NEAPOLIS STANDARDS: INTERVISTA A TONY SORRENTINO
Faccia a faccia con il pianista, cantante, compositore, arrangiatore e Direttore d'orchestra napoletano
NAPOLI - Incontriamo Tony Sorrentino in sala di registrazione, dov’è con il suo gruppo per incidere un nuovo Cd, ed ha risposto ad alcune domande.
Ti conosciamo prevalentemente come maestro, per aver composto e diretto tanti lavori teatrali napoletani e non. Come mai l’idea di cantare nei concerti live?
Da ragazzino, facevo il cantante e suonavo con mio padre e mio fratello (che era poco più grande di me) . Erano tempi duri e la mia, era una famiglia numerosa. Ricordo che avevo dodici anni quando mio padre mi fece cantare al teatro Mediterraneo di Napoli. Comunque sia, ho iniziato la mia carriera professionistica molto presto.
Si, però, hai scelto di studiare pianoforte al conservatorio, hai lasciato il canto per fare il musicista.
É vero. Il mio percorso artistico dopo il conservatorio è stato quello di suonare nei teatri, con le orchestre e i complessi nei Night Clubs, in giro per l’Europa. Oltre a suonare il piano e curare gli arrangiamenti, facevo anche il cantante. Ma, quando sono tornato a Napoli, il primo lavoro che mi è stato offerto fu quello di far parte dell’orchestra del M° Roberto De Simone, da quel momento in poi la mia carriera musicale ha subito un notevole cambiamento; le proposte che ricevevo erano mirate prevalentemente alle composizioni per lavori teatrali, oltre a quello di arrangiatore e direttore d’orchestra . Come ho sempre detto, nella mia carriera ho sempre cercato situazioni nuove in cui rappresentarmi e crescere, e non rinnego nulla, ma adesso ho pensato di ritornare alla mia vecchia passione del canto e dei concerti live perché mi mancano. Mi è sempre piaciuto il contatto diretto con il pubblico.
Come è nato il progetto?
Era da tempo che pensavo di tornare con un mio progetto live, ma ero indeciso su cosa proporre. Un giorno i miei figli mi hanno detto: “Perché non fai una nuova versione di brani classici napoletani in forma di quintetto jazz, cantati da te?”
Tra i componenti del tuo nuovo gruppo ci sono anche i tuoi figli: Massimo chitarrista che ha al suo attivo vari cd e Daniele contrabbassista componente fisso del gruppo di Stefano Di Battista e di Nicky Nicolai.
Tony Sorrentino Group è una nuova formazione che nasce dalla collaborazione di alcuni musicisti professionisti come il sassofonista Annibale Guarino, il batterista Luigi Del Prete e i miei figli i quali hanno dato un grande contributo a livello creativo e di arrangiamenti.. Sono tutti bravi musicisti che hanno lavorato in varie settori musicali, oltre a vantare collaborazioni con nomi del calibro di Gene Jackson, Enrico Rava, Stefano di Battista, Silvayn Luc, Nicky Nicolai, Fabrizio Bosso, Dado Moroni, Alex Britti, Javer Girotto e tanti altri, maturando così un’esperienza tale da decidere di mettersi in gioco in prima persona.
Come si sente un padre musicista con un background musicale come il tuo a lavorare con i propri figli?
Innanzi tutto ti rimetti in discussione. La musica è un mare infinito e straordinario, dove scoprire sempre possibilità nuove, anche la bellezza di suonare con i propri figli. In questo progetto io mi sono spogliato dai panni del “maestro” e con umiltà ho ascoltato i loro consigli, mi sono fatto coinvolgere dalle loro proposte e da nuovi approcci, che mi hanno messo in contatto con un variegato repertorio e un background di informazioni molto vasto. Per questo mi è sembrato molto bello condividere questo progetto con i miei figli e i due colleghi.
Tony cosa rappresenta per te questo progetto e perché hai scelto “Neapolis Standards” come titolo?
Questo progetto è la sintesi di un lungo periodo di lavoro e di riflessione, durante il quale abbiamo cercato di dare una impronta personale, mettendo ordine tra diverse influenze e di creare un’alchimia tra i musicisti, che rendesse il quintetto un’entità unica e riconoscibile. Ho scelto questo titolo perché abbiamo interpretato i classici napoletani come degli standards americani, sfruttandone le armonie per ritagliare dei soli e spesso riarmonizzando in chiave jazzistica brani come “Era de maggio” “Passione” “Serenata napoletana” ecc... D’altra parte gli standards americani non sono altro che canzoni popolari antiche, quindi ci è parsa una certa affinità con i nostri standards napoletani. Un viaggio con la canzone antica napoletana alla riscoperta delle proprie radici.
Su quali territori musicali si muove lo stile delle reinterpretazioni delle canzoni classiche napoletane?
Il mio lavoro non può prescindere da quella che è la mia formazione classica. È un repertorio di alto livello culturale, nel quale i brani classici ne escono rinfrescati dalle delicate tracce di jazz dei vari strumenti. L’apporto del quintetto è la sintesi di cinque personalità, un risultato non scontato, ma aperto al nuovo e al possibile. Confermando così una larga visione della nostra creatività. Sul piatto viene così offerta una musica intrigante, di calde atmosfere in un mix molto raffinato, ma senza svilire la poesia e il sapore dei brani.
Tu pensi che per un musicista jazz oggi sia necessaria un’attenzione ad altri generi musicali?
Sì. Una flessibilità esiste anche nel musicista jazz. Ognuno cerca di fare una musica vicina alle proprie conoscenze con mescolanze che riescano a dare un’altra visione del jazz, quella meno stereotipata. Qualcuno l’ha proposta anche in dimensione cameristica, dove ovviamente l’attenzione si focalizza sulla melodia classica e questo non è poco, perché così mette d’accordo pubblici diversi.
Quale traguardo più imminente ti sei prefisso?
Attualmente desidero fortemente portare in giro questo progetto dal vivo. Ho ancora tante idee e brani da registrare, che mi terrà occupato tutta l’estate, per poi dedicarmi ai concerti.
Allora non mi resta che augurarti un grande “in bocca al lupo”! Crepi!
A cura di Pirol
(di Redazione - del 2015-07-13)
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