TERREMOTI: PREVEDERE O PREVENIRE?
Sisma: «…seguito di scosse, originatesi da un punto più o meno profondo della crosta terrestre, che imprimono un movimento a carattere vibratorio ad una zona più o meno estesa della superficie terrestre…»
I terremoti oltre che a suscitare nell’uomo sensazioni angoscianti, terribili (…case che crollano, distruzione, vittime…) sono una delle prove che la Terra è “viva”: un sistema in continua evoluzione, movimento e trasformazione dotato di una sua energia.
Fenomeni sismici di diversa entità hanno accompagnato la storia dell’umanità fin dai tempi più antichi, ma è stato solo dopo il terremoto di San Francisco (California - 1906), che i sismi sono stati oggetto di studio sistematico.
Il terremoto è l’effetto di una serie di eventi complessi che avvengono all’interno della Terra e prevederlo significherebbe sapere la data e l’ora d’inizio del fenomeno, indicarne la sua durata, la superficie di faglia interessata e la direzione dello scorrimento. Sebbene la sismologia abbia raggiunto importanti traguardi, il terremoto si rileva a tutt’oggi una manifestazione troppo complessa per poter essere prevista. Per far ciò dovremmo conoscere a fondo le forze che agiscono nella litosfera e il comportamento delle rocce che la costituiscono. L’impossibilità di tale previsione dipende dalla scarsa conoscenza riguardo i movimenti delle placche litosferiche; la posizione e la geometria delle faglie; le condizioni di sforzo cui sono sottoposte e la resistenza che oppongono allo scorrimento. Tali informazioni, che forniscono un quadro delle strutture sismogenetiche presenti in una certa zona, le ricaviamo solo in occasione dei grandi terremoti e solo se la zona stessa era dotata al momento del sisma, di una cospicua rete strumentale.
“La previsione scientifica non è basata su intuizione, ma su calcoli ben precisi”.
Attualmente esistono teorie di tipo statistico o basate su eventi osservabili a breve termine.
Con le attuali conoscenze scientifiche è possibile elaborare due tipi di previsione:
previsioni deterministiche e previsioni probabilistiche. La prima si basa sullo studio dei fenomeni premonitori: la dilatanza. Secondo il modello del rimbalzo elastico, in una massa rocciosa sottoposta a sforzo, si verifica una deformazione elastica; prima della rottura la roccia tende a dilatarsi, originando microfratture. In seguito la roccia inizia ad avere un comportamento anomalo, inteso come segnale “premonitore” (deformazioni del suolo - brusco aumento della quantità di radon disciolto nelle acque di falda - scosse preliminari - etc). La seconda teoria valuta statisticamente la probabilità dell’imminenza di un terremoto, mediante uno studio sismo-tettonico e geologico oltre alla sismicità storica.
Al fine di verificare tale “storia” si redigono “cataloghi sismici” che contengono le peculiarità di tutti i terremoti: in Italia è stato pubblicato un “catalogo” dal 1000 al 1980. Esempio di previsione probabilistica riguarda anche le zone di
gap sismico: aree ad alta sismicità che da tempo non presentano terremoti, pertanto la ripresa dell’attività risulta un evento altamente probabile.
Concretamente è possibile prevenire le conseguenze di un evento sismico attraverso lo studio del territorio e la pianificazione di strutture che vengono edificate.
Una volta verificato che un centro abitato si trova in una zona sismica, occorre stabilire e rispettare le normative per la costruzione degli edifici. Le case, di forma semplice e con fondamenta profonde, devono essere costruite su terreni che attenuano il più possibile le onde sismiche che li attraversano.
In merito all’ubicazione di tali edifici nelle aree sismiche si deve tener conto delle caratteristiche litologiche e tettoniche locali, evitando tutto ciò che può amplificare le scosse: linee di faglia e loro immediate vicinanze; aree ricoperte da sedimenti clastici sciolti di modesto spessore; zone franose, o minacciate da frane, zone a valle di dighe, etc.
Da preferire le zone situate in corrispondenza di roccia viva, compatta, non fratturata, oppure in corrispondenza di depositi alluvionali di grandissimo spessore (Pianura Padana).
