I SISMI
le fasi, le cause e la classificazione. La sua intensità e distribuzione geografica
Il terremoto o sisma, è una vibrazione rapida ed elastica di una parte più o meno ampia della superficie terrestre. Tale evento si origina quando le tensioni accumulate internamente giungono al punto in cui le rocce della crosta a comportamento rigido, superando il limite di elasticità, si fratturano. Lì dove si hanno rocce a comportamento plastico, si ha un assorbimento lento delle tensioni. L’evento è caratterizzato da brusche deformazioni della crosta che, per liberazione improvvisa di notevoli quantità di energia intratellurica che si propaga sotto forma di onde elastiche, provocano sommovimenti del suolo. Il fenomeno si manifesta con una serie di scosse dovute alle onde sismiche originatesi in un punto più o meno profondo della crosta terrestre o del mantello dove è avvenuta un'improvvisa rottura di equilibrio.
Le onde sismiche si manifestano in superficie o come
scosse sussultorie (oscillazioni in senso verticale) o come
scosse ondulatorie (oscillazioni orizzontali). In un terremoto ambedue sono sempre presenti: ora con prevalenze delle prime, ora con prevalenza delle seconde. Le scosse ondulatorie inoltre possono dare luogo a
scosse rotatorie (movimenti vorticosi).
Il fenomeno sismico è pertanto la propagazione in tutte le direzioni dello spazio (verso l’interno e verso la superficie della Terra) di onde di vario tipo, provenienti da un punto del sottosuolo: l’
ipocentro (focolaio - fuoco del terremoto). La profondità varia da un minimo di qualche centinaio di metri ad un massimo di 600-700 km, ma generalmente è situato mediamente tra i 15 ed i 20 km.
Il punto della superficie terrestre situato sulla verticale dell’ipocentro e quindi più prossimo a esso, si chiama epicentro che è il luogo dove il terremoto si manifesta con la massima intensità. Le onde sismiche si propagano in superficie per un'area tanto più vasta quanto più profondo è l'ipocentro, e con un'intensità tanto minore quanto maggiore è la distanza dall'epicentro.
La velocità, ampiezza e frequenza delle onde sismiche dipendono dalla proprietà elastica dei tipi di rocce che esse attraversano.
A seconda della profondità dell’ipocentro si distinguono tre tipi di terremoti:
1.
Superficiali (ipocentro fino a 70 km) che sono di gran lunga i più frequenti e da essi proviene circa l’85% dell’energia sismica totale. Sono quelli che producono maggiore devastazione e che generalmente sono seguiti durante le ore o i giorni successivi, da numerosi terremoti minori nella stessa zona (repliche).
2.
Intermedi (ipocentro da 70 a 300 km) meno frequenti dei primi, interessano il 12% dell’energia sismica totale.
3.
Profondi (ipocentro da 300 a 700 km) sviluppanti il rimanente 3% dell’energia sismica totale).
Le oscillazioni dovute alle onde sismiche vengono captate dai sismografi e registrate in un diagramma (sismogramma). L’analisi dei sismogrammi registrati contemporaneamente da tre o più sismografi consente di individuare l’istante iniziale e la durata di ogni evento sismico, e di calcolare il periodo e l’ampiezza delle varie oscillazioni. Da questi dati si può risalire alla posizione dell’epicentro e, con minor certezza, alla profondità dell’ipocentro.
