Oristano, appalti truccati e tangenti: 17 arresti e un centinaio di indagati

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guardia di finanza Messina sequestro beniORISTANO – I Militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Oristano e della Compagnia Carabinieri di Tonara, coordinati dalla Procura della Repubblica di Oristano,
nella prosecuzione del filone di indagini cosiddetto “Sindacopoli” che in data 28.04.2015 aveva portato all’arresto di 21 persone e 3 obblighi di dimora a carico di numerosi amministratori locali e professionisti, in data odierna hanno dato corso ad una vasta operazione, sia sul territorio isolano che in territorio nazionale, tesa ad eseguire ulteriori provvedimenti personali restrittivi a carico di altrettanti esponenti di primo piano della politica regionale, funzionari ANAS, imprenditori e professionisti emessi dal Tribunale di Oristano.

In particolare, sono state applicate misure restrittive personali nei confronti di 17 soggetti di cui 3 in custodia cautelare in carcere, 13 agli arresti domiciliari ed uno con obbligo di dimora. Oltre alle predette misure personali restrittive l’intera operazione ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 95 persone.

Le indagini si sono concentrate in particolare su alcuni soggetti politici e funzionari di enti pubblici che intrattenendo rapporti palesemente illeciti con imprenditori e professionisti avevano ideato ed attuato un consolidato sistema di controllo illecito degli appalti, anche corrompendo pubblici funzionari. Il sistema si basava su un principio semplicissimo ossia “chi porta i finanziamenti per l’appalto lo gestisce poi a suo piacimento ed in favore dei suoi sodali”.

Per rendere possibile ciò era quindi necessario il coinvolgimento di soggetti che operavano a più livelli; il primo livello era quello dei politici regionali che con le loro decisioni contribuiscono ad orientare la spesa regionale; a livello intermedio si collocava la figura di un “faccendiere” in grado di preservare l’anonimato dei politici corrotti e di organizzare le turbative d’asta attraverso le quali i finanziamenti venivano sì riversati sul “territorio ma ad imprese e professionisti compiacenti. L’ultimo livello era rappresentato da funzionari e amministratori delle stazioni appaltanti che eseguendo le direttive dell’intermediario nella gestione dei finanziamenti ottenevano, tra l’altro, consenso popolare per il loro “impegno nei confronti della comunità”.

In questo modo l’effettiva gestione degli appalti pubblici era rimessa interamente alle scelte dell’intermediario/faccendiere, che, grazie alla corruzione dei pubblici ufficiali, è stato cosi in grado di controllare e indirizzare una buona parte del ciclo economico legato agli appalti pubblici della Regione Sardegna.

Questo sistema ha permesso al sodalizio investigato di pilotare gli appalti pubblici dei lotti 3 e 8 della Sassari-Olbia, aggiudicati rispettivamente per un importo di euro 70.775.409 ed euro 57.366.243, turbare le aste per l’assegnazione dei servizi tecnici di progettazione di due porticcioli turistici nell’area ogliastrina (Tertenia e Tortolì, quantificabili rispettivamente in circa 16 milioni di euro e 11 milioni di euro), nonché assegnare numerosissimi appalti minori per incarichi di progettazione di opere pubbliche e/o consulenze di varia natura.

Per poter attuare questo sistema in relazione ai grandi appalti si è rivelato indispensabile l’intervento del politico o del funzionario pubblico compiacente il quale, di volta in volta, si è attivamente adoperato nel far nominare quei commissari di gara malleabili nel giudicare e quindi assegnare, ad imprese o soggetti amici selezionati dal professionista a capo del sodalizio criminoso, lavori per milioni di euro.

L’attività investigativa, eseguita mediante indagini tecniche, servizi di osservazioni, perquisizioni, ispezioni documentali eseguite sia su apparati informatici che cartacei, accertamenti di natura economica svolti attraverso riscontri bancari, ha permesso di individuare il sistema di pagamento delle tangenti, avvenuto sia in territorio nazionale che all’estero, attraverso modalità formalmente lecite. Infatti, si è appurato che il predetto faccendiere/intermediario nuorese retribuiva politici e funzionari mediante tangenti mascherate da consulenze, incarichi professionali anche per interposta persona, contributi elettorali ottenendo in cambio la gestione in prima persona di una cospicua fetta di
finanziamenti pubblici erogati sia dalla Regione Autonoma della Sardegna che dallo Stato.

Le indagini hanno poi dimostrato che le provviste di denaro utili a distribuire tangenti a politici e a funzionari corrotti, originavano dall’emissione di fatture false emesse dal faccendiere nei confronti delle imprese aggiudicatarie degli appalti, o a imprese collegate, con motivazioni varie come lavori e/o consulenze in territorio nazionale ed estero.

Gli associati si sono dimostrati attenti pianificatori delle strategie illecite, operando dietro lo schermo di soggetti economici leciti, in modo tale che da un esame strettamente formale fosse difficile riuscire distinguere le operazioni lecite da quelle illecite, essendo entrambe caratterizzate dalla presenza di tutta la documentazione contabile giustificativa (contratti, fatture, note di credito e quant’altro). In assenza di partita Iva, gli illeciti pagamenti erano effettuati mediante o denaro contante o assegnazione di fittizi incarichi o consulenze a prestanome dei medesimi (Familiari o congiunti). Grazie a tali escamotage, gli associati, nel momento in cui ricevevano una somma di denaro “illecita”, emettevano direttamente o per interposta persona un documento fiscale formalmente corretto, ma in tutto o in parte relativo ad operazioni fittizie, cosi da poter mascherare quegli introiti di denaro tra le movimentazioni finanziarie societarie. Lo stesso meccanismo veniva poi utilizzato a rovescio nel momento in cui le somme introitate dovevano essere utilizzate per retribuire i comportamenti corruttivi.

La bontà della ricostruzione operata autonomamente dagli investigatori è stata confermata dalla confessione resa dai rappresentanti legali delle imprese aggiudicatarie di appalti inerenti i lavori del tracciato Sassari-Olbia, i quali, in presenza dei loro difensori, hanno raccontato di avere pagato la somma di euro 300.000 cadauno come prezzo per assicurarsi l’aggiudicazione dell’appalto.

Le confessioni sono riscontrate dalle perquisizioni ed ispezioni di apparati informatici, avendo rinvenuto documentazione che dimostra le illecite dazioni a favore di politici, funzionari e prestanome degli stessi, quali moglie, sorella e/o fidanzata. In particolare si evidenzia che per un lotto della Sassari – Olbia è stato rinvenuto un elenco dei destinatari delle somme ricavate dalle tangenti pagate dagli appaltatori romani, nel quale figurano quali destinatari la sorella e la fidanzata di due politici regionali. Questa interposizione fittizia avrebbe permesso agli associati di dissimulare le tangenti sotto incarichi professionali apparentemente leciti, permettendo nel contempo ai politici coinvolti di ricevere una retribuzione illecita di 150.000 euro ciascuno.

Appare utile evidenziare che era prevista anche una ulteriore tangente per i politici/funzionari pubblici corrotti da 800.000 euro, mascherata con un contratto fittizio per prestazioni professionali di vario genere da rendere nell’abito dell’appalto stesso; contratto utile a conferire apparenza lecita alle successive dazioni a beneficio dei prestanome e dei destinatari effetti delle somme.