HAITI ANNO ZERO
Il 12 gennaio un terribile terremoto sconquassa il poverissimo Paese caraibico portandosi via decine di migliaia di persone e la speranza di tutti i superstiti
Spesso in occasione di terremoti molto violenti, come quello del 2008 nello Sichuan, in Cina, con 70mila morti accertati per una scossa che ha avuto magnitudo 7,9 della scala Richter, l'emozione del momento ci fa andare a braccetto con la retorica e si abusa di termini quali “apocalisse”, “catastrofe” “finimondo”... Tuttavia il sisma che ha colpito Haiti il 12 gennaio con epicentro localizzato a circa 25 km a sud-ovest della capitale Port-Au-Prince è, senza retorica di maniera, quanto di più vicino alle catastrofi bibliche.
Non tanto e non solo per l'enorme virulenza delle scosse (ben sette nel giro di pochi minuti, di cui la prima terribile di magnitudo 7 della scala Richter e le altre tutte comprese tra il grado 5.0 e 6.0, come tanti altri colpi di grazia ad un uomo già morente) ma soprattutto perché la Natura si è accanita contro uno dei Paesi più poveri della terra dove l'estrema maggioranza dei nove milioni di abitanti vive con pochi dollari al giorno, nell'indigenza più assoluta. Bastano due dati a descrivere la situazione socio-economica di questo disgraziato popolo: il 60% di disoccupati e i 49 anni della vita media (tanto per fare un raffronto, in Italia vi è una speranza di vita alla nascita di 78 anni per gli uomini e di 83 per le donne).
IL SISMA FA TABULA RASA - Il terremoto ha colpito Haiti al cuore. L'area interessata è la più densamente abitata della piccola repubblica caraibica (è stato coinvolto ben un terzo della popolazione), quella dove sorge la capitale Port-Au-Prince quindi il centro politico ed economico del Paese. Nella sua violenza, l'evento sembra aver assestato il colpo definitivo ad una nazione già alle corde, una delle più povere al mondo e solo nel 2008 semidistrutta dal passaggio di ben 4 uragani. Ad Haiti il 12 gennaio pochi secondi sono bastati per distruggere tutte le (poche) infrastrutture esistenti: strade, acquedotti, rete elettrica, sistema fognario, ma anche caserme della polizia, chiese (completamente distrutta la cattedrale di Port-Au-Prince), palazzi governativi (oltre a molti ministeri anche la sede del Governo, il Parlamento e il palazzo presidenziale), la sede dell'Onu, quella della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (nel crollo della palazzina della MINUSTAH è morto anche il capo della missione di peacekeeping, il tunisino Hédi Annabi) e 3 ospedali su 4 nella capitale.
E' bene ricordare che la sanità è a pagamento quindi si cura negli ospedali pubblici solo chi ha i mezzi per farlo, per tutti gli altri vi sono solo gli ospedali delle ONG internazionali, anch'essi in gran parte rasi al suolo o seriamente danneggiati. Oltre ai danni alle strutture e agli edifici, il sisma è stato ancora più crudele con gli esseri umani. Impossibile per ora fare un conto delle vittime e dei feriti ma questa appare agli occhi dei soccorritori come un'ecatombe. Si pensa possano essere stati travolti dai crolli e morti dalle 50mila alle 200mila persone e che vi siano per le strade un esercito di 250mila feriti che nessuno può curare, ma sono solo cifre indicative in quanto non è possibile fare nessun controllo centralizzato, anche per l'abitudine degli strati più bassi della società di non registrare i nuovi nati. Il numero lo conosce solo Dio ma forse l'aritmetica del dolore non è nemmeno così importante.
STORIA TRAVAGLIATA DI UN PAESE INSTABILE - Indipendente dalla Francia dal 1804 (ma la madrepatria riconobbe il fatto compiuto solo nel 1825), Haiti è la prima rapubblica “nera” al mondo ma a questo primato associa anche quello, molto meno glorioso, di Paese più povero di tutto il continente americano. La storia di questo piccolo Stato (27mila kmq, corrispondenti al lembo occidentale dell'isola di Hispaniola, con nove milioni di abitanti) è costellata da una serie pressoché ininterrotta di colpi di stato, regimi dispotici, invasioni straniere e devastazioni causate da tempeste tropicali e uragani che ogni anno non mancano mai l'appuntamento, nel loro lungo peregrinare, per seminare morte e distruzioni. Solo in seguito all'occupazione militare degli Stati Uniti, dal 1915 al 1934, Haiti si poté dotare di una costituzione (scritta tra l'altro dal futuro presidente Usa, Franklin Delano Roosevelt) e delle prime infrastrutture strategiche come strade, ospedali e scuole e grazie alle vaccinazioni si riuscì a debellare la febbre gialla, endemica fino ad allora.
Tuttavia dalla partenza delle truppe americane l'instabilità politica è rimasta la caratteristica peculiare del Paese: i Presidenti restavano in carica per pochi mesi, perché defenestrati da un avversario politico o perché messi da parte dall'esercito o semplicemente in seguito alla sollevazione del popolo che poi provvedeva puntualmente a linciare l'ex uomo forte di turno.
