“UNA MARATONA” A NEW YORK
Reportage di una festa mondiale dello sport
La valigia giace sul letto, abiti escono da ogni angolo, ed io continuo a fissarla chiedendomi da quale lato mi conviene salirci sopra per chiuderla, come al solito ho esagerato, interviene mio marito che leggendomi nel pensiero minaccia di lasciarmi a casa se non elimino qualche vestito. Prendo tra le mani le mie fantastiche scarpe nuove da running, comprate per la maratona, e con un gesto stizzito le butto in un angolo, non mi servono possono rimanere a casa.
Il 24 settembre sono caduta dalla mia moto rompendomi tre metatarsi del piede destro, l'avventura della maratona di New York era già completamente prenotata, quel giorno sull'asfalto ho perso appuntamento preparato da un anno, “Un caso su un milione”, ha sentenziato il meccanico parlando del guasto tecnico della mia moto, questo però non mi ha confortato, così come non mi hanno benevolmente colpito i commenti di amici e parenti che sorridevano dispiaciuti ma in cuor loro pensavano che se sei donna su una moto ci devi stare dietro ad un uomo o al massimo in costume da bagno a farti due foto.
Ricaccio indietro le lacrime, devo godermi questa maratona anche senza correrla e ci riuscirò certamente, dovessi zoppicare per 26 miglia incitando come un'invasata i novelli Filippide newyorchesi. La mattina del 6 novembre mi alzo alle sei e vado con gli atleti con l'autobus sul ponte da Verrazzano, ne sono ben 43000, diversa la nazionalità, la lingua e la preparazione, medesima la voglia di divertirsi, 3395 italiani, 41 Abruzzesi, li conosco tutti, sono gli stessi matti con cui nelle garette dalle nostre parti ci si sfida a sangue, per poi concludere l'impresa agonistica con un pranzetto.
Tre le onde di partenza, divise in tre settori, gli atleti, quindi riescono a partire comodamente senza subire l'eccessiva calca, si mescolano con l'andare del tempo, l'ultimo dell'onda precedente correrà fiero accanto al primo di quella successiva, non è la maratona per ottenere tempi strepitosi, è quella da godere, da vivere. La salita del ponte è abbastanza dura, ma i tre km seguenti attraverso le strade di Brooklin sono abbastanza scorrevoli e soprattutto divertenti, grazie alla presenza di adulti e bambini che dalle loro case porgono biscotti e frutta agli atleti.
Dal 3 al 24 km si attraversa il Queens, è un tratto scorrevole e determinante, i top runner è intorno alla mezza maratona, infatti che sferrano gli attacchi più significativi. Al 24 km si arriva al famoso “Queensborough bridge” tutto tace, il pubblico non può entrare, la salita è pesante, ma basta resistere un pò perché l'entrata a Manatthan è degna del boato in uno stadio durante la finale.
Dal 25 al 32 si corre lungo la First Avenue per arrivare nel Bronx, gli ultimi km sono pieni di salite e portano verso Central Park. Questi sono i chilometri del “muro del maratoneta” i principianti se non consigliati, si accorgeranno di aver completamente esaurito lucidità e forza. Molto semplicemente sono finite le scorte di glicogeno nel nostro corpo e solo un'ottima preparazione prima della maratona, con un adeguato scarico\carico di glicogeno, può salvarti dall'oblio.
L'arrivo è spettacolare lungo Central park ci sono migliaia di persone, “Good Job” è l'incitamento che sento di più, milioni di campanellini arancioni, distribuiti dall'organizzazione con cappelli e trombette, che trillano in questa mattinata quasi primaverile nel clima.
Finalmente capisco cosa fa di New York la più bella maratona del mondo, non il percorso, troppo ricco di salite taglia gambe, non lo sfondo, anche se magnifico, ma il calore che solo questa gente riesce a dare. Gli atleti si sentono degli eroi dal primo all'ultimo stanno facendo un ”buon lavoro”, arrivano al traguardo piangendo, per mano al vicino conosciuto da poco, abbracciato al connazionale, stringono amici e parenti come di ritorno da una lunga e vittoriosa guerra.
L'Italia conquista l'oro di Zanardi con l'handybike, proprio a dimostrare che l'essere un eroe non dipende dalla condizione fisica ma da quella mentale, chiudo gli occhi e ascolto le urla della folla e penso che a proposito di statistiche l'anno prossimo “I'M IN”.
(di Alessandra Canestrella - del 2011-11-16)
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