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IL GENIO DI ARRIAGA

Scrittore, sceneggiatore, e adesso anche regista, Guillermo Arriaga è il più originale storyteller della nuova generazione. Ritratto di un artista che distruggendo gli schemi sta definendo un nuovo modo di fare cinema

LA SCRITTURA DI ARRIAGA – Invidio la scrittura di Guillermo Arriaga.
La invidio da scrittore, da creatore di storie. Invidio la sua capacità di disegnare situazioni e di farle convergere verso un unico baricentro.
Perchè è questo che fa Guillermo Arriaga. Prende un magma, una nebulosa, e la sintetizza. La porta verso il punto di comprensione. Prende dei paralleli narrativi e induce lo spettatore a tirarne le fila. E se lo spettatore non ci riesce, gli dà la chiave di lettura. La risoluzione del cubo di Rubik. Guillermo Arriaga è il regista di THE BURNING PLAIN. E prima che regista è stato scrittore e sceneggiatore, l'architetto dei film di Inarritu.
AMORES PERROS. 21 GRAMMI. BABEL.
Un maestro dell'arte della scrittura a spirale, un abile geometra capace di lavorare di compasso, tracciando circonferenze che sempre più si restringono fino a quando, inevitabilmente, diventano punto: la fine della storia, l'epilogo del film.
DA BABEL A THE BURNING PLAIN - Chi ha visto BABEL, summa perfetta della sua cifra stilistica, sa di che cosa sto parlarlo: di un film denso di concetti, di piani temporali e geografici che si rincorrono, un caleidoscopio emozionale che non trova pace se non con l'avvento dei titoli di coda, una girandola di situazioni apparentemente destinate a correre lontane e non convergenti e che invece, come d'incanto, poco a poco trovano il loro momento di congiunzione, diventando persino lineari, prevedibili, quasi scontate.
THE BURNING PLAIN è un film che non ha la potenza apocalittica di BABEL: ne ripercorre le tracce ma opta per una dimensione più intimista, è meno interessato ai simboli (in BABEL evidentissimi: l'incomunicabilità, da cui il titolo, le differenze, il senso del destino) e più alla dimensione emozionale.
THE BURNING PLAIN non offre riflessioni, non insegna, non da risposte. Racconta. E lo fa in modo stupefacente, inducendo lo spettatore a lasciarsi attrarre dal magnete, ad abdicare al proprio ruolo di osservatore passivo per diventare parte del cerchio, momento della spirale.
Arriaga rinuncia parzialmente al grande gioco degli spazi geografici e decide per gli spazi dell'anima: mette in campo due attrici bravissime (Charlize Theron e Kim Basinger) e lascia che siano loro, sotto la sua abile guida, a decidere le regole del gioco. E se la Theron stupisce per il suo talento, è alla Basinger che tocca il ruolo più complesso: quello di donna divisa tra un sentimento totalizzante, al quale è incapace di rinunciare, e i doveri di madre/moglie, in una recitazione fatta di sguardi dolenti e parole non dette, sempre mantenendo quel basso profilo che la sua parte richiede, come consapevole del suo destino, inevitabile, di vittima sacrificale.
LA SCOMPOSIZIONE DEL PLOT E DELL’ORDINE NARRATIVO - Parlare di trama, nei film di Arriaga, è superfluo ed inutile: il plot è un incastro che si definisce a mano a mano che la storia procede e i personaggi acquistano una loro fisionomia. E' una scrittura essenziale, fatta di scenografie scarne e prive di barocchismi: in una recente intervista il regista messicano ha parlato di scelte stilistiche che privilegiano gli elementi naturali (terra, fuoco, aria, acqua - il film originariamente doveva chiamarsi FOUR ELEMENTS) e sottofondi musicali pressochè inesistenti. In THE BURNING PLAIN non c'è nulla della pur sobria magniloquenza di BABEL, ma solo personaggi fotografati nella loro disperazione, tutti sconfitti ma non per questo rassegnati, annientati ma non dati per vinti, combattenti per la causa, per la vita, per il destino.
Con questo film il regista firma il secondo atto di quella che lui stesso ha definito la TRILOGIA DEL CONFINE, progetto iniziato con il precedente LE TRE SEPOLTURE (regia di Tommy Lee Jones) e destinato a candidarsi come manifesto di un mondo che cambia, delimitazione tra un qualcosa che finisce e un qualcosa che inizia, ottimista a suo modo, anelito a un futuro che si modifica con la consapevolezza che quanto c'è stato è finito per sempre.
IL MESSAGGIO DI ARRIAGA - La filosofia di Arriaga, alla fine, è anche semplice: è l'amore, il bene, a vincere sempre. Magari non subito, perchè la vita ci insegna che le vittorie sono un progetto a lungo termine, e che spesso il successo che ci arride è labile, di breve durata. Ma ciò nonostante dietro quel senso di sconfitta che informa tutta la sua arte espressiva c'è un messaggio costante di INDUZIONE ALLA PERSEVERANZA, a lasciar vivere i sogni, facendo sì che nulla rimanga intentato, anche quando il destino rema contro e gli eventi sembrano avere il sopravvento.
E se il messaggio è apparentemente di facile decodificazione, la forma però resta complessa. Con un unico rischio: quello di diventare maniera, facendo sì che ciò che adesso ci stupisce di queste splendide sceneggiature/affresco si trasformi poi in un marchio di fabbrica, riconoscibile ma proprio per questo meno sorprendente, cosa che in parte già in THE BURNING PLAIN accade. Invidio la scrittura di Guillermo Arriaga, dicevo all'inizio: invidio la sua coralità, il talento nel rappresentare tanti personaggi che riescono a concorrere, tutti insieme, a un fine unico. Quello di raccontare una storia, alternando minimalismo e quotidianità a improvvise accelerazioni, insignificanti fotografie di vita quotidiana a impressionanti sequenze di violenza. Una scrittura potente, di grande impatto. Nuova e antica insieme.
"Mi ci sono voluti quasi quindici anni per realizzare questo film", ha detto Arriaga.
Non è un tempo breve per concretizzare un progetto, ma dato il risultato credo ne sia valsa la pena.
(di Alessandro Berselli - del 2008-12-28) articolo visto 2556 volte
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