Outplacement, ricollocare i lavoratori che hanno perso il posto

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notebookOutplacement, è il termine anglosassone con cui si descrive l’attività, nell’ambito delle risorse umane, dedicata a trovare una nuova collocazione alle persone che hanno subito un processo di ristrutturazione aziendale. In sostanza, si tratta di ricollocare i lavoratori che hanno perso il posto.
Il termine è entrato a far parte anche della legislazione giuslavoristica del nostro paese: all’interno della conciliazione obbligatoria prevista in caso di licenziamenti, è stabilito che venga offerto un servizio di outplacement destinato ai lavoratori in uscita.

La novità è stata introdotta con la riforma del lavoro del governo Monti, all’interno delle nuove norme sulla flessibilità in uscita. Nel caso di licenziamento per “giustificato motivo oggettivo” (una ristrutturazione per crisi, ad esempio) la procedura introdotta prevede che si possa avviare un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e dipendente: se si arriva alla risoluzione consensuale del rapporto, il lavoratore potrà disporre, tra le altre garanzie, anche di un buono da utilizzare presso un’agenzia per il lavoro.

Si tratta di una riforma quanto mai necessaria, soprattutto per favorire una ricollocazione delle fasce di lavoratori più a rischio che – a detta degli esperti – si è ormai abbassata agli over 45, soprattutto per i lavoratori meno qualificati.

Secondo i dati più recenti, i Centri per l’impiego riescono infatti a ricollocare solo 3 lavoratori su 100 e quasi tutti appartenenti alle categorie protette. Da qui, il ricorso alle agenzie specializzate. Le quali supportano il lavoratore in quattro fasi: il cosiddetto “assesment” (che corrisponde alla definizione del quadro delle esperienze e delle competenze), il supporto per le migliori strategie per il ricollocamento (dalla stesura del curriculum al modo per affrontare al meglio un colloquio di lavoro), la ricerca attiva sul mercato e il reinserimento.

Fino ad oggi, secondo gli ultimi dati Isfol, nonostante le varie riforme che hanno introdotto l’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro (dal pacchetto Treu del 1997 alla Biagi del 2003), le agenzie interinali (assieme alle società di selezione e ricerca del personale, università, sindacati e organizzazioni datoriali) non coprono più del 7% dei reinserimento, e del 14% tra i giovani sotto i 30 anni.

Secondo i dati raccolti dalla società specializzata in outplacement Intoo, un dirigente impiega 6,3 mesi per ricollocarsi, anche se nel 64% dei casi deve accontentarsi di una mansione inferiore. Per un quadro passano 5,8 mesi mentre sono 5,3 mesi per gli impiegati. Dirigenti e quadri si ricollocano più facilmente nella fascia d’età 40-50 anni, gli impiegati se under 40