FEDERALISMO FISCALE: IL DECRETO SULLA FISCALITÀ REGIONALE
Principali novità e benefici competitivi per le PMI
Da diversi decenni il federalismo rappresenta la questione chiave dei rapporti tra le coalizioni politiche di centrodestra e di centrosinistra, i quali, in lotta continua tra di loro, hanno prolungato oltremodo un processo avviatosi con le prime riforme degli anni ‘70. Sono in molti a chiedersi quando sarà realizzato il tanto atteso federalismo fiscale e la domanda è oramai prossima ad ottenere una risposta.
La legge delega 42/2009, infatti, ha permesso una forte accelerazione del processo di attuazione del federalismo fiscale con il fine di contenere la finanza pubblica anche attraverso una più incisiva lotta all’evasione fiscale e alla inefficienza gestionale della pubblica amministrazione.
La legge 42/2009 ha delineato le linee guida e definito le competenze tra governo ed enti locali (comuni, province, regioni), rinviando gli specifici dettagli attuativi ad una serie di decreti legislativi che proprio in questi giorni sono al vaglio del Parlamento.
Questi decreti sono:
• Federalismo demaniale, ossia il diritto dei governi di richiamare la titolarità dei beni nati su quel territorio
• Federalismo Municipale dei Comuni
• Federalismo Provinciale
• Federalismo Regionale
• Roma Capitale
• Due Decreti tecnici sul fabbisogno finanziario e costi standard per il costo dei servizi
Soffermandosi sul decreto attuativo del “federalismo regionale”, è convinzione dello scrivente che un corretto sviluppo del processo a livello regionale, possa determinare un notevole accrescimento di competitività del nostro Paese.
La competizione, infatti, in un’economia “globale” tende a porsi anche come competizione tra sistemi regionali, dove le decisioni di insediamento e investimento delle imprese sono sempre più determinate da specifiche rendite di localizzazione. I soggetti economici, nell’effettuare le proprie scelte imprenditoriali, risultano fortemente attratti dalle zone con caratteristiche che possano agevolarne lo sviluppo, quali agilità burocratica, flessibilità dei fattori della produzione, possibilità di cooperazione tra le imprese.
Realizzare e controllare un ambiente con simili caratteristiche è ragionevolmente più semplice a livello sub-nazionale (regionale) piuttosto che a livello nazionale.
A tal proposito, vediamo le principali novità.
A partire dal 2012, soppressi i trasferimenti statali alle regioni, queste ultime potranno:
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variare in aumento o in diminuzione l’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di base entro limiti prefissati e differenziati in base al reddito;
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disporre, nel caso in cui la regione non sia impegnata nel piano di rientro sanitario,
delle detrazioni ed utilizzare tale strumento come mezzo di attuazione di politiche sociali, a carico del proprio bilancio e senza forme di compensazione.
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Compartecipare all’IVA. A ciascuna Regione a statuto ordinario spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 l’aliquota di compartecipazione è calcolata in base alla normativa vigente, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE.
A decorrere dall’anno 2013, le modalità di attribuzione del gettito della compartecipazione IVA alle Regioni sono stabilite in conformità con il principio di territorialità.
Il principio di territorialità tiene conto del luogo di consumo. I criteri di attuazione sono stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni, identificando il luogo di consumo con quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi.
Nel caso dei servizi, il luogo della prestazione può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore.
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Le regioni possono ridurre le aliquote IRAP fino ad azzerarle . A decorrere dall’anno 2014 ciascuna Regione a statuto ordinario, con propria legge, può ridurre le aliquote dell’IRAP fino ad azzerarle. Resta in ogni caso fermo il potere di variazione dell’aliquota di cui all’art. 16, comma 3, D.Lgs. n. 446/1997. L’eventuale riduzione o azzeramento dell’IRAP è esclusivamente a carico del bilancio della Regione e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dei fondi. Non può essere disposta la riduzione dell’IRAP, se la maggiorazione dell’addizionale Irpef è superiore allo 0,5%.
Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione.
(di Dott. Italo D’Orazio - del 2010-11-26)
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