La Pop Art ha rappresentato un’importante apertura del mondo dell’arte a quelli che erano i simboli della quotidianità dell’epoca, la metà degli anni Cinquanta del secolo scorso; protagonisti delle opere del capostipite Andy Warhol erano infatti i miti del cinema, gli oggetti di uso comune, i leader politici. Nei dipinti dell’artista protagonista di oggi i miti sono cambiati perché sono già trascorsi settant’anni da quella rivoluzione artistica, si sono attualizzati ai tempi moderni strizzando l’occhio anche ad altre icone forse un po’ trascurate nel recente passato artistico.
Il movimento della Pop Art è ancora vivo, anche se in divenire sia per quanto riguarda il mezzo espressivo, dunque non più legato all’idea iniziale per cui nacque, quella cioè di rendere l’arte accessibile a collezionisti meno facoltosi attraverso l’uso di serigrafie e litografie, bensì ritornando al concetto di opera unica realizzata in olio o acrilico su tela. Dall’idea di Andy Warhol – le cui Marylin e Liz sono celeberrime – si erano aperte una serie di interpretazioni che in ogni caso rientravano nel movimento da lui fondato, a partire dai fumetti di Roy Lichtensein e di Steve Kaufman, passando per il decollage di Mimmo Rotella per finire al mondo della pubblicità e della televisione di James Rosenquist. Con gli artisti della nuova generazione la Pop Art ha saputo riattualizzarsi e assumere differenti aspetti nei quali a volte ha mantenuto i colori fluo caratteristici di una visione in technicolor della realtà, in altri casi si è fusa a differenti movimenti pittorici, come per esempio il Realismo o l’Astrattismo, generando voci nuove e inedite che conquistano e affascinano. Il percorso del piemontese Mauro Ravera inizia da autodidatta, seguendo quel filo sottile che lo ha sempre legato indissolubilmente alla gioia di disegnare e dipingere, senza influenze accademiche, senza regole, solo con la libertà assoluta di sperimentare strade artistiche e dirigersi verso quella che sente più affine a ogni particolare momento del suo percorso.
Inizialmente legato al Neorealismo, lentamente si sposta verso il Metafisico, grazie al quale esplora e si interroga su concetti filosofici ed esistenziali, come nell’opera L’origine in cui cerca di dare un senso, o meglio una risposta alternativa, all’eterna domanda sulla primordiale generazione dell’essere umano; o nel dipinto Prigionieri del tempo, in cui l’uomo, convinto di poter dominare e governare tutto, è posto all’interno della clessidra, come se Ravera volesse sottolineare l’evidenza che è invece il tempo a governare e dominare tutto, e intrappola l’uomo all’interno di un confine al quale si può solo arrendere scegliendo di vivere con pienezza ogni attimo.
Il passaggio verso il NeoPop è lieve, prima modifica la gamma cromatica per spostarsi verso tonalità piene, irreali, che permettono all’osservatore di guardare la realtà come se avesse davanti un filtro colorato, come nelle opere Il non visibile e Simona e Akim, nelle quali il concetto e i soggetti diventano co-protagonisti delle tonalità intense e vibranti, capaci di trasportare l’osservatore all’interno di un mondo parallelo dove tutto può essere differente. Poi si sposta in modo via via più incisivo verso una maggiore solarità e sottile ironia con la quale rappresenta apparentemente in modo irriverente, seppure legandoli alla grandezza del loro spessore culturale, dei mostri sacri della scienza del passato, Albert Einstein, l’immagine in copertina articolo, e A. Meucci.
Di entrambi descrive i simboli della loro ricerca scientifica ma al contempo sceglie di raccontarli nel loro contesto domestico, quotidiano – ed è anche in questo che si colloca nel NeoPop – rappresentando addirittura un’immagine pubblicitaria, quella del ragù Star, azienda con cui l’inventore del telefono collaborò per creare dei sughi. Poi si dedica ai miti cinematografici, i nuovi miti, quelli che non erano stati immortalati nella Pop Art semplicemente perché ancora non esistevano; nuove dive diverse da quelle delle copertine patinate degli anni Cinquanta del secolo scorso, meno fatali, più concrete e con i piedi per terra e tuttavia incredibilmente star, talmente in alto da essere entrate di diritto nell’olimpo hollywooodiano quasi fin dai loro esordi.
Mauro Ravera sceglie Julia Roberts, Angiolina Jolie, Monica Bellucci, nelle loro pose più naturali, in momenti di relax anziché immortalarle nelle loro immagini più istituzionali, pubbliche, proprio perché la società contemporanea è cambiata e il pubblico, quel Popolo a cui la Pop Art si rivolge, desidera modelli più raggiungibili, più vicini alla loro quotidianità, per credere che tutto possa essere possibile, per chiunque. Un artista singolare Ravera, ironico, che fa l’occhiolino al cinema ma non dimentica anche le basi scientifiche che permettono all’uomo contemporaneo, di vivere con le comodità e i comfort che prima non c’erano.
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