Gbresci è una bruciatura di sigaretta sulla mano, è il ricordo annerito di un momento piacevole, la cicatrice dell’incontro di due identità che possono amarsi solo cosi, ferendosi e guarendosi tra la malinconia di The Cure e l’elettronica downtempo di Kavinsky quando battezza la pellicola “Drive”. Entra qui in punta di piedi Adelasia, dolce promessa che cammina incurante del mondo sulle note d’acqua di Niente, il primo singolo di Gbresci fuori il 15 gennaio per Uma Records. Niccolò ed Edoardo, insieme ad altri, tracciano così una sorta di linea d’ombra con Niente feat. Adelasia. Ed è tutto qui. Di seguito l’intervista.
“Niente feat. Adelasia” è il vostro primo singolo, di che cosa si tratta?
È il brano-sintesi del nostro progetto. Racchiude tutte le intenzioni di fondo: creare uno spazio in cui lasciar essere una parte di noi, quella più ferita dalle delusioni di un periodo incomprensibile e difficile non solo come individui, ma anche e soprattutto come umanità; fare qualcosa di intersezionale dal punto di vista musicale, che rubasse un po’ da ciò che abbiamo ascoltato nell’ultimo anno; fare qualcosa che non appartenesse solo a noi, ma che fosse collaborativo e aperto.
Che cosa volete trasmettere con questo brano?
Non c’è un’intenzione programmata dietro, si tratta di un pezzo venuto fuori in modo molto viscerale. Scrivendo abbiamo cercato di tenere il volante il meno possibile. Dovendo pensarci a posteriori, ci viene da dire che esprime il rifiuto di sperare nella proposta di mondo che abbiamo di fronte. Di conseguenza, la voglia di distruggere questa proposta, che a livello musicale emerge dal coro-mantra nel finale del pezzo. Non c’è proposta alternativa, si distrugge per fare spazio. A cosa poi si vedrà.
Com’è avvenuto l’incontro con Adelasia?
GBresci è da sempre un collettivo nella nostra mente. L’inclusione degli altri è una specie di linfa vitale. Ogni brano che uscirà si è arricchito della partecipazione di qualcuno. Avevamo questo giro di chitarra che ci piaceva e ci sembrava adatto alla voce di Adelasia, che è un’amica oltre che collaboratrice. L’abbiamo invitata nel box che ci fa da studio e il pezzo è nato spontaneamente in una giornata, coro compreso.
Come nasce il vostro progetto musicale?
Dal lockdown, principalmente. Eravamo coinquilini, oltre che davvero bisognosi di investire le sensazioni che avevamo in qualcosa di creativo. Edoardo punta a fare il musicista a tempo pieno, Niccolò scrive e fa il fotografo, ma la musica è una delle colonne portanti della sua vita. Ricordiamo come fosse ieri il giorno in cui ci siamo guardati e detti “proviamo a scrivere una traccia?”. Non ci aspettavamo che prendesse forma, meno che mai questa forma, ma appena abbiamo visto dove andava ci siamo completamente abbandonati, cercando di coinvolgere gli (amici) artisti che amiamo nel processo creativo. A volte è proprio la mancanza di aspettative a dare le fondamenta più consistenti. Oggi abbiamo pronto un EP, al quale ha lavorato un sacco di gente. Finisse tutto ora, penseremmo comunque di aver fatto una bella cosa. Invece non siamo neanche all’inizio.
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