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Fausto Cirigliano

INTERVISTA A FAUSTO CIGLIANO: UNA LUNGA STORIA DI MUSICA, CINEMA, SENTIMENTO

Le prime esperienze nei locali da ballo, la tv, il cinema, i festivals, i viaggi intercontinentali. Sei decadi di musica senza mai urlare e sempre con stile

Non capita più spesso di scoprire nuovi cantanti con la sua pacata raffinatezza e la sua voce. Eppure, a distanza di molti anni, le sue canzoni conservano una certa freschezza e portano un'atmosfera leggera che manca alla società e alla musica italiane di oggi. Del resto, la storia da musicista di Fausto Cigliano comincia nella metà degli anni '50, quando il Belpaese aveva appena ricomposto le macerie della guerra e guardava con fiducia ad un futuro di positività e di benessere. Abbiamo avuto la fortuna di intervistare l'artista partenopeo in esclusiva.

La sua carriera dura da circa sei decenni, una vita in musica: come è iniziato tutto?

Nella casa in cui sono cresciuto al Vomero, da ragazzino ascoltavo alla radio le note dei musicisti americani, soprattutto Nat King Cole e Frank Sinatra. Affacciandomi al balcone potevo ascoltare la voce di una mia vicina di casa: Gloria Christian, cantante di grande successo, bolognese di nascita ma napoletana d'adozione. Imbracciai la chitarra quando andavo ancora a scuola e iniziai a fare pratica coi libri di accordi, esibendomi nei locali notturni e poi infine diplomandomi al conservatorio. Suonai per due anni nei locali di Ischia e fui notato da un funzionario Rai, che mi fece un provino e mi accolse in tv. Da lì nacquero le mie prime apparizioni televisive e la mia popolarità iniziò a crescere.

Da lì a poco partecipò a due importanti kermesse: il festival di Napoli e quello di Sanremo.

Al Festival di Napoli partecipai più volte, vincendolo nel 1959 insieme a Teddy Reno con "Sarrà chi sa". Ho cantato al festival di Sanremo diverse volte, sempre in quegli anni. E' lì che nel 1964 mi esibii con "E se domani". Fu un brano importante nella mia carriera e nella storia della musica. Il brano non arrivò alla serata finale. Lo cantavamo io e Gene Pitney. Poteva essere un grande successo cantato da me, ma poi vi fu un fattore sfortunato: dovetti andare ad assolvere il servizio militare, per cui fui costretto a stare lontano dalle scene. Mina pochi mesi dopo riprese il brano e lo portò ad una notorietà più vasta.

É una coincidenza sfortunata che ha riguardato parecchi cantanti famosi: la partenza per il militare e il rammarico dei fans, come avvenne per Elvis Presley. Parlando di musica internazionale, lei ha viaggiato molto anche all'estero, contribuendo a diffondere la musica italiana...

Certo, io sono cresciuto, come ho già detto, con la musica americana e in seguito mi sono esibito negli Stati Uniti. Gli americani hanno sempre apprezzato la nostra capacità di fare melodia e il nostro bel canto. Ho cantato anche in giapponese, ho venduto molti dischi nel Sol Levante.

Lei ha fatto del cinema, anche.

Ho lavorato in diversi film: "Guardia ladro e cameriera" di Steno, "Classe di Ferro" di Turi Vasile, "Ragazzi della Marina", "La Duchessa di Santa Lucia", "Cerasella" con Mario Girotti, (detto Terence Hill, ndr) "Destinazione Sanremo".. Suonai anche una serie di miei brani accompagnandomi solo con la chitarra per "Identificazione di una donna", di Michelangelo Antonioni e con Tomas Milian come protagonista.

Cosa pensa delle nuove generazioni di cantanti?

I cantanti italiani di oggi sono molto preparati tecnicamente.

Ha seguito l'ultimo Festival di Sanremo?

L'ho visto, ma non me lo ricordo, non mi è rimasto impresso.

Non è un buon segnale: vuol dire che non le è piaciuto, forse. Non so decifrare questa cosa, ma io sono ottimista per quanto riguarda la nostra musica italiana, a patto che noi facciamo quello che abbiamo sempre saputo fare, ovvero la canzone melodica. Essa è parte della cultura italiana. Per me la parola canzone coincide con l'espressione di un sentimento d'amore prima di tutto per una donna e poi anche d'amore in senso universale.

[Nella foto: Fausto Cigliano, a destra, con Ennio Morricone]
Lei è rimasto estraneo alla stagione degli anni '70 della canzone politica, non lancia invettive nelle sue canzoni, non fa musica di denuncia. Lei è forse per i sentimenti che uniscono, più che per le contrapposizioni..

Esattamente. É il mio modo di esprimermi, senza urlare, evitando il contrasto e facilitando il dialogo.

In effetti lei quando canta non è quello che si soleva dire un tempo un "urlatore". Mi sbaglio o questa pacatezza è una ricerca anche di raffinatezza e di stile?

Senz'altro, cerco di esprimermi in questa maniera, senza strafare.

C'è una canzone che diverte molto ancora oggi, "Ossessione '70". Lei la cantava spensieratamente, ma gli italiani erano sconsolati per la sconfitta in finale 4 a 1 col Brasile, dopo la magica vittoria 4 a 3 ai supplementari con la Germania.

Beh ci mancherebbe, il calcio ci coinvolge tutti, è normale che la gente si lasciasse prendere.

Quantomeno Ossessione '70 servì a sdrammatizzare...

Albertosi Albertosi (canta, ndr) Burgnich e Facchetti Convertini, Rosato e Cera, c'era un goal... Domenghini e Mazzola, Boninsegna e Rivera, in panchina... in panchina...con Zofffff.... La scrissi io, e mi venne spontanea, fu un momento di pura ispirazione.

É un ritmo brasiliano, erano gli anni in cui anche in Italia si faceva riferimento al samba e alla Bossa Nova.

Sì, erano le atmosfere di quegli anni.

A quali musicisti resta affezionato?

A Mario Gangi, che all'inizio fu il mio maestro. Ho imparato molto da lui. Ho collaborato anche con Ennio Morricone, insieme abbiamo scritto delle belle melodie. Lui veniva dalla musica dodecafonica, che non era di facile comprensione per tutti. Con me Morricone scrisse delle melodie che coinvolgevano facilmente le platee. Prendiamo "Duorme", ad esempio. Iniziava così: "Pure se o' cielo è chine e' stelle, pure se è na nuttata e' luna... duorme.. e ricordate e' me... quanno fai o' primmo suonno... perchè forse sunnanno può capì sulamente, quanto bene te voglio..." Penso che sia poesia pura e ne sono molto soddisfatto.

Ha dei consigli da dare ai giovani musicisti che vogliono guadagnarsi da vivere con la loro arte?

C'è una distanza troppo forte tra la mia generazione e la loro, i meccanismi sono diversi. Non saprei come consigliarli, ma i giovani artisti, come ho detto prima, sanno già il fatto loro.
(di Andrea Russo - del 2015-04-08) articolo visto 7548 volte

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