I materiali da costruzione, omogenei, devono essere resi elastici in modo che possano subire vibrazioni senza riportare gravi danni: oscillando senza giungere al crollo.
La conoscenza dettagliata delle zone a rischio e la costruzione di mappe sismiche è molto utile per decidere dove debbano sorgere nuovi edifici e centri abitati, ma non risolve il problema lì dove i paesi esistono già.
Non si possono effettuare azioni radicali come spostare intere città per renderle meno a rischio, è comunque necessario fare qualcosa per impedire che i terremoti abbiano conseguenze drammatiche come l’ultimo del 6 aprile 2009 a L’Aquila.
La previsione dei terremoti sarebbe un grande successo per la scienza e avrebbe dei vantaggi per la popolazione delle aree sismiche evitando un elevato tasso di mortalità attraverso l’evacuazione temporanea degli edifici durante le scosse.
Non essendo possibile formulare previsioni, si può però valutare qual è la
pericolosità sismica di una regione, cioè le probabilità che tale area sia interessata da un evento sismico di una certa entità entro un dato periodo di tempo.
L’Italia è uno dei Paesi con
maggiore rischio sismico del Mediterraneo sia per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio che per l’intensità che alcuni di essi hanno raggiunto.
In media ogni 100 anni si verificano più di cento terremoti di magnitudo (Ml) tra 5,0 e 6,0 e dai 5 ai 10 terremoti di magnitudo superiore. Questo vuol dire che nel nostro paese i terremoti sono un evento frequente, ma non un evento “normale”: nell’ultimo secolo si sono registrate quasi 120.000 vittime di terremoti.
Gli studi sulla frequenza e la distribuzione dei terremoti hanno permesso di individuare aree che potrebbero essere gli epicentri di futuri eventi sismici. La penisola italiana, come tutto il bacino del Mediterraneo, è interessata da un’intensa attività sismica: in particolare lungo la catena appenninica e l’arco calabro. Solo alcune regioni hanno un livello basso di sismicità: la penisola salentina in Puglia, la Sardegna e l’arco alpino, fatta eccezione per il tratto che si snoda nel Friuli-Venezia Giulia.
Le aree maggiormente colpite in cui si è raggiunto il X e XI grado d’intensità sono: le Alpi orientali; l’Appennino settentrionale; il promontorio del Gargano; l’Appennino centro-meridionale; l’arco calabro e la Sicilia orientale.
Una volta individuate le zone ad alto rischio sismico, l’azione preventiva, dovrebbe innanzitutto limitare al minimo il numero delle vittime e i danni alle strutture. La prevenzione è legata: alla scelta dei terreni su cui far sorgere nuovi edifici; alla progettazione di edifici e strutture e alla programmazione di un efficace e rapido piano di intervento per l’evacuazione delle zone terremotate e per l’organizzazione dei soccorsi.
Le conseguenze causate da un terremoto all’uomo variano notevolmente in base a diversi fattori e tra questi soprattutto le caratteristiche degli edifici e la composizione del sottosuolo. Per attenuare gli effetti rovinosi di un eventuale sisma, i ricercatori hanno studiato e realizzato speciali edifici a struttura antisismica che, se il terremoto non è molto forte, possono oscillare senza giungere al crollo. In merito all’ubicazione di tali edifici nelle aree sismiche si deve tener conto delle caratteristiche litologiche e tettoniche locali, evitando tutto ciò che può amplificare le scosse: linee di faglia e loro immediate vicinanze; aree ricoperte da sedimenti clastici sciolti di modesto spessore. Inoltre altri elementi possono aggravare le conseguenze del terremoto: zone franose, o minacciate da frane, zone a valle di dighe, etc. Minor conseguenze si hanno nelle zone situate in corrispondenza di roccia viva, compatta, non fratturata, oppure in corrispondenza di depositi alluvionali di grandissimo spessore, come nella Pianura Padana.
Benché l’osservazione e la previsione puntino a limitare i danni che i fenomeni sismici possono causare a persone e cose, risulta evidente quanto sia difficile ottenere risultati in tale direzione: “
è fondamentale ricorrere ad efficaci politiche di prevenzione”.
(di Daniele Berardi - del 2009-08-26)
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