CRISI DEL CINEMA: COME PORRE RIMEDIO?
Effetto pirateria e sale sempre più vuote. Come intervenire per un intelligente rilancio di questo importante mondo dello spettacolo?
Le mie considerazioni partono da una domanda che solo a prima vista può apparire semplice: «Che cos'è il Cinema?». A dir la verità, a non esser facile è la risposta. Qualcuno infatti potrebbe affermare che si tratti di Spettacolo, altri di Tecnica, altri ancora asserire che il cinema sia Arte ed infine ci sarà qualcuno che preferirà parlare di Cultura. Ma su una cosa ci troveremo tutti d'accordo: il Cinema italiano sta vivendo una crisi profonda almeno da trent'anni a questa parte e mai come oggi i dati statistici rivelano una situazione a dir poco catastrofica. A partire infatti dagli anni '50/'70 il nostro Cinema è andato sempre più a peggiorare, fino ad arrivare a quella che a tutti gli effetti è una grave crisi, intervallata solo da sporadici (se non rarissimi) episodi degni di nota. Come non citare pellicole quali La vita è bella e Il postino, entrambi premiati meritatamente con il Premio Oscar?
UNO STATO DI CRISI FINO TROPPO EVIDENTE - Del Cinema e nel Cinema. Sì, perché se l'industria cinematografica non è più capace di riempire la sale di affamati spettatori come una volta, è chiaro che il problema nasca già dall'interno per una serie di concause varie e molteplici. Innanzitutto c'è un problema di soldi. Su questo non ci piove. Nel 2006 il Parlamento italiano aveva dato l'ok alla Legge Finanziaria varata dal Consiglio dei Ministri con la quale si stabilì un taglio al Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) di circa 164 milioni di euro l'anno per i successivi tre anni. Per il Cinema si trattò in particolare di passare dagli 84 milioni all'anno, a 50. Ai tagli del budget statale seguirono naturalmente polemiche, indignazioni, proteste a volte accese e contestazioni più o meno concrete, come quella che vide la decisione da parte dei cinema (insieme ai teatri) di rimanere chiusi per l'intera giornata successiva al provvedimento e che guarda caso si trattava di un venerdì: giorno in cui in Italia escono nelle sale le anteprime dei film, facendo così slittare tutto all'indomani.
FINANZIAMENTI PER CHI? - Ma facciamo un attimo un passo indietro nel tempo. I finanziamenti pubblici per il mondo dello spettacolo nascono nel lontano 1965 con lo scopo di sostenere, attraverso un bando di concorso, giovani e brillanti talenti (per un massimo di 20 opere prime) coprendo fino al 90% delle spese per la realizzazione del film. Una volta ottenuto il prestito statale, la cifra dovrà essere restituita solo se la stessa verrà raggiunta al botteghino. Successivamente, e precisamente nel 1994, gli autori cinematografici e i produttori chiesero ed ottennero che quel finanziamento potesse essere allargato anche a film giudicati, da una commissione di esperti nominata dal Ministro per i Beni Culturali, di interesse culturale nazionale. Non solo, ma fu eliminato persino il limite del numero delle opere da scegliere. Il risultato fu che a beneficiare di quell'importante sostegno economico furono spesso anche le case di produzione già affermate e registi già famosi. E ancor più spesso succede purtroppo che una volta ottenuto il finanziamento dallo Stato, la casa di produzione (sono circa un centinaio quelle a cui ogni anno vanno i soldi statali) non riesca a ripianare il finanziamento, con conseguente fallimento persino delle società nate in corrispondenza di quei progetti cinematografici. Senza contare che molti film non riescono nemmeno ad uscire nelle sale.
In questo caso allora, a detta di attori e registi, la colpa del fallimento sarebbe da attribuire alle case che distribuiscono i lungometraggi. Due in particolare: la Medusa e la Rai Cinema, che guarda caso sono entrambe i due principali sbocchi televisivi italiani. Ormai infatti il ruolo di produttori di film (non solo per il grande schermo ma anche per la TV) coincide quasi sempre con quello di distributori cinematografici. Un vero e proprio monopolio che, per arcane strategie di marketing, penalizza senza dubbio autori con iniziative, perché no, curiose e interessanti preferendo dare spazio a idee poco originali e scadenti come quelle che siamo costretti a vedere da qualche anno a questa parte. Basta pensare ai “Cinepanettoni”: un filone che delle storielle da quattro soldi ha fatto la propria cifra stilistica. Non solo. Si tratta di pellicole ripetitive, dai contenuti triti e ritriti, dialoghi che si basano sui soliti riferimenti sessuali e su battute scontate, con un livello tecnico spesso di basso livello così come attori non all'altezza, ripescati sovente dalla televisione. Per non parlare della moda ancora più recente dei “Teen-movies”: film destinati ad un pubblico sotto i vent'anni o per quegli adulti che non hanno capito che è arrivata da tempo l'ora di crescere. Anche lì ritroviamo contenuti scadenti, trame colorate da macchiette sessuali che riescono solo a strapparci un sorriso (amaro) quando invece dovrebbero farci ridere o provare nostalgia per gli anni che furono. Tutti quei “Notte prima degli esami” e “Io e te 3 metri sopra il cielo” nati da furbissime operazioni di marketing e da un ancor più furbo studio di quella fetta di target che si vuole accalappiare, anche perché più facile da conquistare. E se un tempo ci facevamo bastare al massimo un sequel, ora dobbiamo sorbirci un quanto mai insulso prequel che non fa altro che copiare in tutto e per tutto i precedenti, cambiando solo qualche dettaglio.
