LA FORMA DELLE PAROLE NEL NOSTRO CERVELLO
Uno dei principali dogmi nell’ambito neurolinguistico è quello che postula un’assoluta mancanza di relazioni intrinseche tra i simboli linguistici ed i loro referenti.
Saussure (1959) fu un grande sostenitore di quest’idea di
arbitrarietà della lingua. Attorno a questo tema si è sviluppato un ampio dibattito e recenti ricerche hanno documentato l’esistenza di una naturale influenza tra le proprietà fonologiche delle etichette linguistiche e le caratteristiche dei loro
referenti.
Gli studi condotti e riportati da Kovic et al. (2010) nell’articolo
The shape of the words in the brain forniscono, al contrario, chiare evidenze dell’esistenza di una tale relazione nel nostro cervello.
Nell’articolo vengono riportati due studi i cui
risultati comportamentali e neuropsicologici provano la realtà di un collegamento tra suono e simbolo: il primo studio è un compito di categorizzazione, mentre nel secondo vengono impiegati Potenziali Evento-Relati (ERP, si tratta di variazioni di potenziale correlate ad un evento sperimentale) allo scopo di valutare l’effettiva esistenza, a livello di
attività cerebrale , di questa reciproca influenza.
In passato Brown (1955) aveva già proposto l’idea di un legame tra suono e significato e riteneva che questo legame fosse universale; Shapir (1929) attraverso un semplice paradigma che impiegava parole e parole non-senso aveva mostrato come l’
aspetto fonologico potesse interferire nella scelta di etichette lessicali per oggetti con diverse caratteristiche; Ramachadran e Hubbard (2001) hanno sottolineato come lo sviluppo delle connessioni tra le aree corticali sensoriali e motorie potesse rappresentare la base anatomo-funzionale di una simile relazione e lo studio di Kovic e colleghi si pone in continuità con queste ricerche.
Nel primo studio sono stati impiegati 37 soggetti destrimani, sottoposti ad un compito di categorizzazione di stimoli schematici che evocano figure animali con differenti caratteristiche fisiche: dalla testa rotonda/appuntita, con tre o quattro gambe... I partecipanti dovevano premere un pulsante associato alle categorie
mot e riff: i risultati mostrano che nella condizione di
coerenza tra caratteristiche dei suoni delle etichette lessicali e caratteristiche percettive degli stimoli (ad esempio, quando veniva presentata una figura rotondeggiante associata all’etichetta “mot”), i soggetti sperimentali erano più veloci e accurati nelle risposte rispetto alla condizione di discordanza tra suoni e simboli.
Successivamente, è stato condotto uno studio ERP per verificare l’esistenza di un simile principio a livello di
attività cerebrale. La correlazione suono-simbolo è un particolare caso di integrazione sensoriale multi-modale e tale integrazione elicita una forte componente negativa. In questa fase dell’esperimento, sono stati utilizzati gli stessi stimoli del primo, mentre l’attività cerebrale veniva monitorata da elettrodi posti sullo scalpo.
I risultati hanno mostrato differenze significative nell’attività evento-relata tra le situazioni “congruenti” e “incongruenti”. Nell’intervallo tra i 140-180 ms dalla presentazione visiva dello stimolo, si poteva registrare una forte componente negativa nelle condizioni di congruenza rispetto alle altre: questa componente negativa sembra essere collegata ad un processo di
integrazione sensoriale multi-modale (N400), che non ha luogo nelle altre condizioni. Lo studio di Maurer et al. (2006) documenta come tali risultati possano essere ottenuti anche con bambini che non hanno ancora sviluppato un linguaggio e ciò suggerisce che questa relazione tra suoni e oggetti non possa essere mediata dall’ortografia.
In conclusione, sembra che lo sviluppo delle
connessioni tra strutture corticali sensoriali e tra queste e i centri motori possano spiegare questa relazione tra suoni e simboli e che pertanto esso rifletta un’attività generale del cervello che integra le caratteristiche multimodali degli stimoli in modo tale che le proprietà fonologiche (uditive) possano facilitare il riconoscimento di specifiche
caratteristiche visive degli stimoli.
In sintesi, al contrario di quanto sostenuto fino ad oggi, sembra che il nostro cervello associ i suoni alle caratteristiche visive degli stimoli facilitandone il recupero delle
informazioni.
Fonte: Kovic, V., Westermann, G., Plunkett, K. (2010). The shape of words in the brain. Cognition, 114, 19-28. (di Dott. ssa Daniela Di Feliciantonio - IGEA Centro Promozione Salute - del 2012-04-11)
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