatizzare di Tatiana Petri che crea così uno scorcio fantastico in cui toglie solennità all’edificio rendendolo così più simpatico, più umano, quasi si mettesse in posa in quel modo buffo per attrarre l’attenzione dell’osservatore che immagina che al suo interno si svolga una vita fiabesca e magica. Anche nella serie dedicata agli oceani ciò che prevale sulla realtà è la tendenza a una narrazione fiabesca, quasi come se l’artista volesse sottolineare quando sia più bello e stimolante chiudersi all’interno del proprio mondo fatto di incanto, di immaginazione attraverso la quale tutto ciò che la circonda possa avere una propria esistenza meno formale, meno seriosa e decisamente più stimolante dal punto di vista ludico; sembra proprio giocare con le forme e con i colori Tatiana Petri, usandoli per ravvivare il cielo, il mare, per descrivere le barche a vela in maniera deformata, più tonda, quasi fossero giocattoli in virtù dei quali riuscire a stimolare, e lasciar fuoriuscire, il bambino dentro ogni adulto.
È esattamente per questo che le sue tele appaiono tanto magnetiche, trasportano all’interno di un mondo improbabile quanto possibile perché con lo sguardo dell’immaginazione ogni realtà può essere ridisegnata e interpretata, posta in una dimensione giocosa e nostalgica verso la spontaneità e l’immediatezza perduta nell’età matura.
Quando racconta il mondo femminile invece Tatiana Petri ritrova un maggiore Realismo, sebbene la gamma cromatica sia sempre decontestualizzata a cercare un’opportunità di fuga verso un universo più fatato e le linee dei contorni mantengano la caratteristica definita dell’Espressionismo; in Venus verte infatti, malgrado la descrizione sia molto vicina a ciò che lo sguardo osserva, di fatto il colore utilizzato è completamente estraneo a quello della pelle, quasi l’artista volesse mantenere un forte legame con la fantasia, come se la donna appartenesse a un mondo incantato dentro cui vive le sue emozioni, la sua quotidianità liberando proprio lì la sua essenza profonda e al contempo serena.
Il gesto di coprirsi il volto sembra essere dovuto a un momento di gioia, di spensieratezza che le permette di ridere di se stessa o di prendere atto di una svista che prende nel dovuto modo, cioè con la consapevolezza che sia solo un contrattempo all’interno di un equilibrio molto più solido.
Anche in Le touché la base cromatica è quella del verde, mostrando che nella fase pittorica attuale l’artista stia attraversando un periodo tonale intimista, irreale ma predominante, esattamente come accadde a Picasso nei cicli pittorici evolutivi che precedettero l’approdo all’elaborazione del Cubismo; la donna raccontata da Tatiana Petri viene ritratta in un momento di abbandono verso una sensazione, un’emozione che deve essere vissuta con tutta l’intensità provata dalla protagonista e percepita dall’artista; il confine tra realtà e fantasia è sempre molto sottile, ma qui emerge la dolcezza e il trasporto verso un’interiorità che comunque appartiene all’essere umano, sia che sia vissuta nella quotidianità, sia che invece appartenga al ricco e accogliente mondo immaginario.
Tatiana Petri, nata a Cracovia dove ha conseguito il diploma in scenografia e pittura presso l’Accademia di Belle Arti ma residente in Francia ormai da molti anni, ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive e fiere internazionali in Francia e in Polonia.
TATIANA PETRI-CONTATTI
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Sito web: www.tatianapetri.fr/
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Choosing to give one’s own personal version of the observed, even when it is completely detached from objective reality, constitutes a characterisation of expressiveness that shows the need, on the part of the author of an artwork, to try to move to a plane parallel to that of contingency, thus escaping from a contemporary dimension that is often too limiting or unsatisfactory for a sensibility incapable of getting entangled in the folds of everyday life. When this type of representational need is manifested, the stylistic translation can verge towards a language that is absolutely singular, precisely because it is the fruit of an interiority that is unique and distinct from that of anyone else, exactly as happens when observing the works of the artist I am going to tell you about today, who literally leads the observer inside a fascinating world where each element of the narration seems to have its own vitality that escapes from the schemes to fall within that subjectivisation belonging to dreamers.
The theme of escaping from reality was first addressed, after an almost unique case in the history of 16th century art by Hieronymus Bosch, with the rise of Symbolism, i.e. around the end of the 19th century, which revealed how strong the subtle energies existing around human beings were and how much life there was even behind inanimate objects. Although the representatives of this current, among the most prominent Odilon Redon, Arnold Böcklin and Gustave Moreau, focused more on the sometimes disturbing supernatural than on fantasy, they in fact paved the way for all those movements that just followed in which adherence to reality was no longer sufficient to manifest the expressive personality of the authors. The Fauves transformed that detachment from contingency into narrative freedom, thanks to which they determined a clear break with the rules of academic painting and tended towards an innovative style in which colour was the main element because it had to be associated with the emotions, the feeling of the author of the work; from the first intuitions of Henri Matisse, André Derain and Maurice de Vlaminck, subsequently developed the Expressionism movement, functional for the artists who adhered to it to express in a clear and unequivocal manner the deepest feelings, fears, discomforts, existential crises or, on the contrary, the lightness, the dream, the magic behind small things and the need to escape from a reality that is often inadequate to achieve the serenity spasmodically pursued.