FASI DI UN EVENTO SISMICO - L’analisi dei sismogrammi permette di riconoscere le caratteristiche delle oscillazioni dovute alle onde longitudinali, trasversali e superficiali. In ogni evento si possono distinguere tre fasi:
1. Fase iniziale caratterizzata da oscillazioni brevi e rapide corrispondenti alle onde longitudinali o primarie (P). Queste giungono per prime avendo velocità maggiore (circa 5,5 km/s). Partono dall’ipocentro e vibrano nella direzione di propagazione, sono più veloci sia nei solidi che nei liquidi e alle onde trasversali o secondarie (S). Queste ultime giungono in un secondo momento (velocità di circa 4,4 km/s). Partono anch’esse dall’ipocentro, ma vibrano in direzione perpendicolare rispetto a quelle di propagazione; sono più lente, ma molto distruttive. Attraversano solo solidi in quanto le molecole si possono muovere liberamente le une rispetto alle altre, per cui una volta spostate trasversalmente non tornano alla posizione originaria e l’oscillazione trasversale si disperde;
2. Fase principale caratterizzata da oscillazioni molto ampie e corrispondenti alle onde superficiali (L). Queste si propagano soltanto in superficie, producendo uno scuotimento orizzontale del terreno (onde di Love) e, nel contempo, oscillazioni ellittiche (onde di Rayleigh) generate dalle altre al loro arrivo in superficie (velocità di circa 3,5 km/s). Partono dall’epicentro e fanno sussultare e ondulare orizzontalmente il suolo, provocando gravi danni agli edifici.
3. Terza fase caratterizzata da oscillazioni causate dal sovrapporsi di riflessioni e rifrazioni delle onde sismiche P, S ed L.
CAUSE E CLASSIFICAZIONE DI UNA TERREMOTO - La causa primaria dei sismi va sempre cercata nelle rotture con spostamento delle masse rocciose; nelle intense deformazioni orogenetiche; nel conseguente assestamento delle masse deformate e nei movimenti della crosta che costituisce i fondali oceanici. Tutti questi movimenti interessano solo alcune aree della crosta terrestre: la Terra possiede aree esenti da fenomeni sismici e fasce o aree dove è concentrata la maggior parte degli eventi sismici e vulcanici.
I terremoti possono essere classificati in base alla loro causa di origine: sono per la maggior parte tettonici. Sono generati da improvvise liberazioni di energia che si verificano in corrispondenza dei margini delle zolle litosferiche quando, sotto l'azione di forze tettoniche, masse rocciose si spezzano improvvisamente per il raggiungimento del carico di rottura o per il superamento del limite della deformazione elastica. Sono di gran lunga i più numerosi e i più disastrosi proprio per l'ampiezza della zona interessata. A seconda del tipo di margine coinvolto, gli eventi sismici hanno caratteristiche diverse. La metà dei terremoti che si verificano sul nostro pianeta si manifestano in corrispondenza dei margini convergenti (in particolare nelle zone di subduzione), liberando il 75% dell’energia sismica. Sono concentrati lungo una banda di circa 38.600 km (cintura di fuoco del Pacifico) e contornano tutto l’oceano.
I terremoti tettonici di interplacca sono tra i più devastanti e pongono seri problemi connessi allo sviluppo di tecniche di previsione.
Nelle zone della crosta terrestre concentrate nei cosiddetti margini instabili (gli Appennini, le Alpi, la catena himalayana, la catena andina) o del mantello superiore, dove non è ancora stato raggiunto l'equilibrio isostatico, si originano movimenti di compensazione o si accumulano tensioni dovute a lenti ed impercettibili scivolamenti delle masse interne lungo grandi e profonde faglie della crosta terrestre. In corrispondenza dei margini convergenti di placche continentali, si verificano i terremoti con ipocentro superficiale o intermedio; la maggior parte di essi ha sede lungo la fascia che va dal mar Mediterraneo al mar Caspio e all’Himalaya, fino al golfo del Bengala: qui viene liberata il 15% dell’energia sismica terrestre.
Un’altra categoria di terremoti tettonici comprende i rari ma distruttivi eventi sismici che si svilupparono in aree lontane dai margini di zolla tettonica. Ne sono un esempio le tre potenti scosse che colpirono la regione di New Madrid (Missouri), nel 1811-1812. Furono abbastanza potenti da essere percepite ad oltre 1500 km di distanza. Queste scosse produssero movimenti tali da modificare il corso del fiume Mississippi. I geologi ritengono che le scosse di New Madrid rappresentino il primo sintomo di un movimento di lacerazione della crosta continentale, simile a quello che in Africa ha dato origine alla Rift Valley.