A CIASCUNO IL SUO RUOLO - Per la scadente qualità dilagante dei nostri film la colpa è forse anche dei nostri autori diventati a dire il vero fin troppo intellettualmente sordi ed emotivamente ciechi per capire ciò che davvero il pubblico vuole. Senza dimenticare anche una sempre più diffusa arroganza. Se solo infatti capissero che ognuno deve svolgere il proprio ruolo senza interferire in quello dell'altro, si potrebbe benissimo dar vita ad una trama che coinvolge lo spettatore, ad una sceneggiatura solida, efficace e sostenuta da un cast di qualità (che non vuol dire necessariamente famoso). Basterebbe forse quello e basta. Lo sceneggiatore deve occuparsi dei dialoghi, il regista deve dirigere le riprese, il produttore deve mettere i soldi. In Italia invece si tende ormai alla fusione di queste figure e risulta quanto mai difficoltoso riuscire a definire chi sia effettivamente l'autore dell'opera. Cosa che non succede per esempio negli Stati Uniti, dove anche personaggi già ampiamente affermati nello show business accettano umilmente e giustamente di affidarsi ad un'intera équipe di collaboratori, con il risultato di pellicole quanto meno dignitose. L'esito che invece si ottiene in Italia è quello di un mercato cinematografico che cresce in quantità, ma non in qualità; in volume, ma non in valore e dove domina a volte l'inesperienza e quasi sempre l'improvvisazione. Ecco quindi che lo spettatore comincia a disertare le sale, per lo meno quelle dove vengono proiettati i film italiani che ormai raramente riescono ad incontrare in pieno i gusti del pubblico.
SI PREFERISCE VIOLARE LA LEGGE INVECE DI 25 EURO PER DVD - Una fetta del problema appartiene senza dubbio ai Dvd. È vero, lasciando stare il cestino delle offerte dell'ipermercato dove si possono trovare titoli semisconosciuti a prezzi irrisori, il costo medio per un Dvd originale si aggira intorno ai 20/25 euro, con all'interno contenuti (extra o meno che siano) di qualità insoddisfacente. Infatti non è di quelli che si vuol parlare, ma delle pellicole scaricate illegalmente da Internet con i programmi di file sharing. L'industria cinematografica, così come quella musicale, è letteralmente massacrata ogni giorno dalla pirateria. Migliaia e migliaia di persone che scaricano film dalla rete gratuitamente senza pagare i diritti di copyright e quindi fregandosene apertamente della legge e precisamente dell'art. 171 ter del Codice di Procedura Penale che definisce tali azioni come reati. I sondaggi, poi, non fanno che confermare questo sconfortante dato: l'utente medio preferisce violare consapevolmente la legge, piuttosto che spendere quei 25 euro per il Dvd originale. Pirateria, mancanza di soldi, circuiti promozionali inefficienti, assenza di registi e attori validi, pellicole scadenti. Insomma: chi più ne ha, più ne metta. E forse quell'articolo che anni fa uscì sul “New York Times” non aveva tutti i torti: «Tutto il mondo ama l'Italia, ma l'Italia non si vuole più bene». È come se il nostro Paese vivesse ormai in uno stato catatonico in cui risulta ben più facile e comodo lamentarsi e attribuire la colpa allo Stato per i suoi scarsi “aiuti” economici. I soldi, come si è detto all'inizio, c'entrano, ma c'entrano solo marginalmente. Hanno a che fare solamente con la fase di realizzazione di un film e forse basterebbe a volte qualche effetto speciale in meno e un cast senza nomi troppo altisonanti. E allora il problema dove risiede?
COSA MANCA ALLORA? - A mio parere nel deserto creativo del nostro Cinema. Mancano le idee. Le buone idee. Quelle che non hanno certo bisogno di finanziamenti o di contributi di sorta. Ma “solo” ispirazione, immaginazione e tanta furbizia. La furbizia di andare oltre la piccola e melensa storiella sentita e vista mille volte. La furbizia di capire che si può raccontare anche senza i mezzi produttivi della migliore Hollywood. Bisogna cambiare, inventare, aggiornarsi continuamente. Attingere dalla vita reale nuovi suggerimenti. Sfogliare qualche volume ingiallito e trarne intrecci incredibili. Non è sempre facile, è vero. Ma qualcuno ce l'ha fatta a ricavare materia viva per un plot sensazionale e a trasformare un film “di nicchia” a un caso di cronaca nazionale. Pensiamo ad esempio al recentissimo Focaccia Blues del regista pugliese Cirasola, che in breve tempo è riuscito a passare dai cinema di periferia a quelli di mezza Italia con una pellicola a dir poco innovativa, dal sapore – è il caso di dirlo – tutto made in Italy. E allora su, rimbocchiamoci le maniche, spremiamoci le meningi perché le idee sono gratis e solo quando saremo nuovamente capaci di sfruttarle, potremo dare nuovo slancio al nostro Cinema e riempire le sale come un tempo.
(di Matilde Geraci - del 2009-05-11)
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