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LA MARCIA DALL'ORIENTE: PECHINO SECONDA POTENZA MONDIALE

“Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà”

Questa profezia, pronunciata da Napoleone nel 1816 a seguito della lettura della relazione del viaggio in Oriente scritta dall’ambasciatore inglese Lord Macartney, sembra oggi destinata ad avverarsi, seppur solamente in ambito economico.
Considerata, fino a poco tempo fa, soprattutto una piattaforma di produzione, approvvigionamento ed esportazione, la Cina di oggi è sempre più rilevante quale principale fonte di investimenti diretti esteri che le hanno permesso di essere riconosciuta dall’OCSE, che riunisce i 30 paesi più industrializzati, la “prima destinazione degli investimenti da parte del resto de mondo”.
Questo grande paese, esteso per 9.651.000 km² e con oltre 1.306.313.000 abitanti, vanta una popolazione dinamica ed imprenditoriale, che ha la possibilità di studiare, viaggiare, investire e lavorare all’estero e che è sorretta da una forte e dominante ideologia di dedizione assoluta alla nazione.
La disponibilità alla collaborazione industriale e commerciale, più volte sottolineata dalle autorità cinesi preposte all’intrattenimento delle pubbliche relazioni con i paesi occidentali, unitamente all’incredibile fase di crescita del paese, riescono molto spesso a stimolare, negli imprenditori d’oltreoceano, una sopita ed irrefrenabile voglia di cogliere “l’opportunità”.
Come recita un famoso proverbio, però, “non è tutto oro ciò che luccica”.
Il più delle volte, infatti, gli imprenditori occidentali, abbagliati da storie di successo elaborate a tavolino e da relazioni estremamente positive di turisti improbabili, sono costretti a ridimensionare i propri sogni commerciali.
Nonostante i modi garbati e la caratteristica pacatezza, che tutto il mondo riconosce al popolo cinese, essi sono degli abilissimi negoziatori che, con saggia ed acuta intelligenza, sono in grado di sfiancare il nemico attraverso lunghe attese e una legislazione commerciale molto complessa ed attenta alla tutela delle imprese nazionali.
RISCHIO POLITICO - Il potere politico è centralizzato nelle mani del Partito Comunista Cinese (CCP). La crescente disuguaglianza sociale tra zone urbane e zone rurali, i costi ambientali, il livello di corruzione elevato e i conflitti etnici e religiosi, sentiti in particolar modo nelle regioni del Tibet e dello Xinjiang, rappresentano per il paese una vulnerabilità non indifferente.
RISCHIO ECONOMICO - L’importante intervento statale attuato al fine di fronteggiare la crisi, ha permesso al paese di registrare un tasso di crescita dell’8,7% nel 2009. A seguito di un forte ridimensionamento, anche le esportazioni hanno dato segnali di ripresa, accompagnate però da un aumento più che proporzionale delle importazioni. E’ da segnalare un aumento del deficit di bilancio, passato da -0.4% (2008) al -3% (2009). Piuttosto contenuto il debito con l’estero, pari al 7.4% del PIL nell’anno 2009, in diminuzione rispetto al 9.1% del 2008.


RISCHIO OPERATIVO - Il sistema legale cinese difetta di indipendenza ed appare fortemente burocratizzato. I processi locali si confermano inaffidabili e caratterizzati da lunghi periodi di definizione. Le numerose leggi e gli ancor più numerosi regolamenti rendono estremamente complessa la comprensibilità da parte degli stranieri a cui, fortunatamente, rimane la possibilità di ricorrere all’arbitrato internazionale.
I SETTORI PRODUTTIVI - I settori produttivi tradizionali dell’economia cinese sono rappresentati dall’agricoltura, dal settore manifatturiero e da quello energetico. L’importante diversificazione della struttura economica cinese, sviluppatasi nel corso degli ultimi anni, permette ora di annoverare al suo interno tutti i principali settori produttivi, tra i quali emerge, in particolare, quello dei servizi tra i quali spiccano soprattutto quelli basati su piattaforme online, ecc. Ciò è dimostrato dall’ingente numero di navigatori internet, in continua crescita anche quest’anno.
CONCLUSIONI - La Cina appare sicuramente come un mercato dalle potenzialità elevate, ma i numeri sbalorditivi della crescita economica, l’incremento di consumatori abbienti e le numerose storie di successo vantate da molte aziende presenti nel Paese non devono trarre in inganno. Investire in Cina e’ ancora molto complesso e in alcuni casi l’improvvisazione viene pagata a caro prezzo.
(di Dott. Italo D’Orazio - del 2011-05-31) articolo visto 4712 volte
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