Thus, the authors gave a different meaning and sense to Expressionism on the basis of their pictorial personality: more dreamy and tending towards the romanticism of atmospheres capable of enveloping the observer Marc Chagall, more oriented towards physical escape by choosing to narrate a different and distant world Paul Gauguin; in need of completely abstracting himself from an unbearable contingency by imagining an ideal universe where his madness and discomfort would disappear amidst the vivid colours Vincent Van Gogh and finally dedicated to discovering the essence of familiar inanimate objects Paul Cézanne. Each of them succeeded in leaving a profound mark on the history of art, constituting a new way of approaching painting and allowing contemporary artists to absorb their experiences while mixing them with others that preceded and followed them. As in the case of the artist Tatiana Petri, of Polish origin but for many years resident in France, who finds her source of inspiration in the celebrated paintings of Pablo Picasso and Amedeo Modigliani, while giving rise to a very personal style in which the influences of the two masters are transformed and adapted to a tendency towards the deformation of the observed necessary to enter the dreamy and fantastic dimension with which she manages to express herself through painting.
The need to detach herself from contingency sometimes pushes her towards a subtle abstraction, as if by blurring the boundaries with reality it were easier for her to listen to the voices of everything around her, of those little things so dear to Matisse and Cézanne and which with her take on an almost magical aspect, seeming to come alive as they move across the canvas to allow the observer to perceive their desire to reveal themselves, to connect with them to tell of their personality, their being alive beyond the possible. The colours used by Tatiana Petri are vivid and unreal but never intrusive, never intense to the point of becoming aggressive as was the case of the Fauves, but rather discreet and subdued to emphasise the enchantment in which her imaginary reality lives and moves. She divides her artistic production into pictorial series that she interprets with different facets, showing how many different aspects an object or any apparently inanimate thing can take on that, under Tatiana Petri‘s gaze, instead becomes full of life and personality. This is the case with the paintings belonging to the Maison group where the observer cannot help but feel conquered and amused by the unusual appearance of the buildings, by their unreal colours and often with a dominant that matches the author’s state of mind at the moment when memory, or imagination, runs towards the foreshortened view narrated and highlighted.
Domy, Maison anglaise shows an improbable balance, seeming to hold itself up thanks to Tatiana Petri‘s irony and ability to play down. She thus creates a fantastic foreshortening in which she removes solemnity from the building, making it more sympathetic, more human, almost as if posing in that funny way to attract the attention of the observer who imagines that a fairy-tale, magical life is unfolding inside. Also in the series dedicated to the oceans, what prevails over reality is the tendency towards a fairytale-like narration, almost as if the artist wanted to emphasise how much more beautiful and stimulating it is to close oneself within one’s own world made of enchantment, of imagination through which everything around it can have its own less formal, less serious and decidedly more playful existence; Tatiana Petri seems to play with shapes and colours, using them to enliven the sky, the sea, to describe sailboats in a deformed, more rounded manner, almost as if they were toys by virtue of which she manages to stimulate, and let out, the child inside every adult. This is exactly why her canvases appear so magnetic, transporting one into a world that is as improbable as it is possible, because with the gaze of the imagination every reality can be redrawn and interpreted, placed in a playful and nostalgic dimension towards the spontaneity and immediacy lost in maturity.
On the other hand, when Tatiana Petri narrates the world of women, she rediscovers a greater Realism, although the chromatic range is always decontextualised in search of an opportunity to escape to a more enchanted universe and the lines of the contours maintain the definite characteristic of Expressionism; in Venus Verte, in fact, although the description is very close to what the eye observes, the colour used is in fact completely unrelated to that of the skin, almost as if the artist wanted to maintain a strong link with fantasy, as if the woman belonged to an enchanted world within which she lives her emotions, her everyday life, releasing her profound yet serene essence. The gesture of covering her face seems to be due to a moment of joy, of light-heartedness that allows her to laugh at herself or to take note of an oversight that she takes in the right way, that is, with the awareness that it is only a mishap within a much more solid balance.
In Le touché, too, the chromatic basis is green, showing that in the current pictorial phase the artist is going through an intimist, unreal but predominant tonal period, exactly as happened to Picasso in the evolutionary pictorial cycles that preceded the elaboration of Cubism; the woman narrated by Tatiana Petri is portrayed in a moment of abandonment towards a sensation, an emotion that must be experienced with all the intensity felt by the protagonist and perceived by the artist; the border between reality and fantasy is always very thin, but here emerges the sweetness and transport towards an interiority that in any case belongs to the human being, whether it is experienced in everyday life or belongs to the rich and cosy imaginary world. Tatiana Petri, born in Cracow where she graduated in scenography and painting at the Academy of Fine Arts but who has been living in France for many years, has to her credit the participation in group exhibitions and international fairs in France and Poland.
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