ECCO CHI HA SEGUITO FINI IN PARLAMENTO
Sono 44 i fedelissimi che hanno abbandonato il Cavaliere per formare il gruppo di “Futuro e Libertà. Per l'Italia”
Pochi minuti dopo la conclusione dell'ufficio di presidenza del PdL, con il conseguente “redde rationem” nei confronti di Granata e Bocchino, alla Camera i deputati vicini a Fini erano già riuniti per mettere nero su bianco l'uscita dal gruppo parlamentare del Popolo della Libertà e la fondazione di un gruppo autonomo chiamato “Futuro e Libertà. Per l'Italia” (prendendo probabilmente spunto dal libro del Presidente della Camera dato alle stampe nel 2009 e appunto intitolato “Il futuro della libertà. Consigli non richiesti ai nati nel 1989”). La notizia della rottura della storica alleanza col premier e l'uscita di Fini dal partito che aveva contribuito a fondare nel 2008 è stata seguita in presa diretta da tutti gli organi d'informazione ma non è stata certo una sorpresa visti i rapporti tesissimi che vi erano nel PdL da alcuni mesi.
Invece ciò che è stata una sorpresa è stata la consistenza numerica del nuovo gruppo di “Futuro e Libertà. Per l'Italia”, specialmente alla Camera dove con i suoi 34 deputati può realmente condizionare i lavori parlamentari. Non erano molti coloro che avrebbero pronosticato una simile forza. Lo stesso Berlusconi ha dichiarato “non mi aspettavo tante iscrizioni nel nuovo gruppo”. Un numero tale da riuscire a mettere il Governo in crisi il giorno in cui Fini dovesse decidere di uscire dalla maggioranza. I dieci senatori finiani non sono sufficienti per spostare gli equilibri ma alla Camera Futuro e Libertà è determinante.
LE DIVERSE ANIME DI “FUTURO E LIBERTà. PER L'ITALIA” - Si è detto, dunque, che sono 44 i parlamentari che hanno seguito Fini: 34 alla Camera e 10 al Senato (numero minimo per costituire un gruppo nella camera alta). Tuttavia sarebbe sbagliato considerare tutti questi esponenti come un insieme omogeneo. Al suo interno vi sono grosse differenze sia per quanto riguarda le storie politiche personali sia riguardo la linea politica attuale.
Infatti, convivono negli stessi gruppi parlamentari personalità di solida formazione di destra e militanti già al tempo dell'MSI come Mirko Tremaglia (già ministro per gli Italiani nel Mondo dal 2001 al 2006), Adolfo Urso (viceministro allo Sviluppo Economico con delega al Cipe), Pasquale Viespoli (il quale ha annunciato la volontà di dimettersi dall'incarico di sottosegretario al Lavoro e le Politiche Sociali per assumere il compito di capogruppo di “Futuro e Libertà. Per l'Italia” al Senato), Candido De Angelis, Andrea Ronchi (ministro per le Politiche Comunitarie) e Roberto Menia, assieme a molti parlamentari che sono alla loro prima esperienza in politica come Luca Barbareschi, Barbara Contini (ex funzionario Onu ed ex Amministratore civile provvisorio della provincia irachena di Dhi Qar), Gianfranco Paglia (medaglia d'oro al valor militare ottenuta durante la missione Unosom II in Somalia), Aldo Di Biagio, Souad Sbai o che addirittura provengono da altre tradizioni politiche come Benedetto Della Vedova (già presidente dei Radicali Italiani dal 2001 al 2003 e leader del movimento dei Riformatori Liberali dal 2005 al 2009) e Chiara Moroni (fino al 2006 nel Nuovo Psi e figlia dell'onorevole socialista Sergio Moroni, suicidatosi durante la burrasca di Mani Pulite, dopo aver ricevuto 2 avvisi di garanzia).
FALCHI E COLOMBE OVVERO ARIETI E PONTIERI - Ma è soprattutto circa la linea politica attuale che le differenze divengono più marcate e, a volte, si trasformano in divergenze. Anche tra i finiani sono presenti “falchi” e “colombe”. I più intransigenti verso Berlusconi, quelli che in quasi due anni sono stati le truppe d'assalto del Presidente della Camera sono sicuramente gli onorevoli Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio, principali rappresentanti di “Generazione Italia”.