Questa situazione cambiò nel 1957 quando, nelle prime elezioni a suffragio universale (con evidenti brogli da parte dell'esercito), salì al potere il dottor Francois Duvalier, soprannominato “Papa Doc”, che nel 1964 si autoproclamò presidente a vita e grazie alla fedelissima polizia segreta, i Volontari per la Sicurezza Nazionale (i famigerati Tonton Macoutes), instaurò una ferrea dittatura che sopravvisse anche alla sua morte. Infatti nel 1971 il potere passò direttamente nelle mani del figlio diciannovenne, Jean-Claude Duvalier (“Baby Doc”), come nuovo presidente a vita. Il suo regime, corrotto e spietato, fu rovresciato dalla pressione popolare nel 1986 ma da allora Haiti non ha più conosciuto la stabilità in ambito politico.
Si sono susseguiti, infatti, Presidenti democraticamente eletti (come il popolare e carismatico Jean-Bertrand Aristide, primo leader democraticamente eletto, nel 1991), colpi di stato, giunte militari, interventi militari Usa, scontri tra fazioni armate in pieno stile guerra civile. Il Paese vive, dunque, su un equilibrio instabile da sempre, con brevi periodi di pace annegati in un mare di povertà e indigenza.
I RISCHI EPIDEMIE E RIVOLTE - Data l'estrema debolezza delle istituzioni, in special modo del governo, il terremoto ha prima sconquassato il Paese eppoi l'ha paralizzato, facendolo cadere preda del caos e dell'anarchia. Non esistendo più nessun potere centrale in grado seriamente di impartire direttive, i sopravvissuti sono rimasti e rimangono tuttora senza assistenza e senza protezione. Così ovunque nelle zone più colpite sono stati gli stessi scampati a cominciare a scavare nelle macerie: probabilmente alla fine si capirà che tante vite si sarebbero potute salvare se solo ci fosse stato un intervento tempestivo a favore di coloro che erano (e sono ancora) in strada e quanti sono rimasti sepolti vivi dai crolli.
Ad Haiti manca tutto: cibo, acqua potabile, medicinali, tende, benzina, elettricità, gas ma sopratutto manca l'organizzazione della macchina degli aiuti. Si sono create situazioni paradossali con l'aeroporto congestionato dagli arrivi dall'estero degli aiuti per le popolazioni e la gente che continua a morire per strada per la mancanza di generi di prima necessità. Dopo l'incredibile tragedia che l'ha colpita, quella di Haiti sembra una pentola a pressione sul punto di esplodere.
Almeno due sono i più probabili punti di rottura: da una parte vi è il rischio di epidemie, vista la presenza di migliaia di cadaveri per le strade ma soprattutto per la mancanza drammatica di acqua potabile e per la totale distruzione degli impianti fognari, dall'altro lato vi è il pericolo che una massa di disperati, stanca, affamata e senza speranza si rivolti e vada all'assalto di ciò che è rimasto spinta dalla disperazione più nera.
Quello delle rivolte e dei saccheggi su larga scala è un incubo cha ha già avuto i primi sintomi nei linciaggi verso chi è accusato di furto nelle case sventrate dalle scosse e dalla barricate (con pneumatici e, cosa più sconvolgente, utilizzando anche cadaveri ammassati!) improvvisate dalla popolazione di Port-Au-Prince che ha iniziato a protestare contro la mancanza di cibo. E' una situazione esplosiva che potrebbe far scatenare l'inferno nelle zone disastrate e causare ancora più morti di quanti ne abbia già causati il sisma.
US ARMY AD HAITI - Di fronte a questo scenario apocalittico, gli Usa hanno risposto inviando novemila uomini dell'esercito ad Haiti per assicurare la calma e la pacifica distribuzione degli aiuti internazionali. Ma saranno capaci gli americani di gestire questa enorme e complessa macchina? Da come hanno affrontato nel 2005 l'emergenza dell'uragano Katrina, sicuramente non sono all'altezza di questo compito. Una cosa è mandar soldati per “far la guardia” all'aeroporto e ai palazzi governativi, altro è coordinare gli aiuti provenienti da tutto il mondo e assicurare ai sopravvissuti di ogni angolo del Paese tutto ciò di cui necessitano.
Ma allora chi altri potrebbe svolgere un simile compito? Il terremoto dell'Abruzzo ci ha fatto scoprire, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, che i migliori in tema di Protezione Civile siamo noi italiani ma appare molto difficile che il ruolo di paese guida possa essere ricoperto dall'Italia: per l'impegno che deve ancora essere profuso a L'Aquila e soprattutto perché la geopolitaca e la storia ci insegnano che le Antille sono il “pianerottolo di casa” degli Usa che, quindi, non permetterebbero a nessuno di rivendicare un ruolo tanto delicato. Rimane solo da sperare che gli haitiani non vengano abbandonati e che non siano spinti dalla fame a prendere con la violenza ciò che invece è nel loro diritto di uomini.
(di Marco Di Giacomo - del 2010-01-18)
articolo visto 2317 volte