Nelle dorsali medio-oceaniche, in corrispondenza dei margini divergenti, gli eventi sismici sono di intensità moderata; l’energia sismica liberata è talmente debole da non poter essere percepita se non da sensibilissime strumentazioni e rappresentano solo i 5% di tutta l’energia sismica rilevata sulla Terra.
I
terremoti vulcanici si manifestano intorno alle zone vulcaniche attraverso scosse indotte dalla pressione dei materiali magmatici che creano una via d’uscita verso la superficie. Interessano un’area ristretta ma possono essere catastrofici. Precedono o accompagnano le eruzioni e si possono spiegare con le spinte a colpo d'ariete date dai gas e dalle lave per sfuggire dai camini vulcanici ostruiti (eruzione del Krakatoa 1883);
“Terremoti” di minori entità e ancora più delimitati possono essere causati da crolli in miniera, da frane o ad esplosioni artificiali, eventi che non possono però essere classificati come tali perché ormai è risaputo che i sismi sono da ricollegarsi esclusivamente a moti geodinamici della crosta.
INTENSITA’ DI UN EVENTO SISMICO E SCALA SISMICA - Talvolta i terremoti sono così violenti da provocare la distruzione di interi paesi, altre volte consistono in debolissime vibrazioni che sono percepite solo dai sismografi.
L’intensità di un terremoto può essere valutata in base agli effetti da esso provocati, intensità che è classificata secondo una graduatoria convenzionale detta scala sismica.
La più nota è quella di Giuseppe Mercalli (1902): scala Mercalli, chiamata anche MCS dai nomi degli scienziati Cancani e Sieberg che vi apportarono successive modifiche. Divisa in 12 gradi, si basa sull’osservazione degli effetti causati da un evento sismico. Esprime l’intensità apparente del terremoto in relazione agli effetti superficiali. Si tratta di una valutazione approssimativa, che non tiene, ad esempio, conto della solidità e della modernità delle strutture investite. È legata a stime soggettive e a fattori non strettamente correlati con il sisma, è insufficiente per determinare l’energia sviluppata dal terremoto. Gli effetti di un sisma non dipendono solo dall’energia liberata, ma anche dal tipo di terreno, dal modo e dai materiali con cui sono costruiti gli edifici, dalla densità abitativa e dalla profondità dell’ipocentro.
Per poter confrontare tra loro i terremoti è quindi necessario utilizzare un grandezza che sia indipendente dal livello di urbanizzazione e dal tipo di costruzioni.
Nel 1935 lo statunitense Charles Richter propose l’utilizzo di una scala di misura dei sismi basata sull’analisi dell’ampiezza delle onde registrate sui sismogrammi: scala Richter.
Questa scala permette di calcolare l’energia che effettivamente si libera durante un fenomeno sismico. La scala Richter è basata sul rapporto tra la massima ampiezza selle onde prodotte da un terremoto e l’ampiezza delle onde prodotte da un terremoto di riferimento. Il valore dell’energia ricavata è espressa in magnitudo: parametro utilizzato per esprimere la grandezza dei terremoti secondo una scala relativa. È ricavata dall’ampiezza massima delle oscillazioni del suolo misurate da uno strumento standard, e alla distanza tra il punto di misurazione e l’epicentro del sisma. La scala è logaritmica per poter descrivere con un numero ristretto di valori sia sismi appena avvertibili che terremoti catastrofici: ad ogni aumento di una unità nella magnitudo corrisponde un aumento di 10 volte nell’ampiezza misurata con un rilascio di energia circa 30 volte maggiore.