Ogni polemica, ogni fibrillazione nel PdL (come quando hanno chiesto la testa del sottosegretario Nicola Cosentino perché indagato) è nata da dichiarazioni o prese di posizione di uno di questi esponenti: infatti, nell'ufficio di presidenza del PdL del 29 luglio in cui si è messo alla porta la componente finiana, il documento approvato contevava note molto dure contro gli “arieti” di Fini, che tra l'altro venivano anche deferiti ai probiviri del partito. Vi sono poi coloro che chiamano i “pontieri”: i parlamentari che facevano la spola tra Fini e Berlusconi nei lunghi mesi in cui i due leader erano talmente ai ferri corti da non parlare nemmeno direttamente.
I “pontieri” hanno svolto un ruolo importante nel cercare di evitare lo strappo nel PdL e oggi continuano a lavorare dietro le quinte per tenere aperto il dialogo ed evitare che si vada alle urne anticipate. Questi mediatori sono principalmente Silvano Moffa (presidente della XI Commissione Lavoro della Camera) e Roberto Menia (sottosegretario all'Ambiente) riuniti nell'associazione “Area Nazionale”, insieme ad Andrea Augello (sottosegretario alla Funzione Pubblica che però ha deciso di restare nel PdL) e il sottosegretario Pasquale Viespoli i quali hanno dato vita all'associazione “Spazio Aperto”. Infine nella galassia dei finiani non è possibile dimenticare l'associazione “Riforme e Libertà” del senatore Giuseppe Valditara e dell'europarlamentare Cristiana Muscardini, la fondazione “Alleanza Nazionale” (gestisce il patrimonio di AN) guidata dal finiano di ferro Donato Lamorte e il quotidiano “Il Secolo d'Italia” diretto dall'onorevole Flavia Perina.
ANALOGIE CON LA SCISSIONE DI DEMOCRAZIA NAZIONALE? - Futuro e Libertà, dunque, ha raccolto un indubbio favore in Parlamento, diventando il quinto gruppo in entrambi i rami per consistenza numerica. Tuttavia questa scissione rivela un carattere puramente verticistico, in quanto non è stata accompagnata (almeno questo sembra l'andazzo generale...i sostenitori di Fini non me ne vogliano) da un'adesione altrettanto numericamente importante dei dirigenti regionali e locali del PdL (eccezion fatta per l'Abruzzo e sopratutto per la Sicilia).
Si tornasse alle urne ora e senza un'alleanza in coalizione con PdL e Lega o un terzo polo (l'ipotesi di alleanza tra Fini, Casini, Lombardo e Rutelli resta sul tavolo, anche in considerazione della convergenza sull'astensione comune costruita in occasione della sfiducia al sottosegretario Caliendo richiesta da Pd e IdV), appare difficile per Futuro e Libertà superare la soglia di sbarramento per accedere tanto alla Camera quanto, sopratutto, al Senato.
Senza una struttura di partito alle spalle e senza una massa consistente di rappresentanti nei consigli regionali, provinciali e comunali che porti acqua al mulino di Fini, questa esperienza sembrerebbe (il condizionale è d'obbligo, specie avendo a che fare con l'imprevedibilità della politaca) destinata a ripercorrere le orme di “Democrazia Nazionale-Costituente di Destra”, la formazione politica guidata da Ernesto De Marzio, Raffaele Delfino e Alfredo Covelli e nata nel 1976 da una scissione dall'Msi. L'esperimento di Democrazia Nazionale fu uno schiacciante successo in Parlamento (aderirono 9 senatori su 15 dell'Msi e 21 deputati su 35) ma, non avendo l'appoggio di neppure una federazione provinciale (rimaste fedeli ad Almirante), alle elezioni del 1979 furono una debacle assoluta, avendo raccolto solo lo 0,7% e non avendo rieletto nessuno. Naturalmente questa è tutta un'altra storia ma se Berlusconi fosse tentato dall'azzardo delle elezioni anticipate, Fini si troverebbe in difficoltà. Ecco perché i “pontieri” lavorano per stemperare gli animi e ricucire gli strappi più profondi e persino un falco come Bocchino lancia messaggi distensivi. Il rischio è tornare alle urne completamente impreparati e questo il Presidente della Camera lo sa bene.
(di Marco Di Giacomo - del 2010-08-14)
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