ALBANESE – ZALONE: LA COMICITA’ DEL MOMENTO
Il riso riempie prima lo stomaco, poi il cervello
Incassi record al botteghino premiano Antonio Albanese in “Qualunquemente” e Luca Medici, alias Checco Zalone, in “Che bella giornata”.
RIDERE E’ COSA SERIA! - L’energia del comico ha un tessuto complesso, una sorta di settimo senso, senza manovre iperboliche o formule matematiche, è una vivace indole, un’alchimia, la panacea di tutti i mali. Far ridere è una sfida tanto audace quanto impertinente nella comicità intenzionale, tuttavia resta lo strumento comunicativo e d’interpretazione che più ci avvicina a certe realtà che ahimè, spesso, rivoltan lo stomaco.
Paradossalmente spetta proprio al comico occuparsi di questioni serie! Seduti comodi in sala di proiezione, magari in compagnia, si ride senza troppi perché, la gente accorre al richiamo, col cuore pesante che vuole farsi leggero (giusto e legittimo), ma nel momento in cui subentrano ironia e satira, si dà libero sfogo alle proprie sensazioni, “speziate o quasi asciutte” e si ha la percezione che ciò che ci è prospettato risulta l'esatto contrario di come dovrebbe essere, uno “shock” inoffensivo (cognitivo) che fa riflettere, che esclude per un attimo l’impulso risorio, visceralmente, come già Pirandello aveva evidenziato nella distinzione tra l’avvertimento e il sentimento del contrario, che porta ad una più profonda consapevolezza di ciò che ci circonda.
Se i cinepanettoni rappresentano il “non plus ultra” della cosiddetta comicità popolare - dopo la dipartita del trash anni Settanta e Ottanta -, la comicità nel cinema attuale, tenterebbe altre strade di maggior ambizione, come la resurrezione del connubio fra commedia brillante e comicità basata su un bozzettismo rinnovato nei tempi e nei personaggi e, cosa più importante, l’aspirazione ad autodirigersi, (forse addirittura ad autocelebrarsi) la facoltà che, fino a poco tempo fa, in Italia, apparteneva a Gassman, Sordi e pochi altri, degni di farlo.
L’autodirezione caricaturale conduce spesso l’attore protagonista a dilatare il proprio personaggio o la propria macchietta, correndo il rischio di riempire con troppe battute i classici cento minuti necessari per un mediolungometraggio - Albanese in “Qualunquemente”- oppure mettere a frutto veri momenti d’improvvisazione e gag genuine, con discreta riuscita di Zalone in “Che bella giornata”.
VIZI E INGENUITA’: CONNUBIO VINCENTE - L’ingenuità può essere salvifica a volte. Può bastare un piatto di cozze crude o un’allegra rozzezza per raggiungere incassi hollywooddiani. Il film di Gennaro Nunziante interamente costruito sulla figura di uno sfigato-immodesto Checco Zalone, che “va avanti” solo grazie alle raccomandazioni familiari, è uno spaccato abbastanza fedele, un affresco italiano di vizi, un eco fortemente caricaturale delle dinamiche sociali, della nostra “Bellitalia” pizza fichi e mandolino, marcato dalle aspettative dell’italiano medio, proprie di Checco: il posto fisso, la fidanzata seria, la casetta comoda, l’auto sportiva (ma a metano).
Il ritmo e l’imbastitura delle inquadrature presentano una forza centripeta che riconduce ogni elemento della narrazione alla battuta o allo sberleffo del personaggio principale. Nel momento in cui il film è guidato da questa bussola, non viene di certo a mancare l’elemento cruciale di molte commedie: la leggerezza, il senso di gioco, la libertà d’improvvisazione, “la commedia di tutti i giorni”. I comprimari non deludono, come mostra l’arguta interpretazione di Tullio Solenghi e Ivano Marescotti, e il risultato è un film che intercetta gli umori profondi dell’Italia contemporanea e li cucina secondo ricette di un umorismo al passo con i tempi, una freschezza narrativa oltre che una maschera genuina del protagonista.
ONDA CALABRA, IN UN MARE DI GUAI - "
I have no dream, ma mi piace u pilu!"
È una mera illusione che “l’onda calabra” di Cetto La Qualunque, interpretato da Antonio Albanese, rappresenti uno stereotipo surreale. Il film è un esempio, certo estremizzato e caricaturale, di come alcuni aspetti reali superino la fantasia.
E’ un boccone amaro da digerire, perché dal divertimento iniziale al proseguire nella visione, ci si rende conto di come il film cerchi di anticipare, in modo pepato, ciò che rimbalza sulla cronaca nazionale. Il valore aggiunto che Albanese dà alla pellicola, è la riflessione sul degrado della società italiana ed in particolar modo della politica superficiale e corrotta.
Albanese porta in scena la sagoma becera ed immersa d’illegalità di Cetto, la summa dei mali atavici pronta a classificare una parte degli italiani: ignoranza, assenza totale di senso civico, illegalità, menefreghismo, qualunquismo, istinto innato nel non voler pagare le tasse, furbizia e pressappochismo.
Portando avanti tali ideali e credendovi ciecamente, Cetto riesce in quello che potrebbe sembrare assurdo in qualsiasi altro paese "internazionale".Il film si basa su una trama semplice, veloce e senza troppe pause. Non è un collage di sketch, ma qualcosa di organico, in cui si articolano momenti di comicità a momenti d’amarezza riflessiva, tuttavia col rischio di marcare troppo i dialoghi con tormentoni iperbolici.
Ovviamente alcune scene rimangono più di altre, ma nel complesso il film è godibile. E' l'amara nota di Albanese sullo stato delle cose, la denuncia per mezzo dell’apparente surreale, pura e attualissima satira.
(di Giorgio Vulcano - del 2011-02-16)
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