La magnitudo (frequentemente misurata attraverso la scala Richter) e l’intensità macrosismica (misurata tramite la scala Mercalli-Cancani-Siemberg) sono le due misure principali della “forza” di un sisma. Le due scale non sono equivalenti: la magnitudo è una misura dell’energia sprigionata da un terremoto nel punto in cui esso si è originato. L’intensità è invece una misura degli effetti che il terremoto ha prodotto sull’uomo; sugli edifici presenti nell’area colpita dal sisma e sull’ambiente. La Magnitudo Richter, detta anche “Magnitudo Locale” (Ml), può essere calcolata solo per terremoti che avvengono a distanza minore di 600 km dalla stazione che ha registrato l’evento. Per supplire alla limitazione sulla distanza posta dalla definizione di Magnitudo Richter, sono state introdotte altre scale di magnitudo che consentono di esprimere l’energia irradiata da un terremoto. Tra queste troviamo: la “Magnitudo Volume” (Mb) usata per misurare terremoti avvenuti a distanza superiore ai 600 km e basata sulle onde di volume (onde S); Magnitudo Superficiale (Ms) calcolata sulle onde superficiali; la Magnitudo Momento (Mw) introdotta per misurare meglio i terremoti locali più forti, che tiene conto oltre che del movimento del suolo, anche dell’energia rilasciata nell’evento. Al fine di calcolare la magnitudo di terremoti piccoli o moderati a distanza locale o regionale è stata introdotta la Magnitudo Durata (Md): il suo calcolo è basato sulla misura della durata del sismogramma.
La durata della percezione di un terremoto dipende: dalla magnitudo dell’evento; dalla distanza dell’epicentro e dalla geologia del suolo sul quale si trova. Lo scuotimento in un sito costituito da sedimenti incoerenti può durare tre volte di più che in un sito compatto. Nel caso in cui il sisma sia avvertito all’interno di un edificio, l’altezza dello stabile e la tipologia edilizia influenzano fortemente l’intensità e la durata della percezione dell’evento.
In genere i terremoti di bassa intensità sono percepiti per pochi secondi mentre i forti lo sono per meno di un minuto.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI TERREMOTI - I sismi interessano essenzialmente aree di recente corrugamento, dove tuttora sono in atto intensi movimenti e sono attivi i fenomeni vulcanici. La zona di maggiore sismicità è la cosiddetta “cintura circumpacifica”, adiacente alle coste asiatiche, australiane ed americane che si affacciano sull’oceano Pacifico. In questa zona avvengono la maggior parte dei terremoti profondi e molti intermedi e superficiali. Importanti sono anche la “zona mediterranea” e la “zona transasiatica” che passano attraverso le Alpi, e l’Himalaya, includendo prevalentemente sismi intermedi e superficiali. Altre zone sismiche, meno estese delle precedenti, si hanno in corrispondenza di aree fratturate o intensamente vulcaniche. Esenti dai sismi sono le aree cratoniche.
L’Italia è posizionata nella zona di collisione tra la placca africana e l’euroasiatica, il che comporta un elevato rischio sismico. Le zone ad alto rischio sismico si concentrano soprattutto dove sono presenti vulcani attivi: l’Etna, il Vesuvio, i Campi Flegrei e i Colli Albani.
Secondo la stima fornita da uno dei principali centri sismologici internazionali, il National Earthquake Information Center (NEIC) del servizio geologico degli Stati Uniti (United States Geological Survey), ogni anno nel mondo avvengono diversi milioni di terremoti: dai 12.000 ai 14.000. Di questi circa 60 sono classificati come significativi ossia in grado di produrre danni considerevoli e vittime; circa 20 sono quelli di forte intensità, con magnitudo superiore a 7.0. In Italia l’Istituto Nazionale di Geofisica, mediante l’analisi delle registrazioni della Rete Sismica Nazionale Centralizzata, localizza dai 1.700 ai 2.500 eventi di magnitudo pari o superiore a 2.5 ogni anno.
In generale molti di questi eventi non sono percepiti dall’uomo in quanto avvengono in aree remote o sono di magnitudo così piccola da non poter essere avvertiti, ma solo registrati dai sismometri.
A mio avviso il fenomeno sismico con tutta probabilità è quello che più colpisce la mente dell’uomo, facendo si che egli metta in dubbio il concetto della stabilità del suolo su cui vive, su cui edifica, a cui affida la parte più cara dei sui ricordi.
(di Daniele Berardi - del 2009-08-